Titolo: Le notti di Salem
Titolo originale: Salem’s Lot
Autore: Stephen King
Traduttore: T. Dobner
Editore: Sperling & Kupfer
Pagine: 650
data di uscita: 31 maggio 2011
Prezzo: 12, 90
Prologo
Quando avevo più o meno sei anni, la mia vicina di casa e io guardammo un film sui vampiri. Era una vecchia pellicola in bianco e nero (scoprirò solo molto più tardi che si trattava di Dracula con Bela Lugosi¹) e io ne rimasi affascinata. Che eleganza, che potere in quegli occhi, che belle mani affusolate, Conte! Non volevo più fare l’astronauta, dissi a mia madre, molto meglio un lungo mantello da vampira. Ovviamente mi fu vietato di guardare di nuovo film del genere. Ma ormai la suggestione artistica aveva lanciato il suo incantesimo. Dopo qualche tempo, difatti, chiesi ai miei genitori dei libri sui vampiri. La risposta fu «NO!», qualcuno, probabilmente mia madre, aggiunse anche «che schifo».
Avrei dovuto aspettare altri sei anni per leggere di nascosto, trafugandolo dalla bibilioteca della scuola, Dracula di Bram Stocker. Ma da allora le storie di vampiri mi hanno sempre affascinato, da allora tutto ciò che è gotico è diventato insuperabilemente bello ai miei occhi. Guardare e leggere del Conte Dracula (e degli uomini che tentano di contrastarlo), seppur spaventoso, era divertente, e valeva qualche incubo notturno. Col passare degli anni, ho attinto pian piano alla libreria dei miei – per mia fortuna era ben fornita di libri proibiti da L’amante di Lady Chatterly di D.H. Lawrence a Jackie Collins – rubando gli autori ingiustamente negati alla mia infanzia: Edgar Allan Poe, Lovecraft, Hawthorne, che leggevo durante
Ma veniamo a oggi.
Nella prefazione a Le notti di Salem, secondo romanzo dell’autore uscito nel 1975, Stephen King ci confida di aver voluto riprendere proprio Dracula di Bram Stocker – che lesse di nascosto a dieci anni – partendo da una semplice supposizione (come ci ha insegnato a fare in On writing): E se i vampiri arrivassero nel Maine?
Così, nel romanzo troviamo personaggi che ricordano & omaggiano il povero Harker, la Lucy e Mina, il coraggioso Van Helsing e poi lui, il Conte che in Salem’s Lot è Barlow, un misterioso antiquario. Tutto questo per raccontare il Male, che a volte è inspiegabile, sovrannaturale, ma molto più spesso è semplicemente il vicino di casa che picchia la moglie, l’adulto che abusa di un ragazzino, la mamma che colpisce il neonato sulla testa per farlo stare zitto. King ribadisce, creando uno scenario lugubre di una città che sta per cedere al Signore delle Tenebre, che nel mondo moderno il male ha raggiunto livelli di orrore abissale e crea un personaggio straordianario per spiegarcelo: Padre Callahan, un prete che ha visto tutto e combatte i dubbi della fede mettendo a tacere i suoi demoni interiori con litri di alcol. Perché la Chiesa, ormai – ci avverte Callahan – deve combattere un nuovo diavolo, ancora più temibile: dopo le teorie di Freud, è consapevole che questo si nasconde nella mente umana. Ed è il Male più inquietante.
«Facendo il suo ingresso nel ventesimo secolo la Chiesa Cattolica ha cominciato a rivolgere la sua attenzione a un concetto nuovo, quello di male scritto con la emme minuscola. Il diavolo non è un mostro con le corna rosse, la coda a cuspide e zampe caprine, non è un serprente che striscia nel giardino… Il diavolo descritto nel vangelo secondo Freud sarebbe un gigantesco Es composito, l’inconscio di tutti noi».
Padre Callahan è un uomo di Dio, dunque, consapevole che sconfiggere il diavolo di Freud è impossibile perché è spietato e impersonale.
Le notti di Salem
Ben Mears è uno scrittore. Decide di tornare a Salem’s Lot, la città di provincia nel cuore del New England dove ha vissuto da bambino per scrivere un romanzo. In realtà il suo soggiorno non è stato del tutto piacevole all’epoca, Salem’s Lot lo ha segnato per sempre e lo scrittore sceglie di fermarsi ancora in quel luogo probabilmente perché vuole affrontare le sue paure, esorcizzarle dimostrando a sé stesso che ciò che accadde era solo frutto della sua immaginazione. Ma cosa è successo a Ben da piccolo? Be’, vediamo, a Salem’s Lot c’è una casa dall’aspetto sinistro che tutti guardano con diffidenza: Casa Marsten. Orrendi crimini sono stati commessi in quelle tetre stanze ormai disabitate, e per i locali è una casa maledetta il cui aspetto invita a non entrare. Ciononostante, anzi, proprio per questo i bambini della città decidono di tanto in tanto di intrufolarsi tra quelle mura. Compreso Ben, quando aveva circa dieci anni. Non vi racconto in dettaglio cosa accade al ragazzino, ma quella cosa lo segnerà per sempre. Una volta cresciuto, Ben vuole affittare l’oscura Casa Marsten e scriverci un libro ambientato a Salem – “magari, chissà ne uscirà anche un best seller horror”, si ripete – ma Qualcuno lo ha battuto sul tempo: la casa sulla collinetta è stata acquistata da una coppia di misteriosi antiquari Barlow e Staker che apre anche un negozio in città. Un negozio di mobili antichi, pregiati & costosi in una cittadina di provincia nel Maine? I cui proprietari comprano una casa maledetta disabitata e potenzialmente infestata? Oh, please! Ben comincia a sospettare che i nuovi acquirenti nascondano qualcosa di strano. Comunque, giunto a Salem affitta una stanza in un bed & breakfast e inzia a creare il suo romanzo battendo rumorosamete sui tasti della macchina da scrivere. Intanto conosce una bella ragazza, intelligente e con due gambe mozzafiato. Ma… poco dopo il suo arrivo un bambino di Salem scompare e suo fratello muore in misteriose circostanze. La città comincia lentamente a spegnersi, i suoi abitanti spariscono, trasformandosi in servitori di un Padrone dai denti affilati, né morti né vivi, senza pace. A Ben e a un gruppo esiguo di suoi amici Jimmy, Matt, il giovane Mike e Padre Callahan, il
«Alle tre di notte il sangue scorre lento e denso e il sonno è pesante. L’anima dorme nella beata ignoranza dell’ora o si guarda intorno in preda alla totale disperazione. Non c’è via di mezzo. Alle tre di notte quella vecchia puttana che è il mondo è senza trucco e non ha naso e ha un occhio di vetro. La gioia diventa fragile e si svuota di sostanza, come nel castello di Poe assediato dalla Morte Rossa. La noia soffoca l’orrore. L’amore è sogno».
Stephen King riprende tutti gli elementi classici delle storie di vampiri: lo sguardo irresisitibilmente seducente con l’unico proposito di succhiarci il sangue, l’aglio e il timo per allontanarli, crocefissi, Bibbia e acquasanta per proteggerci, paletti di frassino per impalare il cuore del non morto, pallottole d’argento. Lo scrittore però ci restituisce anche uno spaccato di vita americana di provincia, in modo puntuale e preciso, usando gli elementi horror con grande senso della misura. King non indugia mai nella violenza, nelle scene horror, dosa con molto equilibrio la sua scrittura suggerendo di continuo il sospetto di qualcosa di maligno, creando atmosfere lugubri. Nelle prime cento pagine,sembra accadere ben poco, la protagonista è la cittadina con la sua piccola vita di provincia che sembra quasi sorvegliata da Casa Marsten, di cui scopriamo pian piano i misteri. Stephen King ci prepara lentamente all’avvento del Male e quando Barlow miete le prime vittime ormai siamo in preda alla Paura. La sua scrittura rende tutto ancora più spaventoso, perché c’è un non detto che stimola l’immaginazione del lettore insinuandosi anche nei nostri sogni, proprio come fa il vampiro Barlow per manipolare le sue vittime.
Ma la cosa che rende tutto davvero meravigliosamente orrendo è il modo in cui King affronta e spiega il Male, che diventa quasi un’entità eterna. Il Male si attacca alla vita terrena e non muore con chi lo pratica. Il Male ci sopravvive, dunque, e si nutre di altro male. Rimane nelle case in cui le famiglie sono vissute nell’odio, striscia nelle stanze vuote di Casa Marsten conservando in qualche modo inspiegabile la sua energia oscura, e come un sinistro alito di vento continua a soffiare sul mondo, a stormire gli alberi accanto alle strade, a entrare dalle finestre fin dentro altre case, trovando facile dimora nei litigi & nelle frustrazioni quotidiane.
Grazie alle Le notti di Salem ho passato gli ultimi quindici giorni nella Paura e mi sono proprio divertita! Non paura costante, è ovvio. Ma quell’insidioso Terrore che ti fa sudare freddo ogni volta che ti ritrovi in un parcheggio poco illuminato, ogni volta che di notte in casa senti scricchiolare qualcosa (le scale in legno? Le porte?) o quando una folata di vento chiude improvvisamente le finistre. Insomma ho imparato che tenere dell’aglio in casa è sempre
una buona idea e che non si accorda il permesso di entrare a una faccia esangue che ti fissa dalla finestra fluttuando in aria (sono al secondo piano), neanche se assomiglia allo chicchissimo Gary Oldman nello splendido film di Francis Ford Coppola.Come si evince da tutti i libri di Stephen King l’orrore peggiore è quello dentro di noi, i demoni che divorano la natura umana contro i quali bisogna lottare ogni giorno. Il mondo è orribile e Salem’s Lot, cittadina del New England inventata da King, ne è una rappresentazione: mamme che picchiano i neonati nella culla, infedeltà punite con violenze indicibili, sacche di dolore e tristezza ovunque. Preti che perdono la fede, bullismo, alcolismo. Con una grande potenza narrativa e la capacità di ritrarre personaggi degna di Dickens, Stephen King prende spunto da una storia di vampiri per raccontare l’animo umano e ne fa un ritratto a volte orrendo (non dimentichamoci che il romanzo è del 1975, siamo nell’America post vietnam dove il numero di croci bianche nei cimiteri ha schiacciato definitivamente il Sogno Americano), lasciandoci però sperare nel meglio grazie ai due protagonisti: Ben e Mark.
Alla fine del libro vi attende una bellisssima sorpresa del Maestro: due racconti contenuti anche in A volte Ritornano. Il bicchere della staffa, pagine di puro terrore alla ricerca di una bimba e sua madre sparite nei pressi di Salem’s Lot; e Jerusalem’s Lot un racconto espistolare, omaggio al Dracula di Bram Stocker il cui protagonista, che ha ereditato da un avo Casa Marsten, ricorda il giovane Harker.