Julian Assange
Julian Assange: terrorista informatico o paladino della libertà d’informazione?
Nemico del potere politico o amico di qualche superpotenza?
Alleato di alcuni importanti testate giornalistiche o strenuo sostenitore dell’informazione senza censure?
Robin Hood del terzo millennio e amico del desiderio di equità o criminale stupratore che la giustizia deve perseguire?
Demonio affabulatore o angelo affascinante?
Chiara Perseghin, nel suo interessante saggio sul personaggio dell’anno 2010, cerca di fornire alcuni strumenti di giudizio al lettore che, come fruitore di notizie, è sempre stordito dalla quantità di informazioni contrastanti che riceve dai mass media. E lo fa con tono leggero, sulla musica di “Rock around the clock”, di “Too much informations” dei Police e di “Do you want to know a secret” dei Beatles, e – al tempo stesso – con la serietà e la professionalità di una giornalista che non possiede la verità nelle sue tasche e quindi propone gli elementi raccolti attraverso un lavoro di ricerca, sempre conservando ‘il beneficio del dubbio’.
Partendo dall’araldica della famiglia Assange, attraversando l’infanzia nomade di Julien, descrivendo l’equazione esistenziale del fondatore di WikiLeaks con la formula:
rudimentale commodore + modem = hacker
Chiara Perseghin ricorda alcune tappe fondamentali delle crociate dell’Orlando Furioso dell’era virtuale: Guantanamo, scientology, il sistema bancario islandese, l’imperialismo e le violenze in Afganistan, l’ipocrisia politica americana, perfino il Vaticano …
Devo ammettere che, prima di leggere questo saggio su Assange, avevo le idee molto confuse. Forse perché ero ancora condizionato dall’idea semplicistica che un hacker è un terrorista, forse perché nei giudizi ci lasciamo sempre influenzare (ma perché rimaniamo, in fondo, sempre degli inguaribili bambini?) da esperienze semplici ed elementari: chi non detesta virus e troyan che quasi quotidianamente ci complicano o ci impediscono connessioni e comunicazioni?
Il lavoro di Chiara Perseghin – che, oltre alle competenze e alle abilità richieste dalla cronaca, utilizza alcune armi della sensibilità femminile: la curiosità, la lucidità, la capacità di analisi e … qualche indulgenza al gossip – ha il grosso merito di informare e far riflettere. Di scuotere e di stimolare lo spirito critico. Perché la verità non è sempre quella che viene spacciata come tale. Vero …
… Bruno Elpis?
Chiara Perseghin
Cinque domande a Chiara Perseghin
1. Qual è stato il motore di questa ricerca su un personaggio così controverso?
Un paio d’anni fa, quando esplose il fenomeno WikiLeaks e Assange, tutti parlavano delle rivelazioni. Eravamo ancora all’inizio della storia e non c’era alcun libro che parlasse né di WikiLeaks né tantomeno di Julian Assange. Cominciavano allora ad uscire i primi saggi redatti dai giornalisti americani delle testate chiamate a dar voce alle scoperte di Assange.
Certo, non sarei sincera se non ammettessi che un po’ di colpa ce l’ha avuta anche il fascino di Assange. Poi la curiosità di andare oltre quello che ci raccontavano, in modo molto spesso scarno, i nostri quotidiani italiani. Ho cominciato così a pensare se non potessi in qualche modo raccontare, in modo semplice e agile, qualcosa in più su Julian Assange. Ci ho provato.
2. E’ stato complesso districarsi nella mole di informazioni e di fonti? Quanto è durato il tuo lavoro di documentazione e di analisi?
Per quanto concerne le fonti, come avrai notato, alla fine del saggio c’è una corposa sitografia. Dovendo raccontare la storia dell’hacker più famoso al mondo, la maggior parte delle notizie si trovano soprattutto online. Mi sono procurata anche quei saggi americani cui facevo riferimento nella domanda precedente. In ognuno c’era qualcosa di interessante: notizie sulla vita di Assange, la trattativa con i media americani, e non solo, per la pubblicazione dei tanti cable forniti da Assange.
Certo non potevo e non volevo riportare solo una sfilza di rivelazioni, a questo avevano già pensato i giornalisti che potevano disporne. Ho allora cercato quelle rivelazioni che potessero interessare più da vicino il nostro paese e quelle che non potevano essere tralasciata per la loro importanza: Guantanamo, Scientology, fino ad arrivare al disastro nucleare di Fukushima.
Come ho lavorato? Ho dovuto fare prima di tutto una scaletta degli argomenti che avrei voluto trattare e mano a mano cercare in Rete notizie. E credimi, ce n’erano e ce ne sotto tuttora davvero tante.
3. Tu credi alla libertà dell’informazione? Ritieni possibile “il Grande Fratello” digitale?
La libertà d’informazione è fondamentale. Ė un diritto che tutti noi abbiamo e dobbiamo proteggerlo. Senza l’informazione non saremmo nulla, dei semplici automi che agiscono senza saperne il motivo. Sembra impossibile, ma c’è ancora gente che non si informa, non è interessata a farlo, nonostante sia quasi impossibile non inciampare in un TG, un’approfondimento, un quotidiano della free-press… e poi c’è Internet, il luogo dove la libertà di informazione è maggiormente sentita. Non esistono solo i siti dei quotidiani o delle TV, ma c’è soprattutto Twitter dove è possibile trovare le notizie più disparate e molto spesso quelle più interessanti.
4. La tua prossima fatica letteraria sarà un altro saggio-inchiesta o … che altro?
Questa volta cambio completamente. Ho cominciato scrivendo racconti e mai avrei pensato un giorno di approdare alla scrittura di un saggio.
Scrivendo racconti, poi, ho sempre avuto una sorta di terrore nei confronti della scrittura di un romanzo. Il racconto si sviluppa nell’arco di poche pagine, un romanzo invece è una cosa più complessa. Dopo aver terminato il saggio su Assange mi sono messa a frugare tra racconti e appunti. Inizialmente pensavo di assemblare una raccolta di racconti noir, in gran parte già scritti. Poi però mi sono imbattuta in un mio racconto lungo. Più di una volta avevo pensato che avrei potuto trasformarlo in romanzo. Insomma, partendo da quel racconto, sto scrivendo una sorta di supernatural thriller ambientato nella Cappella degli Scrovegni di Padova.
5. Sappiamo che lavori in RAI. Che rapporto c’è tra la tua professione e il piacere di scrivere?
Direi che tra il mio lavoro in RAI e la scrittura non c’è alcun rapporto. Come dicevo prima, ho cominciato scrivendo dei racconti, un po’ per gioco, un po’ per sfida, ma il mio lavoro non c’entra nulla. Penso invece che un ruolo fondamentale l’abbia svolto e continui a svolgerlo l’amore per la lettura. Autori come Stephen King, Paul Auster, Philip Roth, Don Delillo, Hemingway, Jack Kerouac, Dan Brown e tanti altri mi hanno accompagnato e continuano a farmi compagnia.