Aljarida pubblica nell’ultimo numero un articolo dal titolo “Posto che vai insulto che trovi” (p. 18-19). Mi ha colpito perché l’autore afferma, dopo aver sottolineato la presenza di parolacce in Italia come esprimento linguistico in continua evoluzione:
“In arabo sono molti gli insulti, ma poche le parolacce”.
Ohibò, anche in questo gli arabi sono “diversi”?
“Al contrario dell’italiano, la lingua araba è molto attenta a non incorporare intercalari volgari”.
Eh? Probabilmente vivo su un altro pianeta. O frequento le persone sbagliate, il che è altamente possibile. Ma a me risulta che le parolacce esistano in dialetto e in classico (la prima l’ho imparata da Abu Nuwàs).
Mannaggia. E io che una volta vecchia ho già il mio progetto di ricerca sul quale da anni raccolgo materiale: “Zibb, zuqq, zoz: il morfema zà’ quale indicatore di organi sessuali nel dialetto algerino”. Anni e anni di raccolta di materiale inutili.