Una notizia da brividi si sta diffondendo in questi giorni a proposito di due mummie risalenti a 3.000 anni fa e rinvenute in una torbiera in Scozia. Da analisi del dna che, circa un anno fa, un gruppo di ricercatori dell’Università di Manchester ha compiuto sugli scheletri, è emersa la macabra realtà che i corpi siano composti dai resti di sei diverse persone.
Le mummie sono state scoperte presso l’insediamento preistorico, risalente all’XI secolo a.c, di Cladh Hallan, situato sull’isola di South Uist, al largo delle coste scozzesi. I corpi furono sepolti in posizione fetale dai 300 ai 600 anni dopo la morte. Le condizioni e la struttura degli scheletri hanno suggerito ai ricercatori che i corpi fossero stati posti in una torbiera, zona simile ad un acquitrino, il tempo necessario affinché si conservassero e poi, centinaia di anni dopo, nuovamente sepolti nel sito dove sono stati ritrovati.
Cosa che ha del macabro e soprattutto dell’incredibile. Terry Brown, professore di archeologia biomedica alla University of Manchester, sostiene di avere avuto già da parecchio tempo il sospetto che i corpi fossero più di quanti apparivano. Sullo scheletro femminile, per esempio, la mandibola non corrispondeva al resto del cranio.
I risultati del test hanno dimostrato che le ossa appartengono a persone diverse, nessuno dei quali aveva in comune la stessa madre. La femmina è composta da parti del corpo che risalgono più o meno allo stesso periodo. La datazione isotopica dimostra invece che la mummia maschile è composta addirittura da persone morte a centinaia di anni di distanza. Lo scopo di questo “esperimento alla Frankenstein”, sembra però destinato a rimanere un segreto.
Secondo Brown, potrebbe essere che le ossa “nuove” siano state utilizzate per sostituire alcune parti mancanti o deteriorate dei cadaveri originali. A questo proposito, egli cita le mummie Chinchorro scoperte sulle Ande cilene, in cui gli imbalsamatori rinforzavano i corpi con bastoncini, erbe, peli di animali, perfino pelle di foca.
“È come se non fosse importante la persona, ma l’immagine che deve trasmettere. Quindi non è una singola identità, ma la rappresentazione di qualcos’altro”. Il suo collega, Parkr Pearson, si spinge oltre. Egli ipotizza che l’unione di più antenati in un unico corpo fosse un modo per rappresentare il legame tra due o più famiglie.
Una torbiera è un ambiente molto acido con scarsa presenza di ossigeno, il che inibisce i batteri che degradano la materia organica. L’acidità, d’altro canto, attacca materiali a base di calcio, quindi queste mummie hanno pelle e tessuti molli conservati meglio rispetto alle ossa stesse.
Chi seppellì questi corpi li rimosse dalla torbiera dopo che vi avevano trascorso il tempo necessario per conservarsi, ma prima che l’acidità attaccasse le ossa. Quando, in seguito, le mummie vennero sepolte nella terra, i tessuti molli ricominciarono a decomporsi. Secondo Brown, potrebbero esserci altri corpi “composti” ancora da scoprire.
Ed è probabile che essi risalgano allo stesso periodo. “Bisogna indagare fra i resti risalenti a un’epoca che affonda nelle nebbie del tempo, in cui i rituali erano particolarmente bizzarri”, conclude Brown. Che dire? Di fronte a tali notizie si rimane basiti. Qualunque sia la spiegazione di tale scempio, rimane soltanto una dura realtà. Nemmeno l’uomo preistorico ha avuto rispetto per i propri morti.
Written by Cristina Biolcati