Tutti, in Cisgiordania e Gaza, concordano sull’importanza della riconciliazione Fatah-Hamas. Diversi invece sono i pareri sulle motivazioni che hanno portato le due principali forze politiche palestinesi a porre fine al conflitto interno e a ricercare un’unità nazionale che fino ad un paio di settimane fa sembrava lontana anni luce. Per l’attivista dei diritti civili e storica portavoce palestinese Hanan Ashrawi, il passo di Fatah e Hamas è figlio anche delle trasformazioni in corso nel mondo arabo.
Cosa ha spinto Abu Mazen e Khaled Mashaal a rinunciare alle loro posizioni intransigenti e ad adottare una linea più conciliante?
Anche loro hanno subito gli effetti delle trasformazioni avvenute nel mondo arabo alle quali stiamo assistendo da alcuni mesi. C’è un clima diverso, più produttivo nella regione e in particolare in alcuni paesi molto importanti per il futuro della questione palestinese, come l’Egitto. La riconciliazione palestinese contribuisce a sua volta allo sviluppo della democrazia e dei diritti nella regione mediorientale.
Quanto ha pesato la paralisi totale del negoziato tra Anp e Israele?
Molto, la delusione tra la nostra gente è stata fortissima. La riconciliazione appena firmata perciò rappresenta una iniezione di ottimismo dopo il fallimento delle trattative con Israele che vuole colonizzare i nostri territori e non fare la pace. La riconciliazione rimette in movimento la lotta palestinese per la libertà e l’autodeterminazione. E offre ai palestinesi e alla comunità internazionale l’opportunità dare slancio all’iniziativa di settembre all’Onu (la proclamazione unilaterale di indipendenza palestinese, ndr).
Israele intanto annuncia misure di ritorsione contro il futuro esecutivo palestinese di unità nazionale.
Al governo israeliano piace dettare condizioni e non negoziare la pace. La decisione di congelare i fondi palestinesi (dazi doganali e tasse,ndr) non solo è illegale e viola gli accordi esistenti, ma è mirata ad impedire i nostri sforzi per arrivare alla proclamazione di indipendenza. Per questo speriamo che il mondo arabo e la comunità internazionale facciano ogni sforzo possibile a sostegno della riconciliazione nazionale palestinese che costituisce un serio contributo alla pace, alla stabilità e alla democrazia nella regione.
Accanto all’entusiasmo di Hanan Ashrawi c’è il realismo di Abdul Rahim Mallouh, numero 2 del Fronte popolare per la liberazione della Palestina. Il leader della più importante delle formazioni della sinistra palestinese, mette in risalto le difficoltà per la soluzione di alcuni problemi ancora irrisolti. Mallouh non è potuto andare al Cairo perché Israele non gli ha permesso di lasciare la Cisgiordania.
Quali sono i temi più scottanti dopo la riconciliazione?
Abbiamo posto all’attenzione di tutti questioni come la riorganizzazione della sicurezza nazionale, i diritti e gli spazi concessi ai partiti e alle forze politiche minoritarie, il ruolo dominante dei due movimenti principali (Hamas e Fatah) nella vita palestinese. Prendere in considerazione questi temi è importante se si vuole garantire il successo della ritrovata unità nazionale.
Pensa che sia opportuno affrontarli subito?
Discuterne al più presto farebbe gli interessi di tutti i palestinesi. La riconciliazione nazionale ha aperto spazi di discussione rimasti chiusi per anni e siamo certi che questa nuova fase avrà riflessi positivi sull’intero dibattito politico e anche sulla determinazione dei palestinesi di mettere fine all’occupazione israeliana.
(il manifesto, 5.05.2011)