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Nulla è causale da queste parti, nemmeno che all'ordine del giorno di questi tempi, ci siano questioni territoriali relative ad isole sperdute nell'oceano, come accaduto in questi giorni tra Cina e Giappone.
Non è casuale che accada tutto ciò proprio in queste ore, ore che in Cina rappresentano molto.
Il 7 luglio 1937 in Cina è infatti un giorno di quelli che non si scordano. E' il giorno del famoso "incidente" sul Lugouqiao Bridge a Beijing (chiamato Matteo Polo Bridge), la scusa che diede inizio all'occupazione giapponese della Cina.
Per i cinesi, l'inizio della resistenza contro l'occupazione giapponese della Cina.
Le celebrazioni che ci sono state oggi, hanno contribuito ancora una volta a ricordare anche alle nuove generazioni un passato che nelle menti cinesi è comunque ben lontano dall'essere sopito o dimenticato.
Alla luce di questo, appare quindi del tutto inverosimile che proprio in queste ore, due semplici cittadini giapponesi siano ammarati (casualmente) a Diaoyu, un'isola sperduta nell'oceano rivendicata dalla Cina, non pensando come tale gesto potesse essere interpretato come una provocazione.
Un botta e risposta tra due popoli che per quanto in un periodo di convinta pace reciproca, continuano a perseverare in un rapporto fondamentalmente conflittuale, il retaggio dei secoli passati, dove le loro relazioni hanno vissuto sempre sul filo del rasoio di un possibile confronto armato.
Ai giapponesi ancora oggi non sono stati comunque perdonati dai cinesi i modi brutali con cui hanno prima conquistato e poi cercato di annientare il popolo cinese durante la seconda guerra mondiale, in una occupazione poco conosciuta ad occidente, ma che portò ad una carneficina a livelli incredibili.
Per comprendere la profondità del dramma di qui giorni, i cinesi ci hanno messo ben 70 anni ad elaborare e poter rivivere per esempio quanto accaduto a Nanjing, dove i giapponesi sterminarono la popolazione, in una sorta di fucilazione di massa che non ha uguali. Per cui quanto accaduto in queste ore non deve ingannare, non siamo di fronte a questioni lontane, frutto di nostalgie di una generazione passata che non scorda o di nazionalismo retrogrado.
Quanto sta accadendo è qualcosa di attuale, dove però la situazione appare profondamente mutata e dove la Cina non è più disposta ad accettare le provocazioni senza mettere sul piatto "il conto" di una storia che ancora fa male.
Non è casuale che tutto ciò stia accadendo nei mesi dove il governo giapponese vorrebbe rivedere la propria costituzione sul punto che gli consente di avere un esercito SOLO per motivi difensivi, questione che viene seguita in Cina con grande apprensione.
Non è casuale che anche la Sud Corea abbia manifestato formalmente in queste ore le sue perplessità alle ambizioni giapponesi, giustificandole con le seguenti testuali parole: "per ragioni storiche".
E' tutto tranne che privo di senso, il fatto che il primo ministro russo Dmitri Medvedev sia andato per la seconda volta su delle sperdute isole che il Giappone rivendica come proprie.
La storia passata in quest'area del mondo sembra essere ancora carbone ardente mai spento dal tempo, dove ancora viva è la sostanziale sfiducia nel vicino, ancora oggi sopportato, mai amato se non addirittura ancora una questione rimandata e da chiarire, come nel caso proprio di Nanjing, dove ancora oggi i Cinesi stanno aspettando le scuse formali da parte del governo Giapponese.
Che poi le nuove tensioni, nascondano ambizioni territoriali questa volta legate a sperdute isole nell'oceano che sembrano essere ricche di petrolio, queste non devono ingannare: potrebbero rivelarsi il nuovo pretesto per così poter regolare i conti lasciati aperti dalla storia.
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