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Qualche dato e un articolo, oggi, per riflettere su una situazione sempre più drammatica. Quella dei giovani in Italia. Della disoccupazione record dei giovani (40,4%) vi abbiamo riferito la scorsa settimana. Scavando più in profondità, i dati rivelano una realtà ancora più difficile:
-i giovani disoccupati a settembre erano 654mila;
-il tasso di occupazione giovanile è sceso al 16,1% (964mila) – il minimo storico. Meno di due giovani su dieci (includendo anche gli studenti);
-quel che è più grave, i giovani INATTIVI sono ora 4 milioni 371mila – il tasso di inattività è pari al 73%;
-in Europa, per disoccupazione giovanile, fanno peggio di noi solo Spagna (56,5%), Croazia (52,8%) e Cipro (43,9%). Non pervenuta la Grecia (a luglio 57,3% di giovani disoccupati).
Non resta quindi che sottoscrivere l’articolo dell’altroieri di Ilvio Diamanti sul quotidiano “La Repubblica”: “Il Paese che perde i suoi giovani“.
Un articolo che riprende -nel finale- anche i più recenti dati di “Giovani Talenti” sulla fuga degli italiani all’estero. Eccone un assaggio – per leggere l’intero articolo potete collegarvi CLICCANDO A QUESTO LINK:
Il paese che perde i suoi giovani
Il problema non è che i nostri “cervelli” se ne vanno. Ma che non ritornano. E poco si fa per indurli a rientrare. O per attirarne altri di eguale qualità. Importiamo lavoratori poco qualificati. Ed esportiamo i nostri figli
La fuga dei cervelli. È la formula usata per evocare la migrazione di tanti giovani italiani, ad alto profilo professionale e scientifico, verso altri Paesi. Non solo europei. Dove trovano occupazione e riconoscimento. Fuga dei cervelli. È un’espressione che non mi piace. Perché i cervelli, nei Paesi liberi, sono liberi. E oggi possono sconfinare ovunque, grazie alle nuove tecnologie della comunicazione. L’unica gabbia che possa imprigionarli è il loro corpo.
Se i “cervelli” se ne vanno dall’Italia è perché fuggono dal loro “corpo”. Troppo vecchio per permettere loro di esprimersi. O almeno: di “operare”. Di utilizzare la loro opera. L’Italia è un Paese vecchio (dati Istat, 2012). Il più vecchio d’Europa. Dopo la Germania, che, però, può permettersi di invecchiare perché attira i giovani migliori dagli altri Paesi. Compreso il nostro.
Il problema è che noi non ci accorgiamo di invecchiare. Perché siamo sempre più vecchi. Così ci immaginiamo giovani, sempre più a lungo. Fino a 40 anni. E rifiutiamo di invecchiare. Secondo gli italiani – come ho già scritto altre volte – per dirsi vecchi occorre aver superato 84 anni (indagini Demos). Considerata la durata media della vita, dunque, in Italia si accetta di essere vecchi solo dopo la morte.
I giovani, in Italia, sono sempre di meno. Come i figli. Il tasso di fecondità per donna è 1,4. Fra i più bassi al mondo. Se il nostro declino demografico si è interrotto, da qualche anno, è per il contributo fornito dagli immigrati. Che, tuttavia, non hanno modificato la nostra auto-percezione. Perché Noi continuiamo a invecchiare e a far pochi figli, mentre Loro sono giovani e fecondi. In altri termini, abbiamo riprodotto i confini al nostro interno nei confronti degli Altri. Gli immigrati, infatti, restano Stranieri, anche quando sono italiani, da più generazioni. Anche quando diventano ministri…
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