La sentiamo ovunque, i suoi suoni cupi e lenti hanno ormai invaso una buona fascia del panorama musicale: dalla sigla della trasmissione radiofonica, al brano commerciale in discoteca, ma anche ad ambienti quali i concerti rock e metal. Di cosa sto parlando? Immagino l’abbiate intuito, si tratta della Dubstep. Questo genere negli ultimi anni ha avuto un eccezionale esplosione mediatica, che ha portato molti artisti ad indirizzare i loro esperimenti verso questo genere.
La Dubstep, appartiene all’universo musicale elettronico; essa è facilmente riconoscibile per la bassa velocità dei brani (che si aggira attorno ai 130-140 bpm) e per le potenti e distorte linee dei bassi. Nella Dubstep di questi ultimi anni si è manifestata una sempre maggiore tendenza a costruire i brani attorno al trascinante groove, che porta costantemente ad un momento di break, nel quale si assiste ad una vera e propria “esplosione”.Venendo presa in causa così spesso e vendendo la portata di questo fenomeno, mi è sembrato legittimo pormi certe domande e trovarvi delle risposte; alcune di queste sono ad esempio: Da dove proviene? Ha sempre avuto queste caratteristiche? Chi sono stati gli iniziatori del genere?
Per poter intrapredere questa “ricerca storico-musicale” è necessario ritrarre l’ambientazione in cui la Dubstep ha mosso i primi passi: siamo a Londra, nel 1994, anno in cui, in tutto il regno di sua maestà regina Elisabetta, vengono approvati il Criminal Justice Act ed il Public Order Act, provvedimenti con i quali vengono messi al bando i rave party. Questi due provvedimenti, come conseguenza principale hanno quella di prosciugare il bacino musicale underground inglese, che in quegli anni viaggia ad altissime velocità, attorno ai 170-180 bpm, seguendo la Drum&bass e la Jungle.
Londra da sempre è una città nella quale si incrociano miriadi di razze, lingue, costumi, tradizioni, ma anche suoni: è qui che la Dubstep inizia a formarsi. Nella capitale inglese, riesce a piantare le radici in un ambiente underground “molto attivo”, sostenuto da proprietari di club, che non hanno paura di lasciare spazio alle sperimentazioni musicali, ma anche da un’infinità di radio pirata che trasmettono le nuove tendenze: è il caso del Club Forward e della stazione pirata Rinse FM. E’ in questo ambiente che i nuovi artisti trovano lo spazio per esprimersi; vengono mescolati dentro un enorme calderone tutte le sonorità che avevano caratterizzato la musica underground di quegli anni: i tachicardici bassi distorti della Drum&Bass, i ritmi spezzati della Jungle, ma anche i ritmi in levare Raggae, insaporendo il tutto grazie alla tipica estetica garage inglese, rappresentante dei quartieri più periferici e grigi della metropoli inglese. Dopo circa quattro anni il tutto è pronto: siamo nel 1998 e dal calderone si sente emergere un lento e cupo ribollio, lo wobble, l’ondeggiante suono che caratterizza la Dubstep. In questo periodo, i due dj che lanciano il genere sono El-B e Zed Bias che si affidano alla Big Apple Records.Nei primi anni del nuovo millennio si continua con le sperimentazioni ed emergono nuovi talenti, si tratta di artisti come Benga, Skream, Kode9, Rusko e Burial.
Con il passare degli anni, la Dubstep si afferma sempre di più e giunge anche oltre oceano: qui, viene portata al successo tramite uno dei dj più affermati degli ultimi anni, Skrillex. Negli States però la Dubstep diviene un fenomeno mediatico e inizia a perdere le sue caratteristiche iniziali: le case discografiche, sfruttando il groove dei bassi, la inseriscono all’interno di numerosi brani commerciali, destinati ad essere “riprodotti in serie” nelle varie discoteche.
La commercializzazione della Dubstep ha creato un totale allontanamento dalle sue caratteristiche iniziali, rendendo quasi impossibile ogni tentativo di trovare delle somiglianze. Tuttavia vi sono ancora alcuni dj attivi nella scena Dubstep, che non si limitano a creare le canzoni attorno ad un irrazionale bass drop, ma tentano di dare vita ad un loro stile proprio, anche se esso si allontana dalle origini; sto parlando di artisti quali: Burial che si è spostato verso orizzonti tendenti all’ IDM (Intelligence Dance Music) , Seven Lions, Zeds Dead e James Blake, ragazzo prodigio, che ha intrecciato la Dubstep con sonorità Soul.
GreyCat