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Le potenze dell’Asse e l’Unione Sovietica. Una storia da riscrivere?

Creato il 14 febbraio 2014 da Eastjournal @EaSTJournal

Posted 14 febbraio 2014 in Slider, Storia with 2 Comments
di Gianluca Ruotolo

Molotov Ribbentrop Mariondoss Flickr

Contrariamente alla vulgata ancor oggi in voga, prima dell’Operazione Barbarossa i rapporti tra l’Urss e la Germania nazista erano molto buoni: le due potenze infatti si prestavano mutuo aiuto tecnico ed economico, prima in via di fatto e poi sulla base di un trattato commerciale.

Ma i buoni rapporti datavano da ben prima, perchè – solo per fare un esempio – si deve sempre ricordare che dopo la prima guerra mondiale la Germania sconfitta non si poteva riarmare se non entro limiti stringenti e che in particolare esistevano forti limitazioni per quanto riguardava l’aviazione militare, proibita ai tedeschi.

Ebbene, in pochi ricordano che gli aviatori tedeschi andarono ad addestrarsi in territorio sovietico, dove venne loro messo a disposizione – fin dal 1925 – un grande campo di aviazione. In Urss venne anche costruita una fabbrica di motori aeronautici  (tedeschi) forniti sia all’aviazione nazista che a quella sovietica.

Tutto questo ci fa capire di che natura fossero le relazioni, e quale fosse la vicinanza tra i due paesi che portò, il 23 agosto 1939, alla stipula del patto decennale di non aggressione Ribbentrop-Molotov con cui, in sostanza, le due potenze si dividevano l’Europa anche in base ad un protocollo segreto.

Il volume “Le potenze dell’Asse e l’Unione Sovietica” presentato all’Istituto Sturzo va ben oltre, e ci fa capire bene cosa fosse l’innaturale alleanza tra l’Asse e l’Urss e quali fossero i rapporti quando essa si ruppe, perdurati (a livello di diplomazia segreta e per il tramite di paesi terzi) anche dopo l’aggressione tedesca all’Unione Sovietica.

L’approvvigionamento di grano e di petrolio. L’attacco proditorio dei tedeschi ed i rapporti sotterranei dopo l’Operazione Barbarossa.

Secondo Ettore Cinella, intervenuto alla presentazione del volume la guerra tra le due potenze iniziata con l’operazione Barbarossa non fu una guerra tra fascisti ed antifascisti, quindi non una guerra ideologica, ma una guerra come le altre per il controllo di aree strategiche e di risorse.

In particolare, Stalin sapeva dalle cancellerie degli Usa e della Gran Bretagna che Hitler intendeva attaccare, ma non diede seguito a queste segnalazioni nonostante ulteriori informazioni ricevute nell’imminenza dell’attacco da un disertore tedesco.

L’attacco, che colse le truppe sovietiche in un momento di cambio di assetto, fu quindi una assoluta sopresa perchè prima dell’inizio delle operazioni il dittatore sovietico aveva addirittura offerto ai tedeschi di concedere loro il controllo tecnico su alcune industrie nazionali. Come è noto da tempo il colpo fu tale che Stalin nella prima settimana delle operazioni ebbe un collasso nervoso e restò per alcuni giorni in precarie condizioni di salute. Dopo i primi bombardamenti dell’aviazione tedesca Molotov cercò addirittura un abboccamento con il ministro degli esteri tedesco Ribbentrop!

Non c’erano ragioni per attendersi un passo di quel genere, perchè dal 1939 in poi c’era un flusso continuo di materie prime dall’Urss alla Germania, principalmente grano dall’Ucraina e petrolio dal Caucaso, poi rimpiazzato solo quando i tedeschi misero le mani su quello rumeno.

I contatti segreti continuarono comunque durante la guerra, anche se con alterne vicende. Intorno al 1944 vi fu un’esplicita richiesta tedesca di pace separata condizionata però al controllo delle risorse alimentari ucraine anche attraverso la fondazione di uno stato autonomo, nonché dei campi petroliferi del Caucaso.

La politica estera del Terzo Reich e quella delle cancellerie alleate.

Per Eugenio Di Rienzo, tra gli autori del volume, la politica estera, a partire da quella del Terzo Reich, fu condotta da due centri diversi in modo talvolta confliggente. Il primo referente istituzionale era naturalmente il Ministero degli affari esteri, guidato da Ribbentrop; il secondo, invece,  l’Ufficio Esteri della NSADP ( il partito nazionalsocialista) giuidato da Rosenberg. La politica estera nazista, comunque, non era avvicinabile a quella dell’era bismarckiana.

Gli stati maggiori alleati, dall’altra parte, alla fine del 1939 ipotizzavano la c.d. “guerra seduta”  per sconfiggere la Germania. L’idea era quella di schiacciare tra due tenaglie l’Urss e la Germania stessa, prima dell’avvicinamento tra di loro.

Due dovevano essere le direttrici di questa strategia: la prima un aiuto alla Finlandia (aggredita dai sovietici) sul fronte baltico e scandinavo, con pressioni sui governi svedese e norvegese. L’altra un attacco aereo per distruggere i pozzi petroliferi del Caucaso da cui le armate hitleriane ricevevano rifornimenti, cosa che rendeva possibile lo strangolamento via mare della Germania. Questa seconda mossa, con lo stop alle forniture di petrolio,avrebbe portato al collasso l’economia sovietica. Era previsto anche un attacco turco al Caucaso russo, da realizzarsi nel quadro di un’alleanza tra Turchia, Grecia e Romania.

In quel periodo la Gran Bretagna aveva un altro problema: si temeva un piano russo-tedesco per per invadere l’Afghanistan porta dell’India, perla dell’impero britannico. Questa svolta della seconda guerra mondiale si arrestò solo perchè i tedeschi dilagano in Francia.

A questo punto,in una situazione completamente cambiata, Gran Bretagna e Francia insistettero per l’intervento sovietico contro la Germania, promettendo ai russi – attraverso l’ambasciatore francese – i confini successivi all’invasione della Polonia e dei Paesi Baltici.

Negli anni successivi, scoppiata la guerra tra tedeschi e sovietici, restarono i timori occidentali di una pace separata tra Urss e Germania. Queste paure erano fondate perchè anche ai tempi della battaglia di Leningrado, in discorsi pubblici, Stalin si rivolse al popolo tedesco (e non a Hitler) affermando di non volere la distruzione della Germania e della potenza tedesca. In quel periodo vi fu anche un’ apertura di Stalin al comitato dei tedeschi liberi (prigionieri di guerra in Russia, anche ufficiali e sottufficiali) alcuni dei quali occuparono poi posizioni ai vertici della DDR. A posteriori si può dire che Stalin pensava quindi ad una Germania stato satellite, ma in piedi.

Anche Kursk, l’ultima grande battaglia di carri persa dai tedeschi nel luglio 1943, avvicinò la pace separata perchè da un certo momento in poi la Germania si rese conto che non poteva più vincere e venne quindi ridotta a più miti consigli. Le trattative, che come si sa non andarono a buon fine, vennero condotte con la mediazione del Giappone.

Gli errori dei tedeschi e la politica estera italiana.

Secondo Emilio Gin, coautore del libro, uno dei principali errori di Hitler fu la sottovalutazione, sua e dei suoi principali collaboratori, della capacità di resistenza dei russi. Hitler e i suoi, infatti, dopo l’offensiva invernale del 1941 e fino a poco prima della battaglia di Kursk, erano convinti dell’imminenza del crollo sovietico, anche se proprio dopo l’offensiva invernale iniziarono a pensare ad una pace separata.

Un punto di estremo interesse è l’atteggiamento di Mussolini e il ruolo dell’Italia. La costante della politica estera mussoliniana, in momenti diversi (non belligeranza, guerra breve e guerra lunga) fu la volontà di arrivare ad una pace di compromesso. L’atteggiamento di Mussolini verso la Russia si spiega proprio in questi termini: una politica del pendolo, come definita da Grandi (espressione ripresa da Renzo de Felice). Mussolini, infatti, voleva spingere il Giappone a un accordo con la Gran Bretagna e gli Usa, non con l’Urss. Allo stesso tempo Ciano era per la ricostruzione di uno stato polacco formalmente indipendente.

Lo sviluppo sfavorevole degli eventi bellici portò Mussolini a moltiplicare – specialmente dopo El Alamein – gli sforzi per uan pace separata con la Russia. In quest’ottica l’Italia sfruttò il Giappone che fino alla fine del conflitto restò neutrale nei confronti dell’Urss.

Galeazzo Ciano ebbe un ruolo importante nella politica estera della prima parte della non belligeranza, sia verso la Finlandia che verso la Polonia, come rimarcato da Giorgio Petracchi.

Ciano aveva un atteggiamento antitedesco e antirusso, tanto che in quel periodo l’Italia aiutò la Finlandia aggredita dai sovietici, vendendo degli aerei (ma senza i piloti). In quella fase l’Urss temeva un avvicinamento tra il corpo di spedizione franco-inglese (che però non intervenne se non in Novegia) e gli italiani. Ad un certo punto – novembre 1939 – vi fu anche una collaborazione tra servizi italiani ed inglesi per lo scambio di informazioni sulla situazione del mediterraneo. Questo evento va ricordato perchè poco più di un mese prima era stato detto un no all’ammiraglio Canaris ed all’Abwehr tedesca.

Nella seconda parte della non belligeranza la Gran Bretagna strinse le maglie del blocco economico intorno all’Italia e Churchill propose a Mussolini uno scambio tra carbone inglese e pezzi anticarro italiani. Mussolini rispose di no, e da qui cambiò anche l’atteggiamento nei confronti della Russia. Infatti, nell’autunno/inverno 1941 fu proprio Mussolini a suggerire a Hitler una pace separata con l’Urss. La proposta sarebbe stata ricevibile anche da parte tedesca, anche perchè in quel periodo, in Germania, la lotta ideologica non veniva condotta contro il comunismo sovietico ma contro la Gran Bretagna e contro il liberalismo.

Foto: Marion Doss, Flickr

Tags: Gianluca Ruotolo, Seconda Guerra mondiale, storia, terzo reich, unione sovietica Categories: Slider, Storia


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