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Le Ossessioni e le Donne di Alfred Hitchcock

Creato il 12 aprile 2013 da Dietrolequinte @DlqMagazine

Valeria Arena 12 aprile 2013 Le Ossessioni e le Donne di Alfred Hitchcock

È quasi tutto discretamente nascosto nell’infanzia o nell’adolescenza, quel periodo nefasto e vorticoso che ti segna per il resto della vita. Schiere di psicologi viennesi avrebbero la bava alla bocca trovandosi di fronte a un individuo come Norman Bates, e farebbero i salti di gioia se solo gli fosse data la possibilità di studiarlo 24 ore su 24, un po’ è successo a Hitchcock. Quello del maestro del brivido non è però né uno studio psicologico né un’analisi psichiatrica, o un incontro ravvicinato del terzo tipo, ma un semplice colpo di fulmine, un innamoramento istantaneo. Tra Norman e Alfred c’è empatia e attaccamento morboso, quasi un legame spirituale che li fa viaggiare l’uno accanto all’altro, e che permette a Hitchcock di liberarsi e purificarsi dalle sue ossessioni e dai suoi traumi. Norman è quindi la catarsi di Alfred. Oltre alle motivazioni che hanno contribuito a rendere Hitchcock un uomo apparentemente possessivo e misogino, ma in realtà estremamente fragile e succube del mondo femminile, si aggiungono quelle relative alla carriera, all’età e al matrimonio con Alma Reville. È da qui che nasce Psycho, dal bisogno di reinventarsi, di uccidere metaforicamente i seguaci di un personaggio che in fondo non è mai esistito, di assecondare gli istinti più sfrenati e di proseguire una terapia che avrebbe continuato a dare i risultati sperati.

Le Ossessioni e le Donne di Alfred Hitchcock

Da un lato Norman, l’alter ego, l’esplosione dell’Io più recondito, e dall’altro Alma, la bilancia, la retta vita, e tutte le sue donne. Anche qui dovremmo andare in profondità, alla ricerca dei momenti che hanno trasformato il mondo femminile hitchcockiano in quello che realmente è stato: un recinto di donne considerate punti di riferimento stabili e inespugnabili, in grado di generare un terremoto emotivo nel momento in cui fossero venute meno al loro ruolo. Il solo pensiero di un tradimento e la scelta di una vita privata florida, in contrapposizione a una carriera cinematografica fiorente accanto a lui, getta Hitchcock in un vortice tanto buio e cupo quanto la maggior parte delle sue pellicole. Basti osservare la piscina, simbolo di una relazione interpersonale fulcro essenziale della fortuna e del successo del maestro del brivido, e il suo ricoprirsi di foglie morte difficilmente raggiungibili.

Le Ossessioni e le Donne di Alfred Hitchcock

Quel che è tangibile dal film di Sacha Gervasi è che Hitchcock è essenzialmente un Norman Bates con qualche rotella in più, a cui mancano i vestiti della mamma riesumata e il famoso coltello. Ognuno d’altronde possiede gli strumenti di riferimento che si merita. Il regista londinese conserva dalla sua la tecnica, l’ironia, l’umorismo, una fervida intelligenza e una moglie portatrice sana di pantaloni, mentre Norman è da solo con la sua psicosi; entrambi però sono stati sedotti e abbandonati dall’universo femminile. Quel «perché mi tradiscono tutte», il guardare dallo stesso buco da cui Norman osserva la sua vittima e la sensazione di malessere causata dal distacco e dall’allontanamento delle donne della sua vita, bastano da sole a inserire il maestro Hitchcock nella schiera degli amletici clinici, quelli per cui la figura femminile sarà sempre un angelo demoniaco da cui è difficile fuggire, da cui si vorrebbe essere riacciuffati ogni volta che si finge di scappare di casa, come quando da adolescente ti preparavi una piccola borsa e ti nascondevi nel sottoscala, il viaggio più lungo della tua esistenza da giovane ribelle. Agli eredi del signor Freud lascio il divertimento di studiare le motivazioni che hanno spinto Hitchcock a diventare un docile Norman Bates. Di materiale in fondo ce n’è tanto.

Le Ossessioni e le Donne di Alfred Hitchcock

Se ne sono spese tante di parole sul suo cinema, le sue storie e i suoi protagonisti, e si continua ancora a farlo, poi però arriva la scena della doccia e in pochi secondi tutto quello che hai tentato di spiegare per almeno una cartella viene sintetizzato da piccoli attimi, e ti rendi conto che la capacità connotativa dell’immagine cinematografica è difficile da combattere, a meno che tu non abbia l’abilità critica di certi commentatori televisivi e politici che ultimamente fanno a gara per riempire il muro della vergogna. Nella violenza delle coltellate date dalla mano di Hitchcock e nell’interscambiabilità delle vittime c’è tutto: la guerra con i produttori, l’estenuante voglia di dimostrare la reale grandezza e profondità del suo cinema e la necessità di proteggere le donne della propria vita. Da qui una sacrosanta verità, spesso dimenticata: il non poter ignorare il privato di un qualsiasi uomo operante nel settore dell’industria artistica e culturale, il considerarlo un organismo impermeabile agli stimoli esterni ogni qual volta si dedichi a un progetto lavorativo e il credere che il lavoro, qualsiasi tipo di lavoro, sia un compartimento stagno abitato da robot antropomorfi.

Le Ossessioni e le Donne di Alfred Hitchcock

Hitchcock siede sul lettino di Norman Bates non perché una mattina si è scoperto appassionato della suspense e del brivido, ma perché il nodo della questione sta tutto nella scelta del suo protagonista. Immaginatelo pure in abiti femminili con un coltello tra le mani o sul letto mentre abbraccia la mamma morta, o tutte le donne della sua vita andate via, ma ricordatevi che il segreto è sempre lì, in quello che non vediamo, in ciò che avviene dentro le mura domestiche. D’altronde la Ephron, con l’esattezza da reporter che la contraddistingue, ricordata in questi giorni dall’amico Tom Hanks, ce l’aveva già riferito quando raccontò a tutti il tradimento del marito con un’amica, dando vita a un grande libro e a un bel film, e continuò su questa strada, un po’ come Philip Roth, la sua straordinaria carriera.

In copertina: Immagine tratta da Psycho (1960) di Alfred Hitchcock

Le Ossessioni e le Donne di Alfred Hitchcock


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