Una giornata particolare, quella di ieri. La rivincita della politica sull’improvvisazione, sul qualunquismo, sulla presunzione dei parvenu, inebriati da una considerazione istituzionale immeritata o da un’esplosione di consenso superiore alle aspettative. La rivincita dei contenuti sulle parole, sugli slogan. C’è chi si è nomato Scelta Civica e ha girato il capo davanti a due scelte civiche esemplari. C’è chi si è autoproclamato unico portatore della trasparenza e si è blindato in riunioni segrete, emettendo prima comunicati contraddittori, poi diktat epurativi del grande capo.
E’ stata soprattutto la rivincita di Bersani, considerato a torto un cavallo zoppo, dopo l’esito insoddisfacente delle elezioni, ma ora prepontentemente ridiventato cavallo di razza. Una mossa, la sua, che apre brecce non solo nei gruppi dei 5stelle e dei montiani, ma in tutte le compagini parlamentari. I senatori 5stelle che hanno votato per Grasso sono già stati invitati a fare i bagagli dal gruppo. Tra i montiani, la leadership del professore è stata messa pesantemente in discussione. I leghisti hanno bisogno urgentemente di un governo che interloquisca con le regioni del nord. La leadership del pdl è sempre più debilitata dalle note vicende del capo.
La via per il governo Bersani rimane stretta, ma il segretario del Pd, impacciato in una campagna elettorale appiattita sul ventre molle dell’elettorato, si è ritrovato perfettamente a suo agio nel momento in cui si è trattato di interpretare le dinamiche di un Parlamento inedito, rimarcando le differenze tra il politicante e lo statista.
La prospettiva di una maggioranza a geometrie variabili, perseguita tenacemente da Bersani immediatamente dopo l’esito elettorale, come unica via per salvare capra (la governabilità) e cavoli (non portare altro fieno nella cascina di Grillo, con la riproposizione di governi impopolari), appare, oggi, un po’ meno improbabile.