L’Europa ha reagito scompostamente alla “chernyy spisok”, la “black list”, stilata da Mosca contro cittadini dell’Ue, ai quali viene precluso l’ingresso sul territorio della federazione. Guardando ai nomi di costoro non c’è da sorprendersi, sono tutti acerrimi nemici della Russia, propagandisti indefessi che non hanno mai perso occasione per screditare il Cremlino, rendere impossibile la distensione tra le parti o, persino, tramare alle sue spalle, in combutta con agenti segreti statunitensi e vari organismi non governativi (che solitamente significa legati a Soros e alla CIA), patrocinatori di campagne d’odio contro Putin e soci, benché celate dietro l’espansionismo democratico delle famigerate “società aperte”, cioè cavalli di troia per rovesciare la sovranità dei popoli a favore di Washington.
Le autorità russe hanno cercato di dare meno pubblicità possibile alla lista e di contenere il numero di personalità messe all’indice, contrariamente a quanto avevano fatto Usa ed Eu in occasione delle sanzioni per il conflitto ucraino, sbandierando ai quattro venti nominativi e titoli dei cittadini russi dichiarati personae non gratae dall’Occidente.
I russi hanno consegnato l’elenco dei proscritti agli ambasciatori stranieri mantenendo un low profile, proprio per evitare speculazioni e isterismi, dopo i difficoltosi accordi raggiunti a Minsk che sembravano aver ricondotto tutti a più miti consigli. Il felucheo russo presso l’Ue, Vladimir Cizhov, ha rimarcato proprio questi elementi, sostenendo che “la pubblicazione di questa lista da parte nostra non porterebbe che ad una escalation delle tensioni nella crisi ucraina”. Dunque, il gesto dei nostri vicini, avrebbe dovuto essere se non apprezzato almeno compreso, considerato che i russi non potevano non rispondere adeguatamente al reiterato inasprimento delle sanzioni approvato, a più riprese, dai paesi atlantici.
Berlino ha espresso tutto il suo disappunto per l’iniziativa del Cremlino chiedendo spiegazioni immediate. Il Ministro degli esteri tedesco Esteri Frank-Walter Steinmeier ha detto di non ritenere particolarmente intelligente l’emanazione di questi divieti d’ingresso, tuttavia, costui rilasciava queste dichiarazioni mentre si trovava a Dnipropetrovsk, regno dell’oligarca sanguinario Igor Kolomoisky, responsabile dell’eccidio di Odessa. Anche questa mossa di Steinmeier non pare così raziocinante, alla luce del fatto che il proprietario di Privat Bank e finanziatore di alcuni battaglioni puntivi ucraini è ricercato in Russia per vari reati, tra cui quello di strage. Gli Stati più colpiti sono però quelli Baltici e la Polonia, e non poteva andare diversamente dato che questi governi si sono esposti oltremodo nelle contestazioni contro Mosca per la fantomatica aggressione all’Ucraina che riflette ataviche quanto irragionevoli paure di essere invasi a loro volta, offrendo i loro territori al dislocamento di ulteriori truppe della Nato, e contribuendo così ad infuocare il clima di ostilità reciproca tra i contendenti.
Dunque, a fronte di 40 aziende e 151 persone inserite da Bruxelles nella sua black list Mosca ha replicato con un elenco di 89 provocatori e nemici del Cremlino, da tenere a debita distanza. Non vediamo dove sia lo scandalo. Oppure, lorsignori dell’Unione Europea si aspettavano da Putin che porgesse anche l’altra guancia per farsi mettere definitivamente KO? Eppure, l’alto rappresentante per la PESC, ha fatto lo stesso sapere di considerare la misura arbitraria e ingiustificata. La signora perde ancora l’occasione di tenere la bocca chiusa ed evitare brutte figure al nostro Paese e all’Europa intera. Non le basta come motivazione che l’Ue abbia compilato una lista di veti altrettanto arbitraria ed ingiustificata e che, sempre arbitrariamente ed ingiustificatamente ,Mosca sia stata esclusa dal G8 per aver provato a difendere dalle incursioni americane il suo estero prossimo?
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