La polpa di questo primo volume segue la falsariga del proprio incipit, ossia la coniugazione di uno studio sul contemporaneo punteggiato da elementi dell’assurdo che danno slancio, fantastifichizzano, trasformando il tutto in una scatola cinese di storie nelle storie dentro ad altre storie dando vita ad un procedimento ludico potenzialmente infinito. La prima novella di Shahrazād è una geniale metafora della situazione politica portoghese con un taglio che davvero ciondola nelle zone cinematografiche più diverse (anche quelle di Lanthimos forse) e che squaderna un’ironia e un tasso di irrazionalità indomabili, riuscendo però sempre ad avere un piede ancorato nell’oggi e allora ecco che il politico tedesco (protagonista di un flashback che ci riporta a Redemption, 2013) è l’unico a preoccuparsi dell’inaspettata virilità acquisita a dispetto dei colleghi lusitani pronti a sfruttare subito la rinnovata gagliardia. Non poteva esserci una trattazione del debito pubblico portoghese più originale e più cogente di questa. La politica fa capolino anche nel secondo racconto dove un gallo della discordia è al centro di un intrigo legato a delle elezioni comunali, anche qui si opera nella traslazione: è possibile vedere nelle sorti del gallo canterino un condannato a morte la cui legittimità dell’esecuzione è discussa dal popolo, tuttavia la risoluzione che Gomes fornisce della faccenda è un’ascesa dolce, un salto bellissimo, inaspettato e rincuorante: il gallo, intercedendo tramite un giudice che comprende la sua lingua, ci racconta una storia (un’altra) che sembra la riproposizione in scala ridotta dell’afflato sentimentale di Tabu (2012), un triangolo amoroso interpretato da tre bambini che comunicano con il linguaggio degli sms. Come detto, il ventaglio dei registri è oltremodo ampio e Inquieto emana il profumo di una piacevole sensazione: non si sa mai a cosa andremo incontro. Infatti l’ultimo capitolo, il più “realistico” se così possiamo dire (di spazio per “altro” ce n’è poco: una balena esplode e una sirena si spiaggia rantolando), stinge leggermente l’apparato fantasioso mettendoci nei panni di un sindacalista a tu per tu con la Crisi Economica: tre testimonianze di tre persone (quindi sì, ancora una volta dei racconti dentro al racconto) che potrebbero essere italiane, francesi o spagnole alle prese con i problemi che ben conosciamo, Gomes si fa sardonico: il vecchio sindacalista, tormentato dall’incapacità di risolvere i problemi della gente, affanna nel sottolineare l’importanza di presentarsi la mattina dell’1 gennaio 2014 per compiere il rituale del bagno d’inverno. La mdp di Gomes posizionandosi sulla battigia riprende per davvero la massa di uomini e donne che si lanciano nelle fredde acque oceaniche, ma l’autore espropria il sonoro dalle immagini lasciando un freddo tappeto sibilante, un vento che sferza ovattato, una sensazione di inquietudine.
Il primo tassello dell’opera una e trina di Miguel Gomes si rivela dunque un magnifico gomitolo di storie che con disinvoltura sa parlare direttamente al suo spettatore di contemporaneità senza negarci la possibilità di fertilizzare la nostra immaginazione con finestre oniriche. È grande cinema. Prossima tappa: O Desolado.