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Le parole e le cose

Creato il 14 novembre 2012 da Povna @povna

Riunione della commissione ambiente: nella soporifera atmosfera delle due del pomeriggio (nella quale, per citare GG, si riscalda l’olio al punto giusto e si frigge aria di ottima qualità), la ‘povna e Mafalda ascolticchiano moderatamente, facendosi perlopiù (e più grandemente) i cazzi loro.
A un certo punto però le parole della Compaesana costringono la ‘povna a risollevare, brusca, la testa:
“E poi abbiamo questo progetto approvato dalla regione perché è fichissimo, originale, splendido, sull’educazione civica, la rappresentanza, la democrazia… Abbiamo già iniziato i primi incontri, i ragazzi sono entusiasti”.
“Interessante, Compaesana, è quello di cui voleva avere notizie Voglio-la-mamma. Me ne dai qualche particolare? Chi lo organizza? Si trova online?”.
“La referente sono io, in esclusiva, vi ho partecipato tutta da sola, bravissima” – replica lei a ruota libera, senza accorgersi che sta per scivolare sulla classica buccia di banana.
“Ma dai!” – commenta la ‘povna con tono sornione e entusiasta (anche se, chi la conosce…) – “un progetto di educazione civica che hai scritto in solitudine assoluta, ma che bello! E che cosa dice mai, questo progetto figo?!”.
Segue una spiegazione insieme dettagliata, confusa e come sempre logorroica, dalla quale la ‘povna (che ogni tanto si è pure riaddomerntata, perché quando la Compaesana parla è impossibile non farlo) ha tratto, riassunte, le seguenti informazioni.
- la Compaesana (che insegna Pozioni al triennio, cioè una materia del tutto scientifica) si è autoproposta come responsabile unica di un progetto legato alle materie cosiddette umanistiche, semplicemente perché, essendo vicepreside, l’ha intercettato prima di tutti – senza chiedere, per questo, non tanto l’aiuto della ‘povna, ma nemmeno quello degli altri venticinque (venticinque!) colleghi di materia;
- il progetto (chissà perché) è stato bocciato dalla regione per tre anni, fino a che lei, stufa (ma ben decisa a continuare in solitudine), non ha copiato quello (modulato per le scuole elementari) di un vicino comune;
- l’idea geniale prevede di educare gli alunni a stendere una sorta di manuale della rappresentanza, mandandoli, durante l’anno, a una serie di seminari di esperti su gestione del gruppo, life-skills, comprensione dei conflitti – in altre parole, esattamente quelle metodologie e quelle esperienze che la ‘povna e Voglio-la-mamma vivono ogni anno, portando le loro classi in Appennino, e che nessuno dell’altro plesso, cui la Compaesana appartiene di diritto, nonostante le loro ripetute e accorate richieste, si è degnato di prendere in considerazione);
- il costo dell’esperienza in Appennino è di circa 100 euro (per tre giorni completi) a ragazzo; qui solo per la voce “merenda” si parla di svariati millemila;
- le due conduttrici esperte stanno educando i ragazzi, per esempio, a scrivere manifesti di propaganda basati su un’idea alla Matteo Renzi: c’est à dire, nell’atmosfera del tutto virtuale di un gioco di gruppo, comporre per esempio una campagna elettorale a rappresentante di classe basata sulla delegittimazione (scritta, appesa alle pareti della classe, sotto forma di slogan imbarazzanti) dell’avversario;
- sempre per educare alla democrazia, le stesse conduttrici hanno inventato la “regola della flessione”, intesa come esercizio fisico. In soldoni: se qualcuno dei ragazzi dice o fa qualcosa che loro reputano fuori dalle regole, si becca dai 50 ai 200 piegamenti di punizione corporale;
- per garantire (anche se in teoria è rivolto ai rappresentanti di classe) la partecipazione di tutti, a questo gruppo (comunque volontario) di studenti è stata aggiunta una quota di sorteggio, comprendente (no, non è uno scherzo): donne, disabili e numero non meglio specificato, di “ragazzi vari”.
Su questa ultima osservazione, la ‘povna è stata strappata dai sogni dove si era rifugiata la sua mente:
“Ho capito, Compaesana, grazie” – la ‘povna cerca di unire, nello stesso tono, educata partecipazione e distaccato disprezzo (mentre intanto pensa, visto che il progetto dal titolo pareva fichissimo, alla distanza siderale che può esistere, in questi contesti, tra parole e cose).
“Certo, forse se pensassimo a introdurre anche un numero adeguato di negri, comunisti, ebrei e omosessuali il parallelo con un film americano buonista (o con l’Avvelenata di Guccini) sarebbe più coerente” – ha avuto la tentazione di aggiungere. Ma poi ha deciso che non aveva tempo per scatenare una discussione che avrebbero capito solo in due.
“Beh, sì, è proprio un’idea originale, nuova, di cui sono orgogliosissima” – ha detto la Compaesana che intanto proseguiva per la via, senza capire niente – “anzi, mi chiedevo se, nel vostro plesso, non vuoi essere il coordinatore…”.
Largo sorriso, parole distaccate e scandite fermamente: “Mi spiace, Compaesana, ma lo sai, sono in part-time, non posso”.
“No, ma dicevo, magari informalmente…”.
“Magari anche no”, ha concluso con un sorriso la ‘povna, rispolverando per l’occasione il motto del 2007.
“Certo, ti piacerebbe” – avrebbe voluto aggiungere – “così gli eventuali guadagni (per esempio mi chiedo perché il progetto preveda l’acquisto di altri 5 computer, visto che ne abbiamo mille) vanno comunque tutti a te, senza bisogno di dividere” – ma ancora una volta la ‘povna si è astenuta, magnanimamente, dal dare voce a tali sordidi pensieri.


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