Le mie letture – Di che cosa parliamo quando parliamo d’amore

Creato il 26 settembre 2011 da Marcofre

Quel braccio che faceva su e giù nell’acqua sembrava dire addio ai bei tempi e salutare l’arrivo dei tempi duri.

Come affrontare questo libro di 150 pagine (circa), di Raymond Carver, quando esiste “Principianti“ (ovviamente sempre di Carver?). Per chi non lo sapesse. “Principianti” contiene i racconti di “Di che cosa parliamo quando parliamo d’amore”. Ma quel libro li offre come erano stati scritti da Carver; questo era passato sotto l’editing di Gordon Lish. E che editing.

Lish (apprezzato dallo scrittore Don DeLillo), non solo aveva modificato il titolo di ciascuna delle storie, ma le aveva… stravolte? Per questo resta difficile riuscire a scrivere qualcosa di modestamente intelligente.
Ci proverò, anche se non sarà facile.

Il libro quando uscì consacrò Carver come maestro delle storie brevi. Ma in alcuni casi sono talmente brevi che si resta perplessi. Certo, forse bisognerebbe leggere “Principianti” dopo la lettura di “Di che cosa parliamo…”, e non prima, come nel mio caso.
Il racconto “Una cosa piccola ma buona” per esempio, qui diventa “Il bagno”. E termina bruscamente con un breve dialogo al telefono.

Poi entrerà a far parte anche di “Cattedrale” (un’altra raccolta di racconti, da avere a parer mio). Ma già in “Principianti” dimostra di essere una storia con una bellezza e una profondità convincenti. Leggendolo come era uscito dalla penna di Carver, si capisce perché lo scrittore abbia voluto la pubblicazione integrale di questo, e quei racconti.

La diatriba tra chi afferma che Carver non esistesse, e fosse frutto del suo editor, diventa ridicola. Lish sapeva certamente fare il suo lavoro. Altri racconti come “La calma” oppure “Un discorso serio”, sono la prova della sua capacità di portare a galla l’essenza di una storia. E se Carver fosse stato solo un mestierante, dubito che avrebbe perso tempo con lui.

Mi sono chiesto come uscire da questo vicolo cieco. I racconti sono di Carver (e di chi altrimenti?), però il suo ingombrante editor lo si può davvero lasciare fuori dalla porta? Soprattutto se lo stesso Carver dimostrerà di non essere soddisfatto del suo modo di lavorare.

Lish ha eliminato la complessità delle storie di Carver, consegnando al lettore dei personaggi attoniti, sia di fronte a se stessi che alla vita. Quasi senza parole, incapaci di una qualunque reazione.

Mentre terminavo di scrivere queste riflessioni, una parola mi ha colpito come una frustata: compassione. E ho compreso (forse), la ragione che ha spinto Carver a pubblicare integralmente quei racconti. Lish aveva spento ogni forma di compassione. Questo processo verrà chiamato minimalismo, e sarà un’etichetta che lo scrittore statunitense subirà, senza mai accettarla.

Se dovessi individuare il punto debole di “Di che cosa parliamo quando parliamo d’amore”, lo indicherei nella scarsa compassione che vi si riscontra. Sia chiaro: sono ottimi racconti. Anche se non sembra, io sto consigliando di acquistare questo libro. Però dopo averli letti, acquistate uno dei due: “Principianti” o “Cattedrale”. O entrambi.

Minimum Fax. Traduzione di Riccardo Duranti.


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