Caffaro: un avvelenamento colposo col nulla osta delle istituzioni
Una campagna contro la Monsanto negli USA
La Monsanto sapeva della tossicità dei PCB dal 1937. La Caffaro, documenti alla mano, dal 1970. Le autorità a Brescia sicuramente del 1976. Ma la produzione è continuata fino al 1984. E la popolazione l’ha saputo solo nel 2001
Fa un certo effetto ascoltare la denuncia del dott. Edoardo Bai, ufficiale sanitario nel milanese che nel 1976 si trovò di fronte a un vero e proprio enigma: perché, improvvisamente, il latte della Nestlè di Abbiategrasso conteneva quantità elevate di PCB?
Non c’era nessuna fabbrica, nelle vicinanze, cui potesse essere ragionevolmente imputato l’inquinamento. Al termine di una difficile indagine, il dott. Bai giunse a una conclusione sconcertante: la longa manus criminale della Caffaro di Brescia era arrivata ad avvelenare anche i campi del milanese.
Dalla testimonianza resa da Bai ai microfoni di Radio Popolare emerge un’esplicita volontà delle istituzioni a livello nazionale e locale di non intervenire, nonostante la dettagliata denuncia (elaborata insieme al Consiglio di Fabbrica) dell’Asl milanese nel 1976.
Anniston (USA): un pesce al PCB
Il 1976 è uno dei casi più clamorosi di questo inquietante «consenso totalitario» di cui la Caffaro ha goduto ben oltre l’emersione del «caso» nel 2001. Anche se dai documenti dell’archivio Caffaro si apprende che la Monsanto aveva esplicitamente informato i dirigenti della fabbrica, nel 1970, dell’estrema tossicità dei PCB, invitandoli a impiegarli esclusivamente in sistemi chiusi (trasformatori) per scongiurarne la dispersione nell’ambiente.
La stessa Monsanto sapeva della tossicità dei policlorobifenili dal 1937, com’è emerso dall’archivio della fabbrica di Anniston (Alabama, USA) in seguito all’azione legale intrapresa (e vinta) dai cittadini. A Brescia invece la magistratura ha chiesto l’archiviazione, e l’archivio di fabbrica non è mai stato aperto. Ascolta la testimonianza di Edoardo Bai alla Radiosveglia: