di Armando Di Carlo
“Le opere di Giuseppe Verdi a Tindari per il bicentenario”
Nell’anno che vede tutti i teatri d’Italia e del mondo celebrare il bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi, anche il Teatro antico di Tindari non poteva che rendere omaggio al re del melodramma.
Grande l’impegno profuso per l’evento dedicato al compositore di Roncole di Busseto, che ha visto, per l’occasione, la collaborazione di due importanti enti, quali il Teatro Massimo di Palermo e il Tindari Festival, oltre che le Città di Patti e di Palermo, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e la Regione Siciliana.
Tali collaborazioni, nel segno del più grande operista italiano, genio musicale divenuto simbolo immortale di italianità e di libertà, ospitato per l’occasione in una delle più affascinanti, antiche e rappresentative località siciliane, hanno dato vita ad una due giorni intensa, ricca di contenuti e coronata da un ampio successo, sottolineato da lunghissimi applausi, ovazioni e richieste di bis.
Nello specifico, si è trattato di due spettacoli che hanno visto protagonisti il Corpo di ballo e il Coro del Teatro massimo di Palermo rispettivamente con “Verdiana” – balletto di Giancarlo Stiscia rappresentato il 30 luglio – e col “Concerto per il bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi” diretto dal Maestro Pietro Monti ed eseguito venerdì 2 agosto.
Certamente al grande doppio appuntamento non potevamo mancare noi di PostPopuli che stiamo seguendo con grande interesse tutta la rassegna, così da potervi narrare le nostre sensazioni sui singoli spettacoli e le emozioni che abbiamo raccolto sul momento direttamente dagli interpreti e dai protagonisti.
Andando per ordine, parliamo adesso di “Verdiana”, creazione coreografica in due parti di Giancarlo Stiscia, plasmata sulle note di Verdi proprio in occasione del suo bicentenario.
Un lavoro imponente di “traduzione” in danza del linguaggio musicale del celebre Maestro emiliano, realizzato col tramite del rapporto viscerale che Verdi aveva con la terra e il mondo contadino.
Immediatezza e densità sono state dunque parole d’ordine per Giancarlo Stiscia (regista e coreografo dello spettacolo) per la costruzione delle coreografie. Da ciò deriva l’esclusione delle caratteristiche musiche da ballo composte da Verdi, le quali avrebbero limitato l’esplorazione della totalità verdiana a un campo circoscritto, ancorato a un tempo passato e fin troppo prevedibile.
Notevoli i costumi disegnati da Marja Hoffmann, che, oltre a sostituire con grazia il volutamente assente allestimento scenico – di ben diversa portata alla prima realizzata in interno al Teatro Massimo, e qui totalmente rivisitato per non deturpare il preziosissimo scenario naturale offerto dal promontorio del Tindari, e per via della particolare natura del Teatro antico, sottoposto a vincoli della Soprintendenza – hanno costituito una vera e propria estensione fisica dei danzatori, accompagnandone ed esaltandone movimenti e gestualità.
Esecuzione magistrale dei due interpreti principali, Francesca Davoli e Riccardo Riccio, dei solisti Annalisa Bardo, Lucia Ermetto, Simona Filippone, Romina Leone, Jessica Tranchina, Vito Bortone, Daniele Chiodo, Gaetano La Mantia, Ginaluca Mascia e Diego Millesimo e dell’intero corpo di ballo del Massimo.
Un ricco percorso musicale, quello di “Verdiana”, costituito da ben undici brani; nell’ordine: Nabucco Sinfonia; I Lombardi alla prima Crociata Preludio; Macbeth Introduzione e Coro delle streghe. Ballo II e Ballo III; Luisa Miller Sinfonia; La traviata Preludio. Romanza: “Addio del passato”; La forza del destino Sinfonia; Aida Preludio; Messa da Requiem “Dies irae”; Otello “Ave Maria”; Falstaff “Tutto nel mondo è burla”; Nabucco Coro: “Va, pensiero”.
Un repertorio che ha consentito a Stiscia di svariare dall’estetica contemporanea (ad esempio con gli amanti vestiti di rosso del Preludio dai Lombardi alla prima Crociata) e dal suo linguaggio tutto fisico, alla più pura tecnica neoclassica sulla Sinfonia della Luisa Miller, maestosa coreografia che ha visto impegnato l’intero corpo di ballo.
Da sottolineare il felicissimo inserimento di un frammento tratto dall’epistolario verdiano prima della Messa da Requiem; occasione, oltre che per esplicitare le istanze e i sentimenti che hanno condotto l’artista alla creazione del componimento stesso (il dolore per la perdita di Alessandro Manzoni), per una sperimentazione linguista mediatrice tra il linguaggio verbale e quello del corpo. D’impatto è risultato l’utilizzo della LIS sulla voce narrante poco prima dell’esecuzione del poderoso “Dies Irae”, nel quale il corpo di ballo ha espresso l’atavico furore dell’umanità in eterna lotta contro il male.
Al termine abbiamo raggiunto il maestro Giancarlo Stiscia:
- Per un coreografo confrontarsi con Verdi proprio per il suo bicentenario dev’essere un qualcosa di sicuramente emozionante!
S: Sì, emozionante e stimolante; io ho volutamente escluso dalle coreografie tutto quello che Verdi aveva composto per le danze, perché ho voluto indagare un altro tipo di poetica. È stata una sfida, perché comunque affronti questo colosso della composizione, e quindi in alcuni momenti è stimolante, in altri hai delle difficoltà per poter interpretare questa musica che, già di per sé, dice tutto.
- Abbiamo visto anche l’utilizzo della lingua italiana dei segni, ad un certo punto: una sua idea per diversificare maggiormente la già ricchissima coreografia?
S: È un’ulteriore forma di espressione corporea che ho voluto sperimentare; il linguaggio dei segni mi ha sempre affascinato, perché trovo che abbia molto di coreografico, ed è uno dei modi in cui il corpo può esprimersi addirittura parlando.
- Immagino le difficoltà del copro di ballo nell’apprendere la LIS.
S: Sì, li ho sottoposti a numerose prove con degli esperti. La difficoltà maggiore non ha riguardato tanto i movimenti quanto il legare quei particolari gesti al significato.
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Concluso col coreografo, abbiamo rivolto alcune domande anche al responsabile delle luci Bruno Ciulli, da oltre un ventennio legato al Massimo di Palermo.
- Un palcoscenico nuovo per lei, certo non facile anche per i danzatori, trattandosi di una struttura all’aperto inserita in un parco archeologico.
C: Non v’è dubbio alcuno, Stiscia può dirvi meglio di me cosa vuol dire danzare in una situazione del genere: infatti, non a caso, una danzatrice andando verso i camerini è caduta facendosi male. Dal punto di vista tecnico, abbiamo avuto delle difficoltà tecniche notevoli. Qui è tutto sotto la tutela dei Beni Culturali, quindi non abbiamo potuto utilizzare lo spazio per mettere le apparecchiature com’era opportuno disporle.
- Immagino che le stesse problematiche abbiano riguardato anche la scenografia.
C: Certamente, la scenografia qui non esiste, perché, avendo costruito la scenografia al chiuso, al Teatro Massimo di Palermo, tutto veniva giù dal soffitto. Qui, ovviamente, il soffitto non c’è, e così la scenografia non è stata portata. Per fortuna contribuisce il meraviglioso panorama: qui la scenografia è quella naturale; la così detta σχηνέ [skené]. Sicuramente non avremmo mai violentato un panorama del genere con delle strutture in ferro; un teatro greco romano non si violenta con certe strutture.
- Un grande sforzo coronato comunque da un altrettanto grande successo, con il pubblico che ha dimostrato il proprio apprezzamento con oltre dieci minuti di applausi ininterrotti e ovazioni.
C: Beh, meno male! Soprattutto perché i danzatori meritano questo: si sono sacrificati lavorando in una situazione del genere… lavorare con le luci di scena, uscendo poi di scena, diventa complicato perché l’occhio non si abitua. Se dovesse capitare nel prossimo futuro, ci attrezzeremo diversamente.
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Di grandissimo pregio – sappiamo quanto siano importanti nell’opera verdiana i cori – anche il secondo appuntamento, col concerto del Coro del Teatro Massimo, esaltato dall’impareggiabile acustica del plurimillenario Teatro antico – acustica appositamente studiata per le prestazioni vocali dai sapienti architetti greci e che, pertanto, non ha avuto bisogno di alcuna amplificazione – e accompagnato dal solo pianoforte del Maestro Salvatore Punturo. Diretto dal Maestro Pietro Monti in una serata particolarmente umida, il Coro ha eseguito gli undici brani in programma – con l’inserto di un brano di Richard Wagner, di cui anche ricorre il bicentenario – più un extra, l’immancabile “Va, pensiero”. In ordine sono stati eseguiti: Nabucco Sinfonia (versione per pianoforte a 4 mani); Nabucco (Parte I/1) “Gli arredi festivi”; I Lombardi alla prima Crociata (Atto III/1) “Gerusalem… Gerusalem…”; I Lombardi alla prima crociata (Atto IV/3) “O Signore, dal tetto natio”; Macbeth (Atto I/1) “Che faceste…”; La forza del destino (Atto II/10) “La Vergine degli angeli”; La traviata Preludio (Atto I, versione per pianoforte a 4 mani); La traviata (Atto II/10) Coro di Zingarelle e Mattadori; Stabat Mater (dai Quattro pezzi sacri); Aida (Atto II/2) “Gloria all’Egitto”; (Wagner) Tannhauser (Atto III) Coro di Pellegrini.Anche in questa circostanza abbiamo raggiunto e intervistato i protagonisti dello spettacolo; per primo il Maestro Monti.
- Per la prima volta lei dirige il suo Coro nel Teatro antico di Tindari; che ne pensa dell’acustica?
M: L’acustica è eccellente! Una cosa particolarissima, che ho notato nelle prove, è che le voci arrivano perfettamente, mentre il pianoforte ha avuto bisogno di un aiuto meccanico, di un po’ di amplificazione. Chissà perché! Forse perché una volta si progettava proprio sulla voce degli attori, del coro; con la voce funzionava veramente benissimo. L’umidità è stata un po’ un handicap per il pianista, che ha fatto i miracoli asciugando di tanto in tanto la tastiera, ma, purtroppo, all’aperto si sa che ci sono questi piccoli problemi; ma una resa veramente eccellente per le voci, molto molto buona.
- La scaletta variegata è stata chiosata dalla chiusura dedicata a Wagner…
M: Sì, perché abbiamo pensato di fare un omaggio anche a quest’altro grande, che quest’anno compie i duecento anni dalla nascita. Era tutto incentrato su Verdi, però abbiamo pensato di fare un piccolo omaggio, magari anche per accontentare i sicuramente presenti turisti tedeschi in questa terra meravigliosa che è la Sicilia.
- Questo è il secondo appuntamento del Teatro Massimo qui a Patti, prima abbiamo avuto lo spettacolo di danza “Verdiana”. Auspica future collaborazioni fra il Massimo e Tindari Festival?
M: Sì, secondo impegno del teatro che quest’anno ha pensato, grazie al Commissario, di portare il Maggio in decentramento e abbiamo scelto delle location molto molto belle anche dal punto di vista architettonico. Due sere fa eravamo a Cefalù, poi abbiamo fatto concerti a Petralia, Bagheria. Un’iniziativa per portare il Massimo in giro per la Sicilia, e spero che continui. Io tornerò, tornerei molto volentieri il prossimo anno con un programma differente, ovviamente. Penso che proseguire la collaborazione sia importante sia per il Teatro Massimo, sia per il Festival di Tindari; sarebbe una bellissima cosa, di grande valore artistico per entrambi, credo.
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Immancabile anche l’intervista al Sindaco del Comune di Patti (nel di cui territorio ricade la frazione di Tindari) Mauro Aquino, per conoscere le sue sensazioni e informarci sugli sviluppi futuri del Festival che – ricordiamo – è giunto alla sua 58esima edizione. Da annotare, purtroppo, anche un evento luttuoso. Nello stesso giorno dello spettacolo, un malore ha stroncato la vita di un’operaia della forestale di Patti, Ninetta Papa, mentre si trovava nell’area archeologica, intenta ai lavori di pulizia. Per tale motivo il Sindaco ha richiesto l’osservanza di un minuto di silenzio prima del concerto in onore della donna, deceduta durante l’espletamento del proprio lavoro.
- Sindaco, il Teatro Massimo per la seconda volta qui a Patti; le sue sensazioni?
A: Grande soddisfazione, grande gioia; la massima istituzione culturale dell’isola che viene in questo scenario fantastico con due eventi di livello eccezionale e che hanno riscosso un grandissimo successo. Abbiamo instaurato una bella collaborazione che, sono sicuro, proseguirà anche in futuro e ci darà ancora tante soddisfazioni.
- Abbiamo appreso proprio da lei, in queste ore, la notizia della disgrazia.
A: Sì, purtroppo una tragedia, questa mattina, a pochi metri dal teatro un malore a una lavoratrice forestale che è venuta a mancare. Ci è sembrato giusto non interrompere lo spettacolo, anzi dedicarlo alla povera signora Papa; credo che questo avrebbe voluto anche lei. La musica immortale di Verdi è un inno perenne alla vita, che è così bella, così piena, ma anche così fragile.
- Anche il Maestro Piero Monti ha auspicato un rinnovo della collaborazione col Tindari Festival…
A: Noi ce lo auguriamo allo stesso modo; sono state due serate magnifiche, e faremo di tutto perché non rimangano due episodi isolati, ma anzi diventi quasi un appuntamento fisso del Tindari Festival. Sono due occasioni che danno lustro a Tindari, ma credo che anche Tindari, con questa sua grande tradizione e questa sua spettacolare cornice, dia lustro a chiunque viene a esibirsi in questo Teatro.
- Il prossimo appuntamento del Festival sarà di tutt’altro tenore, una commedia…
A: Sì, lunedì, giorno 5, Deborah Caprioglio e Federico Guarneri ci delizieranno nell’Anfitrione di Plauto; questo a dimostrare la eterogeneità del cartellone, che spazia dalla musica colta a quella popolare, dalla tragedia alla commedia.
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Al concerto erano presenti anche due stelle del panorama musicale internazionale, la pianista pattese Gilda Buttà e il violoncellista Luca Pincini; quest’ultimo, autore ed esecutore fra l’altro della pregevole ed apprezzata colonna sonora scritta per la tragedia “Giocasta”, presentata in prima nazionale proprio a Tindari l’1 agosto e di cui parleremo diffusamente in un altro articolo appositamente dedicato alle attività teatrali del Festival in corso. Naturalmente abbiamo approfittato della circostanza per conoscere le impressioni dei due grandi artisti sull’evento.- Gilda, una tua opinione sullo spettacolo di stasera?
G: Il concerto è stato strepitoso; il pubblico, come tutti avete visto, ha reagito estremamente bene. Personalmente, da pianista un grande complimento anche al Maestro Punturo, che è stato il pianista che ha sostituito, diciamo così, l’orchestra nell’immaginario collettivo. Bravissimo. Probabilmente lo strumento è stato amplificato, perché l’acustica chiaramente aiuta le voci, mentre un pianoforte solo sarebbe stato sommerso dalle voci. Come sappiamo, all’aperto gli strumenti hanno bisogno di meno umidità possibile; c’era troppa umidità, e quindi, giustamente, si è lamentato dell’estremo slittio della tastiera.
- Luca, ieri ti abbiamo visto protagonista della tragedia moderna “Giocasta”, oggi ti vediamo spettatore assistere al concerto del Massimo di Palermo.
L: Fa un altro effetto stare dall’altra parte, insomma. Ci sarebbe voluta l’orchestra, però sarebbe stato chiedere veramente troppo. Trovo che sia una cosa intelligente e doverosa per la cultura italiana, azzeccata e molto giusta; hanno fatto molto bene a fare questa scelta.
- Anche quest’anno Tindari ha puntato sulla contaminazione di più generi, anche in ambito musicale, passando dalla musica colta a quella più popolare.
L: È importante valorizzare il progresso musicale tanto quanto conservare la tradizione passata come in questo caso. Ci vogliono i punti fermi insomma, come questa sera. È importante che la gente ricordi, ascolti questo repertorio, soprattutto se eseguito così bene.
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Ultima ad essere ascoltata da noi, ma indubbiamente prima fra gli artefici di questa (come della passata) stagione teatrale, la Direttrice Artistica del Tindari Festival Anna Ricciardi, che ha fortemente voluto e infine realizzato questo omaggio a Giuseppe Verdi.
- Anna, un Tindari Festival che, per il secondo anno consecutivo, è sempre più variegato nelle sue manifestazioni.
R: Devo dire che quest’anno l’obiettivo principale era quello di riprendere le tre strade importanti dell’ars scenica, danza, musica e prosa; non a caso l’allinearsi ai teatri nazionali e internazionali, con il festeggiamento del bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi, chiaramente è stato per noi un simbolo, un momento significativo e, soprattutto, siamo ritornati alla valorizzazione dei grandi talenti locali, che incontrano i professionisti nazionali. L’altra sera abbiamo avuto la regia di Stefano Molica con “Giocasta”, con Caterina Vertova, che è stato davvero un momento eccezionale. La partnership che è nata col Teatro Massimo per noi è stata veramente una grande conquista, perché significa che il Tindari Festival aspira a diventare sempre più grande e sempre più attento a quello che succede nel mondo culturale italiano, lontano da linguaggi televisivi che poco hanno forse a che fare con la bellezza e la poesia del teatro e dell’arte in genere. Domani sera cambiamo registro con il primo dei due momenti legati a Plauto,”Anfitrione”, con la regia di un regista storico del Tindari Festival, Walter Manfrè, che tanto ha contribuito alla crescita della rassegna, con Deborah Caprioglio ed Enrico Guarneri.
Poi, l’8 agosto avremo un altro evento importante per noi, lo spettacolo di danza “Una sola moltitudine” di Partizia Bellitti e il 10 agosto Alessandro Mannarino “In corde – concerto per sole chitarre” accompagnato dagli straordinari Fausto Mesolella, Tony Canto ed Alessandro Chimienti.
(foto di Armando Di Carlo)
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