Carissimi lettori, oggi vogliamo parlarvi dell’esordio del cantautore siculo Alfonso Moscato con l’album “La Malacarne” che uscirà a marzo 2015.
L’album che segna l’esordio da solista del cantautore Alfonso Moscato, ex voce e autore della band Cordepazze con cui ha vinto il Premio come miglior interprete al “Premio Fabrizio De André” nel 2007 e il Premio della critica a Musicultura 2009 e 2014.
Alfonso Moscato racconta così il videoclip del brano “Le Pulle” (regia e montaggio di Andrea Nocifora, audio registrato e mixati da Orazio Magrì):
“Lo specchio è la porta della visione, il mostro che ci raddoppia, allude a dimensioni parallele visioni e deformazioni di ciò che sembra reale (il verbo latino videor da cui gemma “vedere” non significa “vedere”, ma “sembrare”). Il montaggio a specchio ha il suo centro al minuto 02:06 (26 è il numero più importante della qabbalah ebraica, il numero di Dio, 206 invece significa “vedere”), lì si trova la superficie della riflessione, lì comincia un mondo parallelo, un’altra vita. La preparazione della carne delle buttane alla macelleria notturna e diurna ai bordi dei viali. Una canzone d’amore.”
L’album “La Malacarne” contiene dieci canzoni e rappresenta il percorso interiore e simbolico di Alfonso Moscato. Dieci storie di tenebra e di luce, di parole, suoni e immagini, raccontante così dal cantautore siciliano:
“Lo sguardo di chi vede dentro ogni delitto, dentro ogni ammorbamento della natura umana, dentro ogni deviazione, una via che sorprendentemente può portare all’eccelso, alla luce accecante della bontà del mondo. Nel pensionato abbandonato come un relitto umano in sobborghi svuotati, nel ragazzo di periferia che sa comunicare esclusivamente attraverso la cieca violenza, nella donna nigeriana catapultata sulle rotte del sesso a pagamento, nel mafioso stragista, massacratore perfetto e macchinatore di lutti, nel mendicante più cencioso e puzzolente del mondo, nelle periferie del Cep, dello Zen, dello sperone, di Brancaccio, di Scampia e Secondigliano come in tutte le periferie del mondo, da Rio de Janeiro a Shanghai, nella normale, quotidiana, strascicata vita incognita dell’uomo qualunque, in tutto questo e altro ancora, rimane il codice celeste, la luminosità divina, l’irriducibile residuo santo nel cuore dei “peggiori” e degli ultimi”.