“Come si reggono il dolore e la notte? Vivendo il presente. Se io mi fermo , e comincio a pensare che la mia vita sara’ sempre cosi’, c’e’ da spararsi. No, non ce la posso fare. Se pero’ vivo il presente, l’attimo presente, e io lo vivo fino in fondo, senza ipotecare un futuro che non so neppure se ci sara’ e come sara’, allora si’. Si’, ce la faccio, perche’ la forza ce l’ho per quell’attimo. Non per quello dopo, ne’ per quello prima, ma per quello presente”.
Cosi Chiara M. ha deciso di prendere la sua vita, che alcuni anni fa ha subito uno stravolgimento. Lo scrive nel suo libro Righe storte – edito da San Paolo, in cui raccoglie quelli che chiama piccoli esercizi di speranza, fondamentali per reggere dolori fisici continui. E le difficolta’ di una vita in carrozzella.
Chiara e’ un’ex infermiera di Trento che, poco prima dei vent’anni, e’ stata assalita da una malattia rara e incurabile, che l’ha costretta su una sedie a rotelle. Da allora i dolori non l’hanno piu’ lasciata. Ma questo non l’ha portata alla disperazione. La sua vita e’ intensa e piena di impegni. E’ diventata una scrittrice e spesso e’ in giro per l’Italia a presentare i suoi libri. Cero, non e’ facile. E questo lo dice in modo netto in Righe storte, quando scrive che ogni giorno deve far “convivere queste due realta’: l’umano che reclama la sua parte -anche nel senso piu’ bello del termine – e il divino che sta dentro e che vuole il suo Eterno“. Pero’, Chiara non si sente mai sola. Accanto a se sente il suo “socio”. Dio. Ed e’ grazie ad una profonda fede che Chiara riesce ad accettare quello che non avrebbe mai voluto immaginare per il suo futuro: dipendere degli altri e abbandonare ogni resistenza.
“Ci sono stati – scrive ancora – momenti durissimi in cui tutto sembrava assolutamente assurdo. Violento e’ il senso di impotenza, la solitudine ti annega, ti assale la voglia di urlare il dolore che hai dentro, alla terra, al vento, al cielo perche’ se lo portino via, vorresti spaccare il muro del mondo che non capisce, che non accetta il diverso, che ti considera uno scarto. Ti guardi allo specchio e non ti riconosci. Ti ripeti migliaia di volte: Non ce la faccio piu’. E non capisci il perche’ di tutto questo. E’ un perche’ urlato dentro, a cui risponde un silenzio infinito. Ci sono momenti in cui vorrei che accadesse questo miracolo, che qualcuno dicesse anche a me: Alzati e cammina! Ma non succede nulla. Passano i giorni, i mesi, gli anni e non sucede nulla. Stessa cosa per i dolori che ho sempre costanti e fedeli. Mai una volta che mi tradiscano per farmi fare un intervallo”.
E a quel punto? “Dopo anni e anni di esperienza in questa materia – fa sapere Chiara – che e’ la malattia, il dolore, la sofferenza, mi sorge una domanda: Qual e’ il vero, miracolo? Che io mi alzi con le mie gambe o che mi alzi e cammini in un altro modo? Cosa significa? Non pensate che abbia scoperto un altro sistema di volo. Parlo di un’ottica diversa di concepire la realta’ “. Come? Vivere intensamente il presente, ma guardare anche oltre.
“A Lui, al mio socio – dice Chiara – chiedo la forza per andare avanti, alzarmi e camminare, prima di tutto dentro, ma anche la forza di sfruttare il mio dolore, perche’ non vada perso nulla, perche’ il suo apparente non senso possa paradossalmente essere quella leva che fa alzare il mio piccolo mondo”. E magari anche quello fuori. Chiara non lo dice apertamente. Ma fa capire che spesso la sua rara forza di godere della bellezza del presente, anche se con tante difficolta’, e di avere lo sguardo in alto, e’ riuscito a salvare tanti suoi amici.
Cinzia Ficco
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