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"Le "piramidi" del Daghestan" o "Cosa c'è dietro i conflitti "religiosi" del Caucaso"
Creato il 17 luglio 2013 da MatteoProvocano una guerra religiosa, coprendo interessi economici. Il nostro corrispondente ha fatto luce sul perché "sulle montagne" le automobili sono così convenienti e i soldi cadono letteralmente dal cielo...
15.07.2013
Negli ultimi tre mesi il villaggio daghestano di Chadžalmachi compare continuamente nelle cronache criminali. Chadžalmachi non è solo la patria della maggiore piramide finanziaria, che ha derubato essenzialmente mezza repubblica. Ma è un luogo dove regolarmente avvengono omicidi, pestaggi, sparatorie. Tutto il villaggio è sotto il fucile – nelle pattuglie popolari, "in aiuto" a loro sono state introdotte unità delle truppe interne. "Lottiamo con i wahhabiti [1], uccidono i nostri", – dichiarano gli abitanti del villaggio.
A novembre dell'anno scorso nel villaggio fu ucciso l'imam della moschea centrale, tuttavia la "minaccia" proveniente dai wahhabiti è evidentemente esagerata. E ad un'osservazione più da vicino diventa del tutto evidente: alla base dei fatti di sangue c'è un conflitto economico tradotto con mano esperta sul piano religioso.
Abbiamo cercato di far luce su chi e come abbia organizzato una piccola guerra civile in un distinto villaggio.
La "caccia alle streghe" Ampie case imbiancate, strette l'una all'altra, minareti appuntiti delle moschee, giardini di albicocchi – il villaggio Chadžalmachi si stende per quasi 10 chilometri in una gola dell'ovest del Daghestan. Entriamo nel villaggio verso sera, subito fermano e ispezionano la macchina. Verso la moschea centrale non si può passare normalmente con i mezzi o a piedi. La strada è bloccata da una sbarra artigianale, vicino ci sono tettoie montate in fretta, sotto di esse siedono abitanti del villaggio armati, circa dieci persone – proteggono la moschea. Chi con fucili da caccia, chi con mazze, chi con bastoni, i loro volti non sono accoglienti. Si gettano su ogni persona che gli passa davanti, perquisiscono le macchine: "Chi siete? Da dove venite? Perché siete qui?" Lì vicino stanno due combattenti del gruppo di fuoco speciale (SOG [2]) in tuta mimetica con i mitra, sono qui per tenere la situazione sotto controllo, ma è evidente che anch'essi stanno scomodi.
– Mi è rimasto qualche giorno di turno. Che piuttosto ci buttino via di qua, – mi dice a mezza voce un combattente del SOG che sta lì vicino. – A Gimry [3], per esempio, là c'è pure il regime di KTO [4], ma tutto è chiaro e la gente è normale. Ma qui la kaša [5] e l'ordine sono da animali. Ha sentito che fanno con le loro donne?
Più di un mese fa, il 4 giugno, ignoti portarono via dalla sua casa la 43enne Umijum Rabadanova, questa viveva con la madre e due bambini, uno dei quali è invalido. I familiari denunciarono il sequestro alla polizia del distretto. Ma cinque giorni dopo il corpo deturpato della donna fu trovato sulla riva del fiume. La polizia non ha definito ufficialmente i motivi dell'accaduto, ma gli abitanti del posto lo sanno: la "colpa" della donna stava nel fatto che la polizia locale annovera suo fratello tra i guerriglieri.
Negli ultimi tre mesi sotto il segno della lotta con i wahhabiti nel villaggio sono avvenuti sette crudeli omicidi. Per primi ad aprile di quest'anno furono uccisi gli Achmedov, padre e figlio. Il figlio aveva 33 anni, suo padre 74. Per quanto assurdo suoni agli Achmedov, si può dire, andò bene. Li uccisero semplicemente a colpi d'arma da fuoco. Qui picchiano a morte nelle moschee, cospargono le persone di benzina, minacciando di dargli fuoco; qui esigono che quelli che i membri delle pattuglie popolari ritengono salafiti compaiano in moschea e si pentano davanti al popolo. Qui regnano la paura e la crudeltà primordiale. Per il villaggio non può passare una sola macchina. I "membri delle pattuglie" con le armi a tracolla frugano sfacciatamente le automobili, controllano i documenti, fanno i maleducati – col pretesto di cercare wahhabiti. Me l'hanno raccontato con indignazione i ragazzi dei villaggi circostanti.
Dopo l'uccisione degli Achmedov ad aprile la "caccia alle streghe" per motivi religiosi ha preso a salire di giri. E' comparsa una "lista per la fucilazione" di salafiti. E' iniziato l'esodo di massa. Ad oggi più di 20 famiglie hanno lasciato le loro case. Le famiglie daghestane sono numerose: 10-20 persone e più. Se ne sono andate in fretta, salvando i bambini. Le loro case sono rapinate perché i vicini hanno paura di proteggerle.
Un anno e mezzo fa a Chadžalmachi furono inviate unità delle truppe interne, parte di esse stanno nel centro del villaggio sui BTR [6] e ispezionano le macchine che passano per il villaggio. Alla domanda: "Di che si tratta, forse nel villaggio c'è un'operazione antiterroristica?" – rispondono: "No, siamo stati mandati a sostenere la polizia locale e i membri delle pattuglie". Sostenere in cosa, i combattenti non sanno spiegarlo in modo sensato.
Nessuno dei casi di omicidio avvenuti nel villaggio negli ultimi tre mesi è stato risolto. Tranne, forse, uno. Il 30 giugno per Chadžalmachi passò una jeep di funzionari importanti. Nella macchina si trovava un collaboratore del Rossel'choznadzor [7], come pure il consigliere della rappresentanza permanente del Daghestan presso il presidente della Federazione Russa Artur Zacharjan e il collaboratore della RusGidro [8] Ruslan Magomedov. La macchina fu fermata dai membri delle pattuglie, fu perquisita e i documenti furono controllati. Tuttavia, quando i funzionari tornarono indietro, li fermarono di nuovo… Dopo uno scambio di parole il guidatore dette gas. Per tutto il villaggio i funzionari furono inseguiti da macchine di abitanti di Chadžalmachi, che spararono alla jeep. Di conseguenza furono colpiti tutti i funzionari e furono portati in ospedale con ferite di varia gravità. Ma il collaboratore della RusGidro Ruslan Magomedov ricevette una pallottola nella tempia. Dopo essere stato in coma 10 giorni, Ruslan Magomedov morì all'ospedale del distretto di Levaši [9] senza riprendere conoscenza. La RusGidro è un ufficio importante; agli abitanti di Chadžalmachi fu posto un ultimatum: se in tre ora non avessero consegnato gli sparatori, il regolamento di conti sarebbe stato del tutto diverso. Al momento "si trovò" la persona che avrebbe sparato a Magomedov. Gli abitanti di Chadžalmachi lo misero nelle mani della polizia, ora si trova sotto inchiesta.
Il piroscafo di Taškapur Chadžalmachi è sempre stata famoso per la sua agiatezza e gli abitanti di Chadžalmachi per la loro vena commerciale. Perfino in epoca sovietica si ingegnarono di vivere alla grande: chi tesseva scialle, chi si occupava di speculazione. Molto recentemente, come affermano i materiali di un procedimento penale per frode, nell'agosto 2012 un intraprendente meccanico di Taškapur (di fatto sobborgo di Chadžalmachi) Magomed seguì le orme di Sergej Mavrodi, il fondatore delle piramidi finanziarie russe. Inventò il seguente schema: i clienti formalizzano l'accordo di compravendita di una nuova Priora [10] a prezzo fortemente ribassato (se sul mercato la Lada Priora costa 350-400 mila rubli [11], Magomed la "vendeva" sui 250 mila) con pagamento anticipato. Dopo 25 giorni il cliente riceveva una macchina nuova. Inoltre i compratori potevano subito vendere l'automobile al venditore già a prezzo di mercato e dopo 50 giorni ricevere una seconda macchina. Lo schema, che ricevette tra il popolo il nome di "piroscafo di Taškapur", fruttò in modo inaspettatamente rapido. A Chadžalmachi provò questo schema un'altra persona intraprendente – Timur. Da Magomed e Timur comparvero i loro concessionari, a ognuno dei quali furono assegnati determinati distretti della repubblica. I principali concessionari a Chadžalmachi divennero i rappresentanti del tuchum[13] Ajjazaz, andarono per la repubblica e raccolsero soldi. Nel 2012 la piramide di Taškapur (leggi: di Chadžalmachi) assunse le dimensioni di una follia collettiva. Per investire nella piramide la gente vendeva le ultime cose: case, appartamenti, denti d'oro, si indebitava, prendeva crediti.
E' curioso un altro dettaglio dello schema: la piramide, si può dire, era benedetta dalla religione. La ricezione di percentuali dal denaro, l'usura, ciò su cui è basata qualsiasi piramide finanziaria – il frutto dell'usura – è una cosa severamente proibita nell'Islam. Il Daghestan, sebbene non omogeneo e multiforme per grado di rapporto con la religione, è comunque uno spazio islamico. E' evidente, perciò perfino negli anni '90 le piramidi non toccarono il Daghestan fortemente come altre regioni della Russia. I creatori della piramide di Taškapur avevano pensato come aggirare questa irritante spiacevolezza. Formalmente nella piramide non giravano i soldi, ma le merci degli investitori – le Priora – cioè si compieva una compravendita. Compri una macchina a prezzo ribassato e quando vieni a ritirarla, ti propongono di comprarla di nuovo, per poi darti già due macchine. Per mantenere la forma secondo l'Islam devi sederti in macchina andarci 5 metri avanti e 5 metri indietro ed è tutto, hai usato la macchina e ora puoi venderla. Inoltre si dice che i concessionari di Chadžalmachi andassero per la repubblica con il timbro della moschea locale, convincendo gli ingenui montanari che dal punto di vista della religione era tutto pulito. Gli credevano.
I distretti di Karabudachkent [14], Akuša [15] e Chasavjurt [16], i punti di raccolta del denaro erano aperti in tutta la repubblica. A Chadžalmachi quelli che volevano dare i soldi si mettevano in fila dall'alba. I clienti più intraprendenti, per non stare in piedi per ore, legavano pacchi di soldi con lo spago, mettendo lì un foglietto con i loro cognomi e li gettavano nei cortili dei concessionari oltre la cancellata. I soldi cadevano letteralmente dal cielo. I concessionari si arricchirono in modo favoloso. E se all'inizio almeno qualche accordo ufficiale di compravendita era comunque concluso, presto cessarono di fare anche questo. Per di più presero perfino l'impegno scritto dalla gente che in caso di mancato pagamento delle percentuali non avrebbero avuto rimostranze nei confronti dei concessionari. Era una psicosi di massa.
Il crac della piramide Secondo una notizia posta il 9 luglio nel sito del Ministero degli Interni del Daghestan, la piramide crollò nel novembre 2012. Tuttavia, secondo le mie notizie, fu molto più tardi: per inerzia la gente per qualche mese ancora portò comunque i soldi ai concessionari. E i motivi per cui fu aperto un procedimento penale non sono ancora chiari. In Russia tutti ricordano che non fu Mavrodi che distrusse la sua MMM. La distrusse lo stato, aprendo un procedimento penale e di fatto togliendo al fortunato imprenditore tutta la responsabilità finanziaria mettendolo in prigione. Allora a molti sorsero domande su quanto e chi degli agenti delle strutture armate avessero una quota. C'è una situazione analoga anche in Daghestan. Secondo le mie notizie, al momento dell'apertura del procedimento penale la piramide era all'apice della fioritura, il danno derivante dal suo crac si calcola in 24 miliardi di rubli [17] e questo senza contare le fiabesche percentuali.
Qualche giorno fa nel sito del Ministero degli Interni del Daghestan è apparso un annuncio. "Nel 2012 da parte di un gruppo di persone native del villaggio di Chadžalmachi nel distretto di Levaši fu creato un gruppo criminale, che nel periodo da agosto a novembre 2012 si occupò della raccolta di mezzi finanziari e proprietà di cittadini con il pretesto di fargli ottenere alti profitti a breve termine. Gli organizzatori della piramide finanziaria sono stati arrestati. Si fa richiesta alle vittime di rivolgersi alla polizia". Ma il piccante della situazione sta nel fatto che in un certo momento la maggior parte dei soldi non sia arrivata ai reali organizzatori, fermandosi nelle tasche dei concessionari, i più intraprendenti tra i quali erano i fratelli del tuchum Ajjazaz di Chadžalmachi.
La psicosi di massa si volse dal lato opposto. A iniziare da marzo di quest'anno nel villaggio si sono trascinati gli infuriati investitori di tutta la repubblica, esigendo i propri soldi. Qui già sorge la questione della sopravvivenza fisica dei concessionari. E per casuale coincidenza, proprio in questo momento nella moschea centrale fu tenuta la riunione dell'attivo del villaggio con a capo i rappresentanti del tuchum Ajjazaz. Di fatto fu un consiglio di guerra. Là fu annunciata l'assunzione dell'eresia medievale sul fatto che i salafiti (una cosa analoga ai Vecchi Credenti [18] nell'Islam) sono settari e oscurantisti, che si preparano a uccidere i musulmani e che in generale l'uccisione di un salafita è cosa gradita a Dio, perciò è necessario ucciderli. In generale furono pronunciati discorsi che ricadono pienamente sotto tutti i commi dell'articolo 282 del Codice Penale della Federazione Russa – "creazione di una comunità estremista e incitazione all'inimicizia religiosa". Tuttavia il capo della polizia del distretto Magomedrasul Gadžiev e i suoi 15 agenti investigativi, presenti alla riunione, non ebbero niente in contrario. La videoregistrazione della riunione stessa si può trovare facilmente nello hosting di YouTube. Il consiglio stabilì: auto-organizzarsi in pattuglie popolari; il capo, a sua volta, si ripromise di "aiutare" i membri delle pattuglie con unità delle truppe interne. Dopodiché quasi tutta la popolazione maschile di Chadžalmachi fu mobilitata in modo forzato. Organizzarono 25 gruppi di 20 persone, gli dettero delle armi (quanto legalmente i "membri delle pattuglie" le portino e le usino è un'altra questione) e presero a pattugliare il villaggio e la strada federale che passa per il villaggio. Bisogna dire che il distretto di Levaši, a differenza dei distretti vicini, è un posto abbastanza pacifico sul piano delle organizzazioni clandestine armate. Là la gente preferisce occuparsi di commercio e non di guerra. Perciò in tutta la storia della contrapposizione armata in Daghestan le persone provenienti da Chadžalmachi che siano passate con i guerriglieri si possono contare sulle dita. Là ci sono effettivamente i salafiti, ma, tenendo conto delle dimensioni del villaggio - circa 10 mila persone – la loro percentuale è misera. Solo un anno fa nel villaggio comparve una piccola moschea salafita (in tutto nel villaggio ci sono 11 moschea), dove andava qualche decina di fedeli. A novembre, nel pieno della follia intorno alla piramide, fu ucciso l'imam della moschea centrale di Chadžalmachi. Se ne assunsero la responsabilità i guerriglieri del distretto vicino, dichiarando di aver ucciso l'imam perché sosteneva le piramidi finanziarie, proibite nell'Islam.
Ora il villaggio è in stato di guerra, di fatto si difende dagli investitori infuriati di tutta la repubblica. Sarete d'accordo, sotto la copertura dei combattenti delle truppe interne non molti coraggiosi si decidono ad esigere i propri soldi dagli abitanti di Chadžalmachi. Gli stessi concessionari della piramide finanziaria non se ne vanno dal villaggio, tenendo là una difesa a cerchio.
"La contrapposizione ai banditi talvolta prende forma di protesta spontanea. Là, dove la gente è stanca di aver paura, comincia ad auto-organizzarsi Li aiuta il capo della polizia distrettuale", – racconta nel suo servizio su Chadžalmachi un giornalista della compagnia televisiva di Mosca NTV [19]. Ma gli abitanti del luogo raccontano che è come se, passando per il villaggio, il capo del Daghestan Ramazan Abdulatipov fosse andato all'amministrazione e avesse sostenuto l'iniziativa degli abitanti del villaggio di lottare con i wahhabiti con le proprie forze. La situazione nel villaggio è continuamente riscaldata dalle voci: i guerriglieri vogliono far saltare in aria la moschea o hanno quasi ucciso un bambino – e la gente ci crede, aspirando a fare a pezzi chiunque sospetti di simpatie per i wahhabiti. Far luce su come stiano le cose è ogni giorno più complesso. Le famiglie che hanno lasciato il villaggio temono con panico le provocazioni. "Le nostre case sono vuote e rapinate, là si può mettere furtivamente ciò che si vuole per dare un fondamento alla nostra persecuzione", – si lamentano. Ma il capo dell'amministrazione del villaggio Achmed Omarov insiste: "Nessuno qui perseguita i salafiti. E nessuno rapina le loro case. Se ne vanno perché non gli piace stare qui". "Gli attivisti locali dicono che se da noi verranno a mettere ordine i corpi speciali federali con i lanciamine, sarà molto peggio. Questa gente promette di cavarsela con i suoi problemi senza aiuto esterno", – finisce il suo servizio il giornalista di NTV. E bisogna dire che gli abitanti del luogo hanno effettivamente ragione, perché i corpi speciali federali ripuliranno non la mitica minaccia, ma chi commette abusi a Chadžalmachi.
Kris RAJVE
Daghestan – Bruxelles – Mosca
"Novaja gazeta", http://www.novayagazeta.ru/politics/59065.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)
[1] Nome con cui si indicano gli estremisti islamici in generale. [2] Dalla dicitura russa Special'naja Ognevaja Gruppa [3] Villaggio del Daghestan centrale. [4] KontrTerrorističeskaja Operacija (Operazione AntiTerroristica). [5] Pappa di cereali tipica russa. [6] Mezzi blindati russi. [7] Qualcosa come "ispettorato agricolo russo", ufficialmente "Servizio Federale per l'Ispettorato Veterinario e Fitosanitario". [8] Qualcosa come "Idroelettrica Russa", compagnia idroelettrica. [9] Villaggio del Daghestan meridionale. [10] Modello della Lada non esportato in Occidente. [11] Circa 8200-9400 euro. [12] Circa 5900 euro. [13] Stirpe. [14] Villaggio del Daghestan centrale. [15] Villaggio del Daghestan meridionale. [16] Villaggio del Daghestan centrale. [17] Circa 564 milioni di euro. [18] Scismatici ortodossi che mantengono le tradizioni precedenti la riforma dell'Ortodossia russa del XVII secolo. [19] TV privata finita sotto l'egida della Gazprom e del regime di Putin.
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