Dunque alla fine ha vinto Bersani. Ha vinto la (tiepida) sinistra. Ma, a dispetto dei (doverosi) proclami sul rinnovamento, ha vinto anche la Vecchia Guardia. Hanno vinto D'Alema e la Bindi e Veltroni e tutta quella generazione lì. In altre parole, il popolo dei progressisti ha tradito se stesso, decidendo a grande maggioranza per il progresso minore, e molti di coloro che (forse) chiedevano rivoluzione e rottura, hanno invece finito per scegliere conservazione e continuità.
Ma è stata solo l'incapacità del Renzi-candidato a far frenare (o franare?) il cambiamento tanto atteso? La rottamazione? E' stato il suo aspetto troppo patinato, troppo americano, troppo "da destra", non tanto nei temi, quanto nelle atmosfere, nei modi di porsi agli elettori, nelle convention con troppi lustrini, più oppositivo che propositivo, nelle sue giacche sempre troppo blu scure? Renzi è stato così l'uomo sbagliato al momento sbagliato?
Oppure alla fine gli elettori hanno avuto paura di affrontare l'ignoto-Renzi, e hanno deciso di optare per un (tutto sommato) consolatorio-Bersani? Dunque, come spesso accade nella vita, l'individuo (nella fattispecie il votante-pagante) non è riuscito a superare la pesante inerzia del (vero) cambiamento e ha optato per ciò che lascia le cose il più simili possibili a come già sono? Il cambiamento minimo. Niente ribaltoni. Niente stravolgimenti. Una rivoluzione (troppo) dolce. Ovvero una non-rivoluzione.
Dunque, ditemi, al popolo della sinistra è mancato più il coraggio o più il candidato?
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