Ieri ho rivisto Predator. Nostalgia a palla, ma anche grandissimo spettacolo. Come sempre.
Non so come si facciano i film, adesso. Intendo, se sul set si crei una certa atmosfera di gita scolastica per ragazzi troppo cresciuti, coi bicipiti larghi quanto le teste, forse anche di più.
Una certa generazione di attori, quelli attorno a Arnold Schwarzenegger, che non c’è più. E non credo possa tornare. Ecco perché, vedendo il trailer di The Expendables 2, quelli come me sospirano.
Loro ci sono ancora, loro possono pronunciare certe battute e atteggiarsi a uber-fighi, e non sembrare ridicoli, se si eccettuano le effimere opinioni di chi ne fa una questione di antipatia personale, preferendo le autentiche acrobazie di Bruce Lee.
Ma tanto lo sappiamo, il cinema è finzione. E quel che conta è il gradimento.
L’idea geniale è fare di un culturista austriaco una macchina da soldi per il cinema. L’idea geniale è non sbatterlo fuori dell’ufficio quando Arnold entrò, sigaro acceso, e disse a De Laurentiis una cosa che più o meno risultava così: “Che ci fa un uomo così piccolo, dietro una scrivania così grande?”.
De Laurentiis era un tappo. Non che Schwarzenegger fosse un gigante, alto appena 183 cm, tutta la sua ordinarietà si staglia contro i 218 centimetri di Kevin Peter Hall, che lo affrontò nella giungla in Predator, eppure, fu uno scontro fra titani, quello tra Dino e Arnold.
Dopo quell’incontro si decise di fare un tentativo: Conan il Barbaro, per la regia di John Milius. E il resto è storia.
La storia del cinema d’azione che spesso si contaminava con la fantascienza. E i puristi storcono il naso: “Non è vera fantascienza!”.
E mi fanno ridere.
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Perché la grandezza dei film di Schwarzenegger è tale che dura nel tempo, crea malinconia, in confronto a ciò che oggi vediamo, eccetto rari casi, ed è dimentica delle critiche. Come già ebbi modo di dire, il film resta, voi (e le vostre critiche gne gne gne) no. Chi la spunta alla fine? La spunta lo Zio, col suo sigaro.
E non è il classico successo a posteriori. Qua si parla di idolatria già in atto nel momento in cui i film venivano girati. Tempi fascinosi, quelli, in cui i film nascevano da una battuta: “A Rocky manca solo di affrontare E.T. l’extraterrestre!”.
Detto fatto, nasce Predator. Rocky non c’è, ma ci sono Dutch e i suoi bicipiti.
Atmosfera da scolaresca in vacanza in Messico. E perché no? Schwarzenegger che fa alterare di proposito il cartellino recante la taglia dei suoi vestiti per convincere Jess Ventura che il suo bicipite fosse più largo di un pollice rispetto a quello del sette volte Mister Olympia, per indurlo a scommettere e a perdere.
Van Damme che se ne andava girando in tuta rossa sul set, accreditato come “effetto speciale”. Stesso motivo per il quale si incazzò e lasciò il film. Altri mondi. Adesso in Expendables 2 c’è anche lui, dopo aver sputato sul primo episodio. Mai stato un cima, in effetti.
Arnold indossava un orologio in particolare, che portava anche in Commando, il Seiko model H558-5009. Non valeva molto, ma divenne oggetto di collezionismo, venduto a prezzi folli.
Questo per dire che Arnold era una roba seria. Vestiva una cosa e il mondo la voleva. Immaginate se si fosse commercializzato com’è d’uso oggi.
L’orologio, per la cronaca, divenne noto come “The Arnold”.
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La multimedialità non c’era ancora. Il che significa che il cinema era chiuso, un piccolo ambiente in cui quei pochi facevano tanto, anche di più. Senza effetti speciali i film d’azione erano territorio di pochi, fenomeni da baraccone, unici nel loro genere, presi per le loro brutte facce e per i fisici possenti: Sonny Landham andava in giro sul set con le guardie del corpo, per proteggere gli altri da lui, incline alle risse.
Questi attori erano “grandi” quando io ero piccino. E il loro essere grandi, nel senso di adulti, era visto come irraggiungibile. Non i tizi senza torace che vediamo oggi. Qua si parla della stretta di mano tra Arnold e Carl, all’inizio di Predator, con quei bicipiti che si incontrano.
Facciamo due calcoli, nel 1987, Schwarzenegger aveva quarant’anni, Carl Wheaters trentanove. Ecco qua, ditemi voi dove trovare altri due come loro, adesso.
Tutt’al più, l’attore muscolare oggi è destinato a fare la parte dello sgherro di secondo piano, rincoglionito di anabolizzanti.
Questo invece era cinema. Loro non erano modelli, lo sapevano. E se ne fottevano. Tutti quelli della mia età sognavano di avere bicipiti così. Paurosi. Non certo di sfilare in passerella.
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Comunità chiusa, il cinema. Shane Black, Hawkins, chiamato a fare il mercenario che racconta barzellette a Billy,
Quel mio amico è andato dalla sua ragazza e le ha detto: “Ehi, ma che fi*a grande che hai! Ehi, ma che fi*a grande che hai!”
E lei: “Perché me lo dici due volte?”
E lui: “Non l’ho detto due volte, è… è stata l’eco!”
Segue risata di Billy distorta dal Predator nascosto a scrutarli.
Black, dicevo, nel frattempo che era sul set si dilettava a scrivere due sceneggiature. Volete sapere quali? Arma Letale e L’Ultimo Boy Scout. Eh, così, tanto per gradire.
E poi, vi prego, raccontatemi che oggi il cinema è sempre lo stesso, solo che, magari, certe cose non si vengono a sapere.
Qua i casi sono due, o siamo ancora drogati dal cinema muscolare degli anni ’80 e ci rifiutiamo di vedere la realtà, cosa bellissima, in verità, un sogno d’oppio dal quale io per primo mi rifiuto di uscire, oppure in quel periodo, per una specie di congiuntura astrale, si sono incontrati sul set dei maestri sconosciuti, ignoti anche a loro stessi, che hanno creato qualcosa di unico e irripetibile.
La metafora di Schwarzenegger, e tutti quelli come lui, che scendono dall’elicottero in piena forma, e ne risalgono, dopo una lotta senza quartiere contro la creatura aliena, sporchi di fango e ricoperti di tagli, ma vivi e, soprattutto, vincitori.
Le prede che non accettano il loro destino di pedine sacrificabili in nome del mercato. Che hanno fatto loro il cinema, annichilendo critica e autori.