“Uno studio della Dartmouth University rivela che è possibile, analizzando l’attività di una zona cerebrale associata ai meccanismi della ricompensa, capire in anticipo se un soggetto aumenterà di peso o se farà sesso…”, da Repubblica.it, che titola “Mangeremo tanto o cercheremo affetto? Lo dice la risonanza“, con una esagerazione del tutto giornalistica, per attirare clamore, contatti e lettori e che si può comprendere per via della funzione divulgativa assolta, ma non condividere.
“Attribuire alla risonanza magnetica un potere predittivo non mi sembra totalmente fuori dal senso anche perché tutto passa attraverso il cervello. L’accumbens nucleus è il centro del piacere, quindi il soggetto nel quale quest’area si attiverà maggiormente sarà anche più incline a godere di questi piaceri materiali. Una base cerebrale predispone e incoraggia sempre i comportamenti in un senso o in un altro. Fare un pronostico di cosa accadrà concretamente nell’arco di sei mesi sulla base di certe attitudini è possibile. Anche se un conto sono le dinamiche cerebrali e un altro è il futuro. Le tendenze sono scritte nel cervello. Ma il futuro dipende da dove uno si trova e dalla vita che fa: chi nasce con l’inclinazione allo studio ma poi è costretto a fare l’agricoltore, i libri non li leggerà. Il cervello è padrone di ciò che ci accade, ma fino a un certo punto”. Questo invece era il commento del professor Giovanni Berlucchi dell’Istituto Nazionale di Neuroscienze che definisce il cervello padrone di tutto e all’insondabile che ci sovrasta dedica una breve parolina, quasi un soprannome involontariamente comico, “futuro”.
Per chi ancora avesse dubbi, ecco la teologia della scienza in tutta la sua presunzione di verità, nella sua arroganza di dover continuamente rivelare misteri della vita sulla terra e del comportamento umano (altrove chiamati più sinceramente “misteri della fede”), la tecnica investita d’un ruolo rivelatore del principio creatore, profetico delle condotte future e dotata di potere assoluto che si scontra continuamente con i limiti delle proprie profezie (la società odierna è stata consacrata alla tecnica ed eccone gli esiti) e il logos nei panni d’un despota invisibile che impera sul pianeta terra (con cattivo sangue o la bile nera della melancholía, dell’eros). Padre, Figlio e Spirito Santo, appunto. E provate a contestare uno dei numerosi principi con la folla di adepti: sono verità assolute, meno negoziabili di quelle di qualsiasi religione, ridiscutibili solo al loro interno, nel campo del sondabile, ossia di ciò che i loro strumenti misurano, più spesso traducendo altri fenomeni insondabili qualitativamente.
E i momenti panici di questi ricercatori nell’ebbrezza di affiancarsi al Dio sconosciuto non tradotti in parole umili, ma in formule astratte che tentano un dialogo sordo con uo stesso Dio che l’attimo dopo che si è chiamato in causa nei metodi, si nega con forza nei termini, con un teorema indimostrabile se non attraverso i teoremi che l’hanno preceduto e senza i quali non potrebbe esistere e neppure esser falsificato, a proposito di Karl Popper e tutto ciò che tiene in piedi questo grattacielo inclinato su troppi piani affastellati e equivoci della logica, uno sopra l’altro e che oggi sta cedendo su se stesso, mentre non aveva che pretesa d’esser una buona base per un palazzo più umile, senza crescere smodatamente.
Infine, vi diranno estremisti sono sempre gli altri e guai a chiamare la medicina un’arte, la scienza una fede, l’uomo un patrimonio dell’umanità e non una bestiolina da vivisezionare.
E chissà che una risonanza non predirrà il nostro stesso abisso avanti a noi, la nostra volontà di scavare a piene mani, una volta toccato il fondo. In tal caso diranno che si sbaglia e che dobbiamo andare avanti per il bene della ricerca, scomponendo l’uomo in riduzionismi sempreverdi e sempre più camuffati d’interdisciplinarietà e d’una complessità realmente composita di numerose parti ma terribilmente sorda nella sua interezza.