Le radici dell'Inferno - Recensione - Xbox One

Creato il 08 maggio 2015 da Intrattenimento

Uno shoot'em up classico con qualche difetto di troppo

Progettato dal team indie argentino OPQAM, Project Root è stato favorito da un iter favorevole: dalla nascita su Kickstarter fino all'arrivo su molteplici piattaforme, PC e console. Il gioco rimane il medesimo, uno sparatutto vecchio stile con visuale dall'alto, ma con un aspetto interamente poligonale che permette inquadrature isometriche. Rispetto agli shooter coreografici della vecchia scuola giapponese, è presente un nuovo approccio open, ovviamente funzionale all'essenza semplice della produzione, con addirittura un accenno di storia, narrata attraverso dialoghi testuali che è possibile leggere nel bel mezzo dell'azione. Purtroppo tali dialoghi rappresentano anche uno dei problemi maggiori di Project Root, ma andiamo con ordine.

Tra passato e futuro

La storia ci vede alla guida di una avveniristica navetta, nei panni di un eroico pilota desideroso di mostrare le abilità acquisite durante il training militare. Costantemente affiancato da una partner, il protagonista ingaggia una sanguinaria battaglia contro una misteriosa corporazione, leader nella distribuzione energetica nelle principali città nel mondo. L'ambientazione futuristica è senza particolari guizzi artistici, con un design classico che rimanda alle vecchie produzioni Amiga e 16-bit. L'aspetto moderno è ovviamente conferito dal motore interamente poligonale, che investe larga parte delle risorse per rendere una sensazione pseudo-3D e accontentare le esigenze del gameplay, che si sviluppa anche in profondità. La navetta è infatti in grado di sparare sia in linea retta che verso il terreno, aiutandosi in questo caso con un mirino fisso, sullo stile di Xevious, un vecchio classico Namco in grado di far trasalire i meno giovani. A dire il vero però, l'ispirazione di Project Root sembra arrivare da un altro titolo, ovvero Desert Strike: Return to the Gulf, da cui recupera la libertà di movimento sulla mappa. Non serve molto per capire che la nostra navetta si comporta esattamente come un elicottero ed è un perno su cui ruota l'intero scenario, uno stratagemma molto simile a vecchi titoli di corse. Anziché affrontare orde di nemici su un percorso già stabilito, Project Root ci lascia liberi di esplorare a piacimento la mappa, seguendo nel radar gli obiettivi indicati volta per volta dalla nostra assistente. Questi variano a seconda del livello: nel primo ci limitiamo a raggiungere obiettivi strategici da distruggere, o eliminare delle centrali per abbattere una barriera protettiva, ma già dal secondo il registro si amplia, contemplando anche la scorta di una vettura militare. In questo caso diventa fondamentale mantenere l'incolumità del nostro protetto, pena il Game Over istantaneo.

Ti spezzo in due

Project Root è un titolo impegnativo, pensato per mettere a dura prova i nostri riflessi e abilità, per far questo OPQAM ha schiacciato l'acceleratore a velocità preoccupanti, rendendo la nostra navetta, almeno inizialmente, inadeguata a contenere gli attacchi nemici. I livelli sono particolarmente affollati, sia in cielo che in terra, con un elevato numero di navette, cingolati e torrette in grado di sputarci addosso un preoccupante volume di fuoco. I proiettili si sprecano sullo schermo, spesso confondendosi coi nostri, rendendo sostanzialmente impossibile evitarli in determinati frangenti e gravando pericolosamente sui nostri scudi. Il problema più rilevante è la posizione della navetta, forzatamente spostata verso la parte inferiore dello schermo per favorire l'orientamento, ma troppo vicina al margine per poter prevenire efficacemente i proiettili che arrivano da dietro. Come se non bastasse, l'impostazione eccessivamente classica costringe a ricominciare lo stage una volta esaurite le tre vite a disposizione (ma si possono incrementare), una scelta più adeguata per un titolo conciso e frenetico, meno in un open che può portare via dai trenta ai quaranta minuti per livello. Dopo l'iniziale smarrimento per un approccio così punitivo, si comincia a comprendere come la chiave di volta sia quella di sfruttare la rotazione dell'inquadratura a proprio vantaggio, oltre alla pulizia rigorosa di tutto ciò che appare a schermo - ignorare i nemici porta a morte quasi certa - e la raccolta diligente dei power up rilasciati dalle carcasse nemiche. Questi sono in grado donarci dei colpi speciali ma soprattutto il ripristino dell'energia, vantaggi grazie ai quali si riesce a conquistare un certo margine di recupero in un sistema comunque estremamente instabile e frustrante. In generale, viene meno il proposito descritto in apertura del paragrafo, Project Root fallisce nello stimolare il giocatore a migliorare le proprie capacità, visto che finisce solo per intaccare la sua pazienza.

twittalo! Project Root arricchisce lo spirito dello sparatutto classico con accenni di open world

Percorso in salita

I problemi sopra esposti non trovano certo un alleato nell'aspetto tecnico, che purtroppo denuncia le origini indie del progetto. Il motore grafico è pulito grazie alla risoluzione 1080p e l'utilizzo di sessanta fotogrammi al secondo, ma il frame rate risulta soggetto a pesanti rallentamenti in occasione della fasi più affollate e delle grosse esplosioni. Davvero pessimo l'accompagnamento sonoro, limitato a qualche brano poco coinvolgente e ispirato. Il titolo soffre inoltre di diversi glitch grafici, come navette che si incastrano nello scenario, un'eventualità che riguarda anche il nostro pilota e che si traduce quasi sempre in situazioni drammatiche che porteranno all'esito che ormai dovreste aver capito nel corso di questa recensione: ricominciare il livello dall'inizio. Un altro problema, come già accennato prima, è rappresentato dalla ridotta grandezza dei testi per i dialoghi, relegati nell'angolo basso destro dello schermo, risultano quasi illeggibili quanto importanti per la comprensione degli obiettivi assegnati dalla nostra assistente, rischiando di esporci fatalmente - nel disperato tentativo di leggerli - al fuoco avversario. La perseveranza come spesso accade aiuta, una volta abbattuto il boss di fine livello, sempre piuttosto spettacolare, si ha la possibilità di effettuare un upgrade della nave, grazie ai punti esperienza conquistati. I livelli possono essere ripetuti più volte, con tre diversi gradi di difficoltà, in modo di accumulare punti e migliorare ulteriormente le risorse. Completamente assenti le modalità online. Project Root - Trailer di lancio

Pro

  • 1080p e 60 fotogrammi al secondo
  • Interessante struttura open
  • Alcune idee apprezzabili

Contro

  • Bug e rallentamenti
  • Musiche pessime
  • Frustrante e mal bilanciato

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