Questo post nasce da un'idea di +Anna Massè , che dal suo #scifiblog ci chiede di parlare, con un'immagine e/o una citazione, di cosa significa per noi la fantascienza. Ebbene, eccoci qui. Cominciamo con l'immagine, che è un quadro ad olio di un pittore italiano:
Credits: Luca Papaluca, Veliero in navigazione - olio su tela, cm. 50x70
La citazione:" Non un alito di vento, non un'increspatura sulla superficie del mare, non una nube nel cielo. Le splendide costellazioni dell'emisfero australe si disegnano con incomparabile purezza. Le vele del Bounty pendono dagli alberi, la nave è immobile, e la luce della luna, impallidendo davanti all'aurora che si sta alzando, illumina lo spazio d'un bagliore indefinibile." J. Verne, Gli ammutinati del BountyIl perchéOgni bambino è stato in piedi, a luci spente, contro una finestra buia. In silenzio, sbirciando il viso nero della notte, consapevole di avere alle spalle le luci soffuse della casa, il sicuro chiacchiericcio dei grandi, e davanti a sé un vetro robusto che non si può superare. Non so pensare ad un'altra cosa, che evochi di più quel senso di smarrimento e attrazione verso l'immensa vastità del buio sconfinato, inaccettabile e terrificante, a meno che non ci si trovi irrimediabilmente al sicuro.
Se crescendo siamo capaci di custodirlo, questo sentimento di eccitazione e paura insieme sboccerà nella passione per il desiderio di avventura; e allora sì che ameremo, dovunque le troveremo, le navi. Un guscio sicuro, un piccolo mondo nostro da cui sbirciare l'esterno, e attraverso un fragile schermo esplorare l'immenso senza esserne risucchiati; visitare isole, porti e pianeti senza mai farne veramente parte, sapendo che, anche quando sbarchiamo per esplorare una foresta o un mondo alieno, c'è sempre una nave a cui tornare.
Magari saremo in fuga, inseguiti da nemici e da terrori senza nome, ma lei sarà lì, le vele al vento, i motori tesi, pronti al balzo, per portarci lontano, dove saremo di nuovo irraggiungibili e protetti; in grado di chiudere gli occhi su un cuscino sapendo che fra noi e l'immensità c'è ancora quel vetro robusto, quelle luci soffuse, quel chiacchiericcio sicuro e familiare.
Così le navi sono il mio simbolo della fantascienza; che siano il guscio traballante di un tronco scavato, dove intrepidi vichinghi sfidano le onde e i terrori del grande oceano, o il sommergibile di un misterioso principe dei mari, o ancora la scia luminosa dell'Enterprise che solca il volto sconfinato dello spazio profondo, ciascuno giungerà dove nessuno è mai stato prima, per rendere vero il sogno dei propri padri.