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[Le onde] 2. Notturno

Creato il 18 marzo 2012 da Spaceoddity
Le onde
di Roberto Oddo
2. Notturno
Se Gil è arrivato già a casa, come credo, potrebbe dormire o magari essere in piacevole compagnia. Del resto, avevo detto che sarei stato fuori fino all'alba. Quando entro nell'androne del palazzo, mentre ritiro la posta che stazionava nella cassetta da giorni, sento un rumore che riconosco proprio davanti alla porta di casa. Salgo a piedi per i pochi gradini che mi portano al primo piano, senza preoccuparmi di dissimulare la mia presenza. Gil è più stupito di vedermi di quanto lo sia io di esserci.
"Questa toppa non funziona proprio." È vero, ma lo dice con l'imbarazzo di chi si aggrappi all'alibi più inverosimile. Poi si volta a domandarmi: "Sei solo?", guardando dietro di me per accertarsene.
"Credo di sì." Prendo il mio mazzo di chiavi e, con un gesto da prestigiatore, guadagno l'ingresso.
"Barbara non sarà contenta", aggiunge lui con un sospiro rassegnato, chiudendo la porta dietro di sé.
Accendo l'abat-jour che scalda di luce giallastra gli ospiti del nostro appartamento. Conto e palpeggio le buste sulla consolle all'ingresso, occhieggiando i mittenti e facendomi un'idea del loro contenuto. "Perché?" farfuglio distratto.
"È un molto presto per tornare da una discoteca."
Arrossisco. "Già. È arrivato il suo tipo. Il greco."
Capisco che sta per dire qualcosa, però ci ripensa, si volta e va nella sua stanza. Lascio lì bollette e pubblicità e porto con me due lettere. Lo chiamo a voce un po' troppo alta e lui non risponde. Ci riprovo e finalmente mi arriva una flebile risposta: "Sì"
"Hai sonno?"
Stavolta la reazione è immediata: "Per nulla."
"Ti va di fare un giro?"
"Sei irrequieto." Urla lui da là dentro.
"Abbastanza." Ma, per dissimulare, sorrido da solo nella mia stanza.
"Dovrei farmi una doccia, è da tredici ore che sono chiuso in cucina."
"Meglio", ironizzo, "così non mi fai concorrenza con le ragazze."
"Riesci a non pensare al sesso per un po'?"
Manca di umorismo il ragazzo. All'improvviso me lo vedo all'ingresso, in mutande e con un cambio in mano. Lo squadro e rido: "In questo momento, per esempio."
Sorride, masticando uno "Stronzo!" dopo l'altro, e va in bagno.
Il letto è lì, mal fatto, le onde delle lenzuola promettevano di annegare non solo me stanotte. In ogni caso non ha senso inquinarle con il mio sudore. Mi seggo alla scrivania e faccio roteare le buste tra il pollice e l'indice della mano destra, incerto se aprirle. Prima di poter decidere sento dissolversi e infine svanire il rumore dell'acqua. Scelgo con cura slip e una maglietta e raggiungo Gil in bagno. Lui, sentendomi, assume l'espressione maniacale che ben gli si addice, si apre l'accappatoio e comincia ciondolarmi davanti come un metronomo a lancetta e a ticchettare rapido: "Sesso! Sesso! Sesso!"
Ma devo avere proprio l'aria stravolta, perché smette subito di scherzare. "Allora, dimmi di questo Adone."
"Non l'ho visto."
Si volta e stavolta è serissimo. "Come!? Non lo conosci neanche?"
"No, è arrivato oggi, prima del tempo e l'ha avvertita mentre eravamo insieme, ovvero..."
"Lascia perdere i dettagli. E tu?"
"E io l'ho accompagnata a Ostbanhof, dove quello la aspettava."
Ha uno sguardo interrogativo che vale più di mille domande, perciò proseguo. "Ma Barbara non ha sentito ragioni: l'ho dovuta lasciare per forza a un angolo su Stralauer Platz."
"In piena notte? È pericolosissimo, la potevano investire."
"Conosci Barbara."
"Veramente no." Detesto la sua pedanteria, però ha ragione. Gliene ho parlato tanto che ormai penso di poter scongiurare qualsiasi desiderio da parte sua, ma lei non ha mai avuto voglia di incontrare il mio coinquilino cuoco, e spagnolo per di più: la ragazza ha orientamenti etnosessuali molto precisi e pare che la razza latina proprio non sia intercettata dalla sua bussola.
"Bene, è così: se lei dice..."
M'interrompe perentorio, quasi temendo interferenze: "Tu fai." Prende a pettinarsi.
"Non mi ero accorto del tuo nuovo taglio."
"Non è necessario, del resto."
"Su, stronzo, non fare il sostenuto. Quando ti innamorerai anche tu? ...così potrai capirmi."
"Forse quando mi presenterai qualcuno di decente. Di sicuro quando imparerò a non sprecarmi."
"Ti sprechi?"
Mi guarda e tace. Comincia ad aggiustarsi la barbetta con un rasoio elettrico, poi trova un diversivo: "A lavoro, per esempio."
"Ma se sei l'unico chef berlinese che conosco a lavorare nella stessa cucina da sei anni! Vuol dire che ti apprezzano." Mi schiarisco la gola, per scandire bene. "E ti pagano anche, mi sembra."
Arrossisce. "Già, peccato che intanto la gestione continui a cambiare. Da mercoledì siamo un ristorante indiano."
"E tu che ne sai, di cucina indiana?"
"Niente, come del resto non sapevo nulla di sushi due anni fa e di riso alla cantonese quattro anni fa. Se non mi avesse assunto il proprietario, quando l'insegna era messicana, a quest'ora non so dove sarei."
"E che ci staranno a fare camerieri giapponesi in un ristorante indiano?"
"Non ci staranno." E passa ad aggiustarsi i baffi: "Si sono trasferiti tutti da qualche parte e noi abbiamo guadagnato quattro nuovi incaricati di sala, figli di emigrati a Londra. Almeno parlano l'inglese, perché di tedesco non sanno nulla. Falliremmo in una serata, fosse per loro." E si schiaffeggia le guance col dopobarba.
"Gil...", dico io. "Il tuo inglese fa schifo."
Mette il rasoio in carica e mi guarda dritto negli occhi: "Ma la mia cucina è spettacolare!" aggiunge, strizzandomi l'occhio in un sorriso. "Le ragazze ci bramano, muoviti. Mi vesto e ti aspetto di là."
Chiudo la porta dietro il silenzio. Entro nella doccia quando già ho smesso di capire. Mi pulisco come se quel corpo palpitante e lontano fosse l'unica risposta. Sarà per questo che, quando mi guardo allo specchio, mi vedo restituire un'immagine che non riconosco e non mi piace. Ho sbagliato domande. E devo aver calcolato molto male anche il tempo a perdere pensieri nello scarico.
Quando esco dal bagno in accappatoio e con il cambio ancora in mano, busso alla porta di Gil per dirgli che sono quasi pronto, "Mi vesto e andiamo". Il mio coinquilino è immerso in un sonno profondo. Raggiungo la mia stanza, mi preparo in attesa di qualche suo cenno. Con la giacca ancora in mano, prendo le lettere con me, estraggo da qualche tasca il biglietto trovato in discoteca, lo volto dall'altra parte e ci scrivo su che sono uscito. "Se ti svegli nella notte, sai dove trovarmi."

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