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Le novità editoriali primaverili della casa editrice Rupe Mutevole Edizioni

Creato il 08 giugno 2015 da Alessiamocci

 “I genitori ti insegnano ad amare, ridere e correre. Ma solo entrando in contatto con i libri, si scopre di avere le ali.”Helen Hayes

Carissimi lettori, oggi vogliamo parlarvi delle novità editoriali degli scorsi mesi primaverili della casa editrice Rupe Mutevole Edizioni, ormai al suo undicesimo anno di attività letteraria.

Sono venti le collane editoriali della casa editrice, venti sono dunque le braccia che accolgono la diversità per condurre oltre i confini territoriali e mentali.

La denominazione delle collane è in linea con la politica della casa editrice, troviamo infatti: “Letteratura di Confine”, “Trasfigurazioni”, “Mappe di una nuova èra”, “Saggi”, “Rivelazioni”, “Poesia”, “Fairie”, “Atlantide”, “Oltre il confine”, “Scritti in scena”, “Sopralerighe”, “Heroides”, “Echi dalla storia”, “Visioni”, “Margini liberi”, “Echi da internet”, “Radici”, “Supernal Armony”.

Ma ora vi lasciamo alle novità editoriali per i mesi primaverili, anticipandovi che fra qualche giorno presenteremo anche le novità riguardanti gli e-book Rupe Mutevole!

La primavera di Rupe Mutevole:

“Tutto barcondola” di Daniele Locchi

tutto barcondola nasce dalle parole di Eva, la figlia del nostro autore Quando ci siamo conosciuti nel suo locale mi ha raccontato questo  dolcissimo aneddoto:

“Io e lei, soli. Una sera, Eva 8 anni guarda fuori dalla finestra.

Chissà cosa guarda un bimbo a 8 anni.

- Babbo?

- Sì?

- C’è vento là fuori.

- Eh sì, davvero!

- Tutto… tutto… Barcondola!

- Eh?

- Barcondola, babbo.

Quando pubblicherò il mio primo libro di poesie lo chiamerò così. Tutto, ma proprio tutto barcondola.

Poesie scritte nelle notti, forse nei giorni strani di chi vive con forza la vita.

Padre figlio fratello amico, o solo osservatore dei nostri giorni.

Occhi critici su come viviamo il nostro tempo, personaggi noi, su di un palcoscenico troppe volte creato per non mettersi in gioco. Adulti adolescenti, e giovani spiazzati senza troppe convinzioni.

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“Coppia con gatti” di Raffaela Millonig

Magia di un Giorno d’Autunno. Paolo e Raffaela lo sapevano che quell’impulso del tutto nuovo per loro e irrazionale, che in una sera d’ottobre li spinse ad accogliere un gatto e a portarselo a casa, in realtà veniva da molto lontano? Probabilmente no, loro non avevano mai avuto gatti e solo da poco avevano deciso di formare una coppia stabile. Cosa che però a un gatto non sfugge! Come sa sempre se quella è una “coppia à chat”. I gatti, sempre, nelle antiche Civiltà, sono stati il “genius loci”, i protettori della Casa, della Coppia, della Famiglia, coloro che, secondo antichissime credenze, formano un magico cerchio protettivo attorno all’abitazione dove vive chi li ha accolti e li ama. Una magia giunta attraverso un filo d’oro fino ad oggi, quella che fece dire al grande poeta Rainer Maria Rilke: “La vita con un gatto, ripaga”.

Immagine di copertina di Gianni Cestari

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“Periplo” di Nicol Manicardi

Periplo: “Circumnavigazione di un continente o di un’isola; estensione: itinerario circolare, con qualsiasi mezzo sia compiuto: compiere un periplo in aereo”  “Nella letteratura greco-latina, descrizione di un viaggio marittimo, con dati geografici, tecnici e commerciali su mari, porti e città”.  Così Nicola Manicardi ha titolato il suo libro. E penso che nella  citazione del dizionario della lingua italiana stia, una, delle spiegazioni del senso dei versi di questo poeta. Poi. Si sa. Ogni poeta ha un suo mondo a parte. Nascosto. Inspiegabile. Che per sempre resterà suo e solo suo. E penso sia giusto così … Navigare. In un mare di carta. Circumnavigare una stanza. I capelli di una donna. Un bosco. Che anche se non c’è… c’è. Il bosco della nostra anima. Dove gli alberi non si ammalano mai. Dove incontrare una fata diventa una cosa normale. E incontrare un uomo diventa una cosa anormale. Navigare. Da poeta. Su una foglia. E dentro di lei trovare miriadi di infiniti. Circumnavigare se stessi. Affrontando il rischio di tempeste che mai avremmo immaginato. Onde giganti. Che rimpiccioliscono o dilatano la nostra mente. Il nostro pensiero.

Prefazione a cura di Enrico Nascimbeni

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“Lettera a una figlia” di Enrico Vergoni

Sono l’insieme di fragili e innumerevoli Poesie, dolci e incantevoli immaginazioni di attimi racchiusi nel cuore… Infiniti sentimenti che sembrano danzare mentre si allineano e si rincorrono, susseguendosi in tutte quelle tenere frasi che parlano del mare, del cielo e di Dio.

Leggendo questo libro e scorrendo tra le pagine, sento che mi avvolgo con delle forti, immense e suggestive emozioni; mi rapiscono, coinvolgono e sprigionano infinite sensazioni in un ritmo incalzante di frasi che l’autore usa come i battiti del cuore.

Sembra quasi una magia, perché tutto intorno risuona come il suono dei rintocchi del pendolo quando quell’orologio che scandisce il tempo, segnala ogni attimo vissuto e tutti quei ricordi che sono impressi nella mente…

Nessuno potrà mai dissolvere.

Dalla prefazione di Marina Risté

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“Senza titolo” di Enrico Nascimbeni

Non darei questa lirica libera di Enrico per tutta la poesia contemporanea. Libera perché questi versi urlano di consapevolezza (finalmente), e la consapevolezza è l’unica qualità che ci rende davvero liberi; il resto, compresi equità sociale, benessere e bla bla bla sono solo parole che siamo maestri a srotolare e a inseguire, ma che restano lì, avvinghiate a un sogno di prosperità dell’anima che in realtà è la parafrasi del vuoto interiore e l’annullamento del pensiero. Questi versi ricordano e spazzano via un mondo (e poi non dovremo aspettare ancora molto perché avvenga, ci penseranno i barbari, distruttori di civiltà e ripetitivi ideatori di calendari lunari): lo spazzano via con una staffilata definitiva, con un diluvio di parole evocate che scrosciano insieme al diluvio di una pioggia primordiale, quella che comincia all’alba e sai che non finirà, che trascinerà tutto, che lascerà un fango molle e spugnoso dapprima – sotto il quale soffocheranno i giocattoli della civiltà – e poi secco e immobile, a stringere in una morsa eterna il mare di aggettivi, l’oceano di inutilità di cui ci siamo circondati e nel quale ci siamo perduti, schiavi liberati fuori, ma schiavi dannati dentro.

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“Ragnatele di silenzi” di Nadezhda Georgieva Slavona

Il romanzo di Nadezhda Slavova, con un linguaggio chiaro,  scarno,  coinvolgente,  lontano da ogni enfasi retorica, e con grande profondità e lucidità, ritrae il periglioso e rovinoso percorso evolutivo di due giovani, legate e segnate da un segreto tremendo, donandoci un racconto intenso sul piano emotivo,  maledettamente realistico nella critica, velata ma spietata, verso le falsità della moderna società.

È  una lettura che entra nelle dinamiche della famiglia, a volte minata da profonde lacune emotive, e che riesce a trasportare il lettore nel baratro del “silenzio” e del dolore insieme ai protagonisti, facendo percepire l’oscurità della solitudine e il “male di vivere”.

Tratto dalla prefazione di Francesco Martillotto

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“Grido” di Claudio Fiorentini

Iniziare da questa poesia incipitaria significa andare da subito a fondo nella poetica di Claudio Fiorentini.

Un dire di assoluta novità architettonica per valenza metrica e cospirazioni intime, dove il verso, con andare fluttuante e modulato, cerca di farsi geografia fisica di un animo intimamente graffiato da una irrequietezza esistenziale.

Ricerca, scavo, analisi attenta e perspicace di pensieri che, con stratagemmi metaforici, si srotolano sul volto e scolano cadendo nelle rughe. Claudio si sdoppia per leggersi meglio; si vuol vedere come persona estranea, come immagine allo specchio per ritrarsi con ironia ecuriosità, con ardore e intensità epigrammatica, raffrontandosicon la vita, il tempo, l’amore, la nullità dell’esistere, e il divenire implacabile dell’essere che non dà punti di riferimento a cui appigliarsi.

Dalla prefazione di Nazario Pardini

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“Il Messaggio di R.D.I. – Il Risveglio della Divinità Interiore” di Akhenaton Reincarnato

(…) Fu del tutto inaspettato l’incontro che ebbi in quella sera calda di maggio, ritrovai, infatti, una ragazza che non vedevo da tempo, bastarono poche parole per comprendere che quell’incontro avrebbe illuminato tutta la mia vita! Seppi da lei, medium, d’avere anch’io tale dono e fu bellissimo, rimasi estasiato, l’anima sussultò come mai prima di allora. Il cuore scoppiava in petto, tutto ciò rappresentava una conferma di vita per l’intero mio trascorso. Così avvenne… in una stazione, scendemmo dal treno da porte adiacenti senza rendercene conto e incrociammo gli sguardi, poi lei si avvicinò a me istintivamente cercando rapidamente un dialogo. Passarono quattro ore, in un istante, i dialoghi divennero sole vivificante e nuova forza per la vita. Quando il cielo mostrò il suo primo indaco, capimmo che si era davvero fatto tardi. Accompagnai quindi la ragazza a casa facendomi dare le opportune indicazioni stradali visto che non sapevo neppure dove abitava. In quegli attimi pensai alla meraviglia che stava accadendo: due vite s’intrecciavano e quell’evento annullava anni d’incognito. Il saluto fu tutt’altro che formale, testimone il lungo abbraccio che ci vide coinvolti… Sorrisi un’ultima volta prima di lasciarla con lo sguardo, lei istintivamente, scrisse il suo recapito telefonico su di uno spazio libero nel medesimo foglio ove poco prima erano stati tracciati i messaggi medianici. Concluse dicendomi che ci saremmo rincontrati da lì a breve. Le sensazioni che provai, durante il viaggio di ritorno a casa, furono un tutt’uno con la musica rilassante che la radio trasmetteva. Così tutto cominciò per me…

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“La sciarpa di seta” di Max Rente

Questo romanzo è pieno di mille sfumature e sensazioni meravigliose che non possono fare a meno di esplodere con l’immenso amore di due giovani che sopravvivono soltanto per ritrovarsi; il loro è un desiderio infinito, intenso e splendente di luce, che li nutre da lontano e non li fa cedere agli avvenimenti della vita. Un romanzo stupendo dal sentimento appassionato, travolgente e dolce che ti fa assaporare la vita in ogni momento di tristezza o felicità che viene descritto molto bene e con l’armonia di un artista; la storia è scorrevole, narrata in un modo profondo, deciso e struggente che manifesta una forza che soltanto un grande amore può suscitare. Questo romanzo è scritto con il cuore, con la voce di un’anima pura che vuole dare un messaggio al lettore, una speranza dove può riconoscere ciò che il destino gli ha riservato; è qualcosa che non immagini possa riuscire a far trionfare un sentimento stupendo da rendere il dono della vita, la cosa più preziosa che possa avere una persona.

Dalla prefazione di Marina Risté

Copertina di Luca Allegrini

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“Un unico cielo il solo vero” di Stefania Miola

“Di tanto morirò ” canta Ivano Fossati. Ma forse di amore non si muore. Ma si vive. Questa è la prima sensazione che ho avuto leggendo le poesie di Stefania Miola. Una sensazione di buon profumo di muschio e “vecchie lavande”. La scrittura scivola dolcemente. Una scrittura che non cerca vocaboli strabilianti (te ne sono grato Stefania). Ma vocaboli veri. Sinceri. Parole vere. Leggere. Senza compiacimenti che personalmente mi spaccano altamente i maroni. Perché ritengo la poesia cosa complicatamente semplice. Come l’amore. Forse.

“Senza carne, Senza ossa, Danzo fra le foglie animate da una dolce brezza.” (Il silenzio dell’anima).

Ecco in questa poesia a mio si parere può benissimo identificare e sfiorare l’opera di Stefania. Una danza arcaica dove sembra dimorare l’ eterna domanda: chi sono io? Poche parole. Secche come foglie. Bellissime. Danzate bene.

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“Senza speranza e senza disperazione” di Emidio Paolucci

A cosa serve la poesia? A catturare i tuoi deserti… È la prima immagine alla quale si rimane inchiodati sfogliando le pagine di questa raccolta, immagine fulminante di verità. Perché c’è un deserto grande quanto un oceano nel quale si prosciuga la vita di chi è in carcere, ed è il vuoto di vita affettiva e sessuale. Che è pena che si aggiunge a pena, che è punizione aggiuntiva di corpi. Cosa che in molti paesi in Europa e fuori dall’Europa è stata superata, ma in Italia ce la teniamo ben stretta, come struttura inconscia dell’apparato repressivo. Noi, di qua dalle mura, neppure pensiamo a quale grande tortura, che si aggiunge alla pena della detenzione, sia questa privazione, che è compressione violenta e devastante di pulsioni naturali, che porta malattie, che porta dolore. Una privazione che si traduce in negazione della persona, se nei tempi e nei modi della relazione anche affettiva e sessuale tutti noi costruiamo la nostra persona e la nostra vita, se noi siamo quello che vediamo nello sguardo dell’altro e in quello ci riconosciamo. Proviamo a immaginare quali torsioni della personalità ne derivano, quale lacerazione. Annullare questo dolore negandolo, porta spesso alla negazione della vita stessa…

Dalla prefazione di Francesca Carolis

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“Il fratello di Marta” di Maurizio Giardi & Marco Mannori

Questo romanzo si apre con una dedica. “A tutti coloro che si sentono soli”.

Quindi. è dedicato a tutto il genere umano.

Quello pensante.

S’intende.

E già qui la lista si assottiglia.

Già siamo sul romanzo di élite.

E scritto come si scriveva una volta.

Sembra battuto su una Olivetti.

Oppure racchiuso in un disordinato ammasso di fogli di carta spiegazzata. Dalla prefazione di Enrico Nascimbeni

Immagine di copertina di Teodolinda Caorlin

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“Dialoghi col vento” di Salvatore Angius

Mi sono chiesto se veramente esistono ancora dei ragazzi come Salvatore Angius. Se veramente esistono ancora dei poeti come Salvatore. La risposta è sì. E vivaddio la cosa mi riempie di gioia. Il cuore di Salvatore abita su un “ermo colle”, lo sguardo di Salvatore coglie “infiniti silenzi”. Leggere i suoi versi è come immergersi in uno di quei quadri dimenticati in un corridoio dimenticato. Quelli che per una vita. Sebbene fossi passato di lì un milione di volte. Non avevi mai attentamente guardato. Poi viene quel giorno che lo guardi e… Diventi tutt’uno con il quadro. Forse perché tutti in questo terzo millennio volgare abbiamo bisogno di momenti di antica bellezza. Salvatore intende così la poesia. Le rime scivolano come sapone dalle mani. Croce, atroce, voce…

E le rima si fa moderna. Pensieri. Desideri, veritieri, vivi e veri. E così la poesia diventa sublime. Le parole diventano suoni. Montaliane parole-suono. “Cocci aguzzi di bottiglia” scriveva Montale meriggiando “pallido e assorto”.

Dalla prefazione di Enrico Nascimbeni

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“El Arbol las mariposas” di Delia L. Sant

Illustrazioni di Silvia Campaña Graphic designer Svein Olav Thunaes

Versione in lingua spagnola della fiaba già edita da Rupe Mutevole “L’albero delle farfalle”

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Per pubblicare con Rupe Mutevole Edizioni invia un’e-mail ([email protected]) alla redazione inviando il tuo inedito, se vuoi pubblicare nella collana “Trasfigurazioni” con la collaborazione diOubliette Magazine invia ad: [email protected]

Written by Alessia Mocci

Addetta stampa ([email protected])

 

Info

Sito Rupe Mutevole Edizioni

Facebook Rupe Mutevole Edizioni


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