Magazine Famiglia
Ho immaginato una cosa innaturale e che riguarda l'aria. E' per questo che torno per un attimo al discorso di ieri sulla morte repentina di un uomo colpito da un proiettile al cuore. Ci torno e, per tornarci, è evidente che quel corpo sdraiato su un marciapiedi non mi apparteneva. Probabilmente non troppo convinto dalle mie stesse parole sull'inappellabilità della fine, ho pensato: se quella persona distesa in terra avesse un'ultima occasione di una boccata d'aria - non mi spingo a pretenderne addirittura un'ora, anche perché una fine, in teoria, è molto più definitiva e rapida di un ergastolo - che utilizzo farebbe di quest'ultimo, inatteso regalo? Se dovesse scegliere, quell'uomo più morto che vivo respirerebbe quell'ennesimo ossigeno, piovuto dal cielo come una manna, o lo spenderebbe in parole? Protendo per la seconda, volatile possibilità. Preferisco ipotizzare la scelta verbale. Mi piace immaginare un ultimo, estremo tentativo di difesa, ovviamente non quello ormai inutile contro la pistola che ha sparato, ma nei confronti di chi ha raccolto il corpo da terra. Una possibilità assurda di fare chiarezza, di dire le cose come effettivamente stanno a quelle persone frettolose e che, per riempire - tanto per dire - l'aria di parole, tirano conclusioni azzardate. Una spiegazione: guardate che vi sbagliate di grosso, io sono così e non come dite voi, la mia vita è stata questa e non quella che, non sapendo nulla di me, potete soltanto ed erroneamente immaginare. Un ultimo, l'ennesimo ma definitivo bisogno di verità. Un messaggio affidato alle parole. Le parole che non sono altro che aria e che a volte svaniscono prima di raggiungere la porta di casa. Aria necessaria non meno di quella che respiriamo. L'aria che non è che un mezzo per farci vivere anche quando stiamo per morire. Le parole che non sono altro che un respiro. Un respiro perfino stanco ma necessario, finché ci sarà una bocca che lo possa emettere e orecchie che sappiano intenderlo. Nonché la condizione fondamentale che il pregiudizio si faccia da parte, per una e per l'ultima volta nella vita.