Si tratta di un vecchio romanzo di fine Ottocento (1893), uno dei tantissimi che vennero scritti e pubblicati in quello che fu l’acme storico del colonialismo franco-europeo, che in quel periodo guardava all’ Africa con speciale e mirato interesse.
L’Harmattan, nota casa editrice parigina, anni fa ha riproposto, e con discreto successo di pubblico, il libro di Edmond Deschaumes perché le argomentazioni proposte nel racconto,secondo i curatori, nonostante il trascorrere del tempo, risultano essere, anche oggi, di forte attualità per il taglio più filosofico che esotico della scrittura stessa.
Uno scritto, insomma,a loro dire, più da scienziato sociale che da letterato. E che, proprio per questo specifico, merita attenzione.
Ciò che attualizza la narrazione poi è, soprattutto, l’essere stato capace da parte dell’autore di squadernare con meticolosità tutto il discutibile retroterra culturale dell’impresa coloniale francese.
E nell’analisi di certi dettagli, perciò, non si può non essere d’accordo, alla fine, con Deschaumes (mediocre scrittore di certo e caduto meritatamente, a detta dei critici, nel dimenticatoio) quando egli arriva a dire per bocca dell' "io" narrante : "Non sarò mai più un apostolo della civiltà. Che importa. Avevo creduto a questo miraggio, ora ne conosco le delusioni. Quando noi portiamo ai popoli neri le supposte luci del nostro vecchio mondo, le disprezzano e si buttano sulle cianfrusaglie che noi gli offriamo o sull’acquavite che li abbrutisce”.
Quanta verità in queste parole!
Questa riflessione dovrebbe attraversare la mente di parecchi, anche oggi, uomini e donne indifferentemente, che arrivano spocchiosi in Africa e con grande convinzione d’essere loro a insegnare al “povero negro”, quale che sia la motivazione e l’impresa ,che li conduce laggiù.
Poco è cambiato.Purtroppo.
Dietro certi ideologismi d’ogni epoca o anche “buonismi” di maniera, infatti, si cela sempre, anche quando non se ne è del tutto consapevoli, l’intento di sopraffazione. Il noto, appunto,"homo homini lupus”.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)