Il nostro obiettivo è di estendere il processo di democratizzazione a sempre nuovi settori. Il che impedisce che anche per un solo momento dimentichiamo il nostro impegno democratico. Preservare ciò che si è conseguito nella lotta per la democrazia è una premessa per estendere il suo campo d’azione a nuovi aspetti della vita sociale. I fautori della rivoluzione in Svezia negli anni passati si sono scissi sempre più in piccole sètte, nelle quali fomentano le loro dispute interne sulla “dottrina pura”. Non abbiamo tempo per fantasticherie rivoluzionarie. Abbiamo anche troppo da fare per migliorare la società. Non possiamo permetterci alcun gioco opportunistico con la violenza né con le parole né nei fatti. Ci preme soprattutto la sicurezza dei cittadini e la loro fiducia in una pacifica convivenza e in scelte prese in maniera democratica. La democrazia oltre a significare sicurezza è anche una forza che trasforma il sistema. Quando essa ha messo radice non si può tornare indietro. Si pone però la questione del perché certi campi della società debbano rimanere chiusi al controllo e alla trasparenza democratica. Come possa essere estesa la democrazia e trovare nuove forme di attuazione? Chi rifuta il metodo democratico perde anche l’opportunità di fondare lo sviluppo sociale sull’impegno e la fiducia popolari e di utilizzare la forza della democrazia come forza trasformatrice del sistema. In tal modo si dimostra anche indifferenza verso i problemi del cittadino medio. Viviamo in un ambiente culturale la cui tradizione è determinata da idee e valori etici. In Europa il socialismo democratico, come cita Willy Brandt dal programma di Bad Godesberg «ha le sue radici nell’etica cristiana, nell’umanesimo e nella filosofia classica». In Svezia questa tradizione è profondamente ancorata. Ma l’uomo vive in primo luogo i problemi di ogni giorno. Una idea astratta da sola non è sufficiente per un impegno. Si deve chiarire il nesso tra idee e problemi pratici. Si deve indicare come sia possibile risolverli. Un paese povero in via di sviluppo aspira alla sua autonomia dopo anni di dominazione coloniale. Qual è la ragione che può guadagnare il popolo alla causa della indipendenza nazionale? La possibilità concreta di costruire la società e liberarsi dalla povertà. Non è sufficiente dire: dobbiamo trasformare il sistema. Ogni sforzo in questa direzione deve collegarsi e fondarsi sulla soluzione di problemi concreti dei cittadini, sul loro bisogno di sicurezza, progresso e sviluppo. Il che si ricollega ai nostri sforzi di avere una visione complessiva dei problemi. Il socialismo richiede come ideologia politica e filosofica forte impegno intellettuale. Ma nello stesso tempo è anche straordinariamente pratico. Possiamo conseguire in larga misura il collegamento tra la difficile teoria e il lavoro concreto tramite il dibattito democratico. Il partito socialdemocratico svedese negli anni ‘30 è riuscito a tradurre questa visione complessiva in realtà per la soluzione della crisi dell’occupazione. In tal modo fu posta la base dell’azione del nostro partito per la trasformazione della società. La disoccupazione degli anni trenta non era solo un problema economico, ma anche una crisi della democrazia. La democrazia deve mostrare forza operativa in campo sociale. La concezione liberale della democrazia comportava al contrario una limitazione secondo la quale lo Stato democratico non poteva intervenire nell’economia di mercato neppure per garantire lavoro e sicurezza ai suoi cittadini. La soluzione che attuammo mostrò chiaramente che la democrazia aveva superata questo limite. Ora ci troviamo di nuovo di fronte alla stessa problematica. Le differenze di reddito minacciano di ingrandirsi. È in corso un enorme processo di trasferimento della popolazione e di concentrazione di capitale e uomini. Lavoratori perdono il loro posto di lavoro. Il nostro ambiente è minacciato da una crescente distruzione. Questi sono problemi essenziali della nostra vita di ogni giorno che possono generare facilmente un senso di insicurezza nel futuro. Nel caso che la democrazia non riesca a risolverli, esiste il pericolo dell’anarchia, il pericolo che si sviluppi una coscienza elitaria o che forze antidemocratiche si impadroniscono del potere. È necessario ravvivare e rinnovare la democrazia alla base. La struttura decisionale democratica corre il rischio di disgregarsi: in seguito alla trasformazione tecnologica, alla concentrazione economica, al rapido trasferimento della popolazione, alla lentezza burocratica. Lo sviluppo della democrazia industriale diventa la questione centrale. La democrazia anche a livello nazionale deve essere estesa a nuovi settori. Le forze tecniche ed economiche sono decisive per la configurazione del futuro. Se questo compito deve essere assunto dalla collettività allora queste forze devono essere democraticamente guidate e controllate. Il che significa che dobbiamo contare su una più ampia economia di piano. In Svezia attualmente stiamo elaborando un piano, lo ricordo come esempio, di come utilizzare nel suo complesso il territorio e la proprietà terriera. L’economia di mercato, secondo me, non può offrire alcuna soluzione a questi problemi, che sono di estrema importanza per lo sviluppo della società. Le decisioni da prendere non possono essere affidate all’economia privata. Non possiamo consentire che la corsa al profitto e la logica della concorrenza decidano sulla modificazione dell’ambiente, sulla sicurezza dei posti di lavoro o sullo sviluppo tecnico. La questione non è se vi debba essere economia di piano e più democrazia nella vita economica, ma come elaborare la prima ed organizzare la seconda.
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