Anche quest’anno — come già fatto nel 2014, nel 2013 e nel 2012 — Human Highway, società di ricerche online che collabora con DataMediaHub/Communication Factor[Y], pubblica un estratto dei risultati di un anno di misurazione elencando le 202 notizie più diffuse sui social network [Facebook, Twitter, LinkedIn e Google Plus]
Nel 2015 si registra una media di 1.05 milioni di condivisioni di articoli di attualità sui social ogni giorno. Il dato è in crescita dell’88% rispetto all’anno scorso ed è stato ottenuto analizzando oltre un milione di articoli pubblicati nel 2015 da 100 tra i siti d’informazione più popolari del Web italiano.
Come ha rivelato Newsruption, il 13% degli utenti Internet apprende una notizia dai social network, a fronte del 13.4% che afferma di averla appresa leggendo le testate online. Oltre il 95% delle condivisioni è prodotta su Facebook, quindi su Twitter e in misura assolutamente marginale su Google+ e LinkedIn.
Analizzando i contenuti più condivisi si nota una netta predominanza di notizie leggere. L’articolo più redistribuito sui social, con oltre 500mila condivisioni, “Il Papa: i genitori non rimproverino gli insegnanti ma i figli”, è di meno di 600 battute. Al secondo posto si piazza “Dieci motivi per cui tua sorella più piccola è la cosa più bella che hai”, mentre al terzo ritorna Corriere.it con “Preoccupati, ansiosi e apprensivi? Siete i più intelligenti”, seguito da “Ballate senza vergogna e sognate la vostra vita perché l’estate mette subbuglio. I compiti per le vacanze di un prof di liceo” e da “L’amore non è mai stato così profondo”.
Per trovare qualcosa di giornalisticamente rilevante bisogna arrivare sino alla 14esima posizione con “Non in mio nome” su attentato di inizio anno a Charlie Hebdo ma si tratta di una delle poche eccezioni con articoli della categorie Storie, Curiosità e Tempo libero a dominare assolutamente con, a titolo di curiosità, l’articolo “Non pubblicate su Facebook le foto dei vostri figli: un magistrato svela i rischi” appena fuori dalla top ten con 164mila condivisioni mentre Mark Zuckerberg se ne fa un baffo della questione.
Certo sappiamo bene che spesso condiviso NON equivale a letto, ed infatti i dati del rapporto AGCOM su “Informazione e Internet in Italia. Modelli di business, consumi, professioni” evidenziano come nell’area dell’intrattenimento, quella della terza colonna dei “boxini morbosi” di moltissime testate, via sia un eccesso di offerta [ce ne eravamo accorti anche “a naso”] rispetto all’effettiva domanda, all’effettivo interesse per questa tipologia, come conferma anche il sondaggio promosso da Ispi e Rainews24 e realizzato da Ipsos per misurare l’attenzione, l’interesse e il coinvolgimento per le notizie di politica e cronaca internazionale degli italiani, ma resta comunque un fenomeno interessante.
Se le condivisioni, spesso guidate da motivazioni di diverso tipo, creano sicuramente brand awareness l’immagine di marca dei newsbrand ne esce davvero appannata. Per un pugno di click, e di euro, si propongono contenuti ad elevato contenuto emotivo che contribuiscono a svilire la già offuscata immagine dei media del nostro Paese perpetuando il circolo vizioso al ribasso.
È l’era del disincanto digitale. come suggerisce l’Osservatorio Demos-Coop su “Gli italiani e l’informazione” giunto alla nona edizione. Per la prima volta infatti Internet viene guardato con prudenza dagli stessi utenti abituali della Rete. Certo: resta ancora lo spazio dove l’informazione appare più libera e indipendente [36%]. Ma questa convinzione appare in calo significativo: 4 punti percentuali in meno solo nell’ultimo anno. Anche la fiducia nella rete sta diminuendo. Oggi è espressa dal 37% degli italiani: 3 punti meno di un anno fa, oltre 10 rispetto al 2013.
Abbiamo ancora tanto, ma davvero tanto lavoro da fare. Certo la tecnologia, e la necessaria acquisizione delle relative competenze, ci sarà di aiuto, di supporto, ma senza un’adeguata cultura d’impresa all’interno delle redazioni la strada è davvero tutta in salita.