Pino Leuzzi. Eco sa di che si tratta: Joyce usa “dei dati culturali solo e anzitutto per fare della musica di idee: egli accosta delle nozioni, fa balenare delle connessioni, gioca sui richiami, ma non fa della filosofia”. Ma dopo averci oberati per un centinaio di pagine col tomismo di Joyce, anzi col non tomismo. Dopodiché insiste, ora sullo “schema trinitario”,con l’uomo o donna dello schermo – non della partouze? La modernità di Joyce nel Medio Evo? Certo che no. Cioè sì – tutti a nostro modo siamo nel Medio Evo. Ma non solo nel Medio Evo…
Eco ci dice che nel cap. “Eolo” “vengono impiegate tutte le categorie retoriche in uso”, e le elenca in sei o sette righe, “tanto per citarne la metà”. Vuole l’“Ulisse”, epifania del caos, ordinato secondo canoni, “schematismi”, anche se molteplici – “Matteo da Vendöme o Everardo il Tedesco si sarebbero compiaciuti di fronte alla regola ferrea che regge il discorso del’Ulysses”.E ha pagine lunghe su temi brevi. Il flusso di coscienza, per esempio, come percorso euristico e non tecnica narrativa? Anche il “nichilismo in un ordine irragionevole” denunciato da Blackmur, dopo Jung e Curtius, a prima vista così evidente, suscita perplessità. Per uno come Joyce che sempre scrive, cioè ordina, e non fa altro e non pensa ad altro, proponendosi nientemeno che di penetrare babele, rifacendola. “Finnegans”non ha poi bisogno di spiegazioni (poetiche): “È un mahjong”, diceva Joyce. Ogni libro di Eco si rilegge come un libro di Eco, e non come l’anamnesi o la paràfrasi di qualcosa. E dunque anche il suo Joyce si può rileggere come un gioco. Quasi la caricatura, però, del libro colto. C’è anche il vezzo fastidioso degli “a parte”, traslato dal teatro nella pagina tagliandola in due, quella di sopra a corpo doppio, in spazio variabile sulla base di quanto si vuole dire sotto, in nota, cioè accessorio, e quindi a corpo minuto, ma invariabilmente la parte più godibile (leggibile, interessante). Per esempio sullo “schema trinitario” sappiamo per caso, in nota, in due parole, del dato “biografico e psicologico” del “complesso di tradimento presente sempre nella vita privata di Joyce, del suo gusto quasi masochistico dell’adulterio subíto”, mentre Joyce “scambista” sarebbe tanto più succulento –mentalmente si capisce, come la celebre Catherine M. Featured image James Joyce.
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