By Bruno Elpis
Giovanbattista Cianfrusaglia, figlio di padre auto-tramviere e di madre immigrata dall’ex Unione Sovietica, è un ragazzo come tanti: universitario a tempo perso, passa le sue giornate al bar ove, con lo pseudonimo di Johnny, è al centro di una fitta rete di relazioni, amicali e sentimentali. Queste ultime più romanzate che reali: prima con una colonia di studentesse calabresi (al punto che presto la Calabria diviene per Johnny un autentico campo minato), poi con le badanti rumene. In questa fase del romanzo, è imperdibile la descrizione del rapporto con la sado-maso raccattata come soluzione dell’ultima spiaggia … Le avventure amorose principalmente (ri)vivono nelle vanterie e nelle rielaborazioni del nostro Jo, sempre alle prese con la giornata ormai impostata del Michelaccio.La storia racconta l’ultimo bagliore di vita dell’eroe metropolitano, attorno al quale ruotano gli amici Marco, il dandy Gabriele, Nick, Corrado il poeta, Pierino lo spacciatore a tempo perso, Franchino l’idraulico sfegatato laziale … in una Roma dimidiata tra fazioni contrapposte per effetto della fede calcistica.
In arte Johnny
In modo rocambolesco Johnny entra in possesso di una reliquia: un frammento dello scudo crociato, emblema della prima repubblica frantumatasi. Un cimelio di incalcolabile valore, se si considera che possiede l’improbabile potere di riportare in vita … la mummia di Andreotti.Notevole il delirio satirico-culturale-cinematografico nel quale Lorenzo narra di una Roma “underground”, fatta di cunicoli metropolitani che si intersecano con le catacombe, ove si aggirano i fantasmi di Fellini e Pasolini.Particolare è anche la tecnica descrittiva utilizzata: l’espressione di un personaggio è ora Jean Gabin in “Pepé le moko”, ora è lo stesso attore ne “Il porto delle nebbie”.
Ho trovato questo racconto originale, colto, stimolante. Tremendamente e dannatamente malinconico nella fase finale. Perché? Non rispondo, semplicemente attingo all’autore: “Quando un’utopia si schianta contro la realtà, purtroppo la prima finisce sempre per avere la peggio”.
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