Quando formazione professionale e cultura si coniugano il risultato è una armonica fusione di emozioni e contenuti. È quanto in un incontro che si è svolto a Palermo, ai Cantieri Culturali alla Zisa, nella sede del Centro sperimentale di Cinematografia, nel corso della conferenza stampa, “Incontro con La Storia New Trolls e Le Orme, dal vinile ad oggi”, organizzata dall’Anfe. Un appuntamento per promuovere le tappe siciliane del tour “Prog Night” di due band che hanno scritto un “pezzo” importante della musica italiana del ‘900 e, perché no, anche di questi primi dieci anni del nuovo Millennio. Due sono i concerti siciliani delle storiche band che hanno mietuto un’infinità di successi in tutto il pianeta durante la quarantennale attività musicale. Il primo concerto è stato in scena a Palermo, il secondo a Catania. Due successi assicurati. L’Anfe (Associazione Nazinale Famiglie Emergenti) Delegazione regionale, che ha realizzato un progetto di comunicazione unico nel suo genere in Italia. Un lavoro certosino, portato avanti all’interno della programmazione corsuale finanziata attraverso l’Avviso 20/2011. Moderata da Marilena Santaluna, con la collaborazione di Paolo Vannini e Filippo Mulé, la conferenza stampa ha registrato la presenza del già citato Miki Dei Rossi, e da Genova, in streaming, di Vittorio De Scalzi, fondatore insieme a Nico Di Palo, dei New Trolls. Un confronto tra generazioni, dicevamo, che ha preso spunto dal libro dal titolo “Palermo al tempo del vinile” dell’autore Daniele Sabatucci, presente anche lui in sala. La storia. I New Trolls e Le Orme hanno mosso i primi passi negli anni ’60. E da allora non si sono più fermati. Chi oggi ha passato i 50 non li ha di certo dimenticati. Ma scopriamo che anche ai ventenni piacciono e li ascoltano con grande interesse. E con emozione. “Ed è proprio questo che ci emoziona – ha detto Miki Dei Rossi, storico batterista de Le Orme – vedere che i giovani di oggi ci seguono e si emozionano nel sentire la nostra musica”.
L’unico superstite de Le Orme, Michi Dei Rossi ci propone una nuova veste da quella che eravamo abituati a vedere ossia Tagliapietre e i due tastieristi. Attualmente Michi ha allestito forse la versione migliore dagli anni Settanta ad oggi. Lo abbiamo incontrato prima del concerto a Catania:
Le Orme vengono da una cultura Beat. Come si è evoluta nella band questa filosofia?
“Non c’è più quel tipo di filosofia, significava fare musica ed essere tutt’uno con il pubblico. Negli anni 60-70 eravamo noi giovani con i giovani e rappresentavamo la stessa cosa. Noi suonavamo la musica di rottura socialmente e politicamente, loro ascoltavano ma diventava una cosa solo perché noi eravamo fan di noi stessi, cioè fan di quello che era il movimento. Ora si ascolta quello che passa la radio o la televisione. Questa non è verità, la verità è il progressive, il jazz, la musica classica o quella etnica contaminata con il basso e la batteria”.
Perché “Le Orme” hanno un successo maggiore all’estero che in Italia?
“Noi abbiamo lo stesso successo in Italia di quello che abbiamo in Inghilterra o in America. Il problema è che in Italia la musica che noi facciamo, cioè il progressive, non è organizzata. Mentre all’estero ci sono i festival. Il 12 settembre in Canada per un festival rock progressivo, in tre giorni i posti erano già esauriti, hanno dovuto cambiare teatro perché continuavano le richieste. Se fai un festival in Italia, in una grande città, viene poca gente. Perchè in Italia il rock progressivo e tutta un’altra cultura”.
In cosa le Orme si distinguono con le altre due band che hanno avuto un percorso analogo, come il Banco e la PFM?
“Credo la melodia, il sapere melodico per me è importantissimo al pari del fattore strumentale. La melodia è alla base della diversità con il Banco e la PFM, perché loro fanno una ricerca basata sul fattore strumentale, noi abbiamo la caratteristica della melodia italiana, quella veneziana, della nostra terra, insomma”.
(foto A. Capone)