Il gelo mi serra le mani, le nubi passano alte e placide, c’è un’aria secca e ferma in prossimità della strada. Io cammino lungo il marciapiede mentre una macchina coi fari bassi mi segue a passo d’uomo. Tutto intorno non è ancora l’alba, è un precipizio notturno di silenzio e costellazioni. Nella macchina c’è una persona sola, un uomo o una donna non so, quando passa sotto un lampione il riflesso della luce sul vetro la nasconde ancora più del buio pieno. In ogni caso ho la certezza che la macchina sta seguendo proprio me. Non ho ragioni per avere timore, questo non è un quartiere tra i più pericolosi della città, anzi direi che è uno dei più tranquilli, e non c’è neppure motivo di credere che qualcuno voglia farmi del male per cause che mi sono ignote. La mia vita, in fondo, scorre abbastanza tranquilla, certe architetture di fuoco ormai me le sono lasciate alle spalle, abito in una casa che è al contempo un castello, una cripta, una torre e una caverna, e non ho bisogno di molto altro rispetto a quello che già possiedo. Ma c’è questa intangibile visione, questo pedinamento misterioso a cui non so attribuire una ragione. E allora cerco di non pensare, in fondo sono quasi arrivato a destinazione, la mia macchina è parcheggiata dietro l’angolo, devo solo attraversare la strada e imboccare il marciapiede a sinistra. L’essere misterioso che mi pedina rallenta e si ferma, mi concede addirittura di attraversare. Faccio un cenno con la testa, come a ringraziare, potrebbe essere – penso – un modo buono per ingraziarmi questo killer occasionale, chissà che la mia buona educazione non lo convinca a recedere dal suo intento diabolico. In quel momento abbassa il finestrino, spunta una testa piena di riccioli scuri, un paio di occhiali da vista con una montatura classica dorata, una ragazza con un’espressione colma di speranza. – Sta uscendo con la macchina? – mi fa. Ecco il suo proiettile, il respiro della luce viva, la polvere di questo agguato notturno tra i più ridicoli che io ricordi. Mi viene da sorridere, ma la mia faccia è paralizzata dal gelo. Le indico la macchina lì dietro l’angolo. Lei si accende di esaltazione. – Grazie, è un’ora che giro e non trovo un parcheggio, – esulta. Le piccole gioie umane a volte mi impressionano. E ogni cosa in questa città mi invita a partire.
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