Molte persone intraprendono una psicoterapia in seguito al tradimento, sia che l’abbiano subito, perché per loro è un trauma o che l’abbiano agito poiché ad esso di solito segue una crisi coniugale e di conseguenza individuale. L’80% dei tradimenti vengono scoperti, ma nel 70% dei casi le coppie ufficiali sopravvivono all’intrusione di una terza persona e non si separano (De Bac 2006).
Il tradimento è un uragano che sradica tutto ciò che si è costruito, portando con sè un senso di morte, lacera quelle vite di coppia che hanno un urgente bisogno di un radicale rinnovamento, pena il lento decadimento affettivo dell’unione ma anche dei singoli individui.
In tutta la vita il tradimento è sempre di scena, non solo nella vita di coppia, ma anche nelle vicende al lavoro, nelle amicizie, con i figli, i parenti, a vari livelli e con intensità differenti, ma comunque esso costella la normalità della vita umana. Nessuno può in realtà sottrarsi al tradimento neppure Dio e forse proprio per questo esso è veramente un passaggio obbligato, tortuoso e buio ma che porta ad un importante cambiamento psichico, smuove il terreno per riportare nuove possibilità e un nuovo equilibrio.
Persino Cristo è stato tradito dai suoi amici, Pietro prima e Giuda poi, il quale l’ha consegnato ai Romani. Proprio da questo episodio deriva l’attuale connotazione negativa del termine “Tradire”, prima infatti nella lingua latina esso aveva tutt’altro senso, significava “consegnare”, “svelare”, “insegnare”, “trasmettere ai posteri”, infatti è la radice di “Traditio-traditionis”, la stessa di tradizione. Prima del cristianesimo, il “traditore” era colui che compiva un passaggio di informazioni importanti. I secoli di storia cattolica hanno caricato il tradimento di valenze morali negative, anche se in realtà l’atto di Giuda, appare come un passaggio obbligato per portare a compimento il disegno divino con la Resurrezione di Cristo.
Andando indietro nel tempo, tutto l’antico testamento della Bibbia è disseminato di tradimenti, Caino e Abele, Giacobbe ed Esaù, Labano, Giuseppe venduto dai fratelli, le promesse mancate dal faraone, l’adorazione del vitello d’oro alle spalle di Mosè, Saul, Sansone, Giobbe, le ire di Dio verso il suo popolo: il diluvio universale… insomma, Israele, si sa, è stata una sposa infedele ma Dio tuttavia, non ha mai cessato di cercarla e di amarla in modo straordinario e unico (Hillman 1967).
Nella cultura greca antica, il tradimento è un evento molto frequente ma è vissuto con una certa leggerezza e spesso ha una valenza ristrutturante, non è giudicato come “peccato”, sembra una cosa naturale, umana e possibile, al massimo un penoso ostacolo da affrontare per proseguire il percorso.
Tra tutti i numerosi esempi del Pantheon greco, la coppia regale Zeus ed Era, è senza dubbio quella più tormentata dal tradimento. In questo famoso matrimonio si sprecano le scappatelle del marito e le ire della consorte, la quale è terribilmente vendicativa con le amanti e con i figli del marito, ma non mette quasi mai in discussione il rapporto. Se non fosse quindi per la resilienza di Era, Dea protettrice del Matrimonio, non sarebbe garantita ai posteri la sicurezza della famiglia, che per la Dea ha evidentemente un valore sostanziale rispetto al tradimento stesso.
Malgrado tutto, né Zeus né Era rinunceranno mai l’uno all’altra perché li lega un vincolo d’amore potente e indissolubile, seppure la gelosia, le vendette e gli istinti appaiano sempre grottescamente inevitabili nelle trame delle antiche storie greche.
Nel mondo Greco a differenza del nostro, la parte istintiva e Panica della vita non veniva sedata, o repressa, a discapito dell’intellettualizzazione, come avviene nel mondo moderno, esse convivevano. L’ espressione simbolica, fisica o rituale delle forze paniche, come avveniva, per esempio nei riti misterici, era fondamentale per mantenere un equilibrio psichico indispensabile alla vita dell’uomo.
In questo viaggio a ritroso alle radici del tradimento ci imbattiamo inevitabilmente nel tradimento originario quello di Adamo ed Eva verso Dio. Il serpente edenico, stillando la curiosità, indusse Adamo ed Eva a cedere alla tentazione di mangiare del frutto dell’albero della conoscenza, perdendo così i benefici di un mondo simbiotico, incantato, senza problemi, senza dolore, né sofferenza, né morte: il Paradiso, che tutto è evidentemente, tranne che terrestre. Questo passaggio è molto simile a ciò che capita ad ogni essere umano per venire al mondo: un neonato, lascia il corpo materno, bellissimo e avvolgente paradiso, per iniziare una sua esistenza in cui non gli saranno risparmiate difficoltà e fatiche ma del resto questa è l’unica possibilità che ha di creare il suo mondo e di divenire ciò che è. Così Adamo ed Eva aprono gli occhi, diventano consapevoli, si differenziano e cominciano a rimboccarsi le maniche e a tentare di realizzare le loro vite e sviluppare i loro doni, affrontando le difficoltà che incontrano, cosa che risulterebbe impossibile rimanendo nel giardino dell’Eden e anche nel grembo materno.
Come afferma Hillman (1967) “sembrerebbe che l’unica via d’uscita da quel Giardino Edenico passasse per il tradimento e l’espulsione, quasi che il vaso della fiducia non possa essere smosso altro che attraverso il tradimento”, quindi da un punto di vista della maturazione psichica individuale e di coppia, il tradimento, in qualsiasi forma esso si manifesti, appare quantomeno necessario. Ma Perché?
Innanzitutto sembra che cambiamento e fallimento siano profondamente legati e quindi se non attraversiamo il fallimento, l’errore, la ferita, la disillusione non saremo in grado né di guarire, né di proseguire per la nostra strada.
Se veniamo traditi possiamo arrabbiarci, deprimerci, andarcene o rimanere, ma comunque vada la nostra fiducia, la nostra sicurezza, e la nostra felicità non saranno mai più riposte ciecamente sul partner in maniera assoluta, come se egli fosse un nostro prolungamento; la fiducia tornerà piano piano a noi stessi, ci sarà restituita con gli interessi.
Solo in questo modo la persona tradita potrà uscire da una qualche forma di dipendenza o di delega al partner e iniziare un percorso di individuazione per sé stessa.
L’individualità richiede il coraggio di essere soli e di opporsi a un mondo che tradisce e banalizza (Carotenuto 1991).
Per quanto riguarda il traditore, non parliamo in questa sede di disturbi della personalità come il Don Giovannismo, che ha basi psicopatologiche differenti, parleremo del partner che compie un agito, più o meno intenzionalmente, cade in amore o nella passione come attratto da un fluido incantevole, a cui sa di poter rinunciare, ma non lo fa.
Si cerca un altro fuori da noi o dal nostro equilibrio familiare, spesso per sfuggire alla tristezza, all’insoddisfazione, alla mancanza di gratitudine, ad emozioni che ci fanno sentire in quel contesto inutili, poco desiderabili, soli, costretti, non più liberi di esprimerci come siamo realmente, prevalgono la paura, l’ansia nel cui buco nero sparisce, purtroppo anche la stima, l’amore e la dignità dell’altro con cui conviviamo, quello che abbiamo invocato che ci aiutasse per evitare noi stessi.
Il traditore è spesso privo di capacità di fondare la propria esistenza intorno ad un proprio centro interiore e ha la compulsione a riempire sempre i vuoti con punti di riferimento esterni, col partner prima e, quando questo non corrisponde più ai suoi bisogni, con altri partner, oppure con il lavoro, con sostanze, con il gioco, con l’alcool, in una fuga continua da sé stesso. Quindi mentre il traditore nega e scappa, perché non riesce a stare in ascolto di sè, il tradito pretende e attanaglia l’altro a causa della sua insicurezza. Nessuno dei due, in definitiva, è presente a sé stesso e nessuno dei due è in grado di rimanere da solo. Ciò che è importante imparare dalle nostre vite è la certezza di poter attraversare anche la solitudine, quando questa fiducia interiore viene meno, il tradimento è in agguato (Carotenuto 1991).
Il tradimento porta traditore e tradito a confrontarsi con un senso di morte, con la fine della relazione, chi tradisce sente inconsapevolmente la necessità di intervenire a modificare la situazione attraverso una penosa lacerazione, senza la quale non si dà trasformazione e non si avvia la ricerca di un più autentico destino individuale da condividere con chi si ama veramente.
La nostra psiche è la natura stessa, è una sua scintilla, è colei che crea e nutre, ma sa essere anche potentemente violenta, se necessario, e spesso, è costretta ad esserlo per salvarci dal peggio.
di:Emanuela Pasin
da: http://www.psicolab.net
Commento del Dott. Zambello
Il tradimento è sempre un processo, un evento doloroso, per chi lo compie e per chi lo subisce. E’ poco importante che l’altro, l’altra lo sappia, comunque vive il dolore di un rapporto che si trasforma. Esemplificare il tradimento ad una questione sessuale o meglio genitale, é snaturare il significato profondo di questo tragico evento. Uso il termine tragico riferendomi alle tragedie greche, dove tragico, come dice Aristotele deriva da fare/agire. Il tradimento é , anche, ” un agito” inconsapevole che spinge verso la trasformazione, il diverso da ora che tiene in sé la morte. Dice Emanuela Pasin che non c’è crescita, individuazione senza tradimento. La Morte e Risurrezione stessa di Cristo non sarebbe avvenuta se Giuda, Pietro e tutti gli altri, tranne Giovanni, non l’avessero tradito. E’ Giovanni, l’amato, colui che non lo tradisce ma è anche colui che non diventerà adulto, non testimonierà nel sangue la sua appartenenza. E’ lui, eterno bambino che avrà ancora bisogno della madre: ” ecco tua madre..” gli dice Gesù in croce. Ma il Vangelo é anche il racconto, ne parlo in senso chiaramente simbolico, della sofferenza quotidiana della trasformazione: il tradimento. Ricordate quante volte Gesù chiede agli Apostoli: “chi pensate che io sia? Mi amate voi? E ancora, nell’orto degli Ulivi, sudando sangue per tre volte “….rimanete con me, pregate, svegli…” . E’ faticoso, doloroso, per tutti, anche per Lui, vero Dio ma anche vero uomo, sopportare la solitudine.
Non sono così ingenuo da non sapere che spesso nel tradimento si esprime l’incapacità a vivere un rapporto, fuggendo, inseguendo ideali che esistono solo nella nostra mente o semplicemente continuiamo a vivere come bambini che pensano di poter avere tutto. Ma anche in questo si esprime il dolore di crescita, di una nascita che non avviene, dove, alla tragedia della morte, si sostituisce una vita mortifera.
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