(Un articolo di Davide Ballinari) – Alan Eddison diceva “la moderna tecnologia deve delle scuse all’ecologia”, soprattutto considerando quanto velocemente vengono aggiornati i mezzi elettrici ed elettronici che accompagnano la nostra vita quotidiana. Una continua rincorsa al miglioramento che, parallelamente alla produzione di nuovi modelli di macchine elettroniche con cicli di vita sempre più brevi, produce enormi quantità di rifiuti, identificati con l’acronimo internazionale WEEE o e-waste, o quello nazionale RAEE.
(si24.it)
Ogni anno, nel mondo, vengono prodotti circa 41 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici ed elettrici, secondo un report della Global E-waste Monitor: un totale di circa 7 kg a testa per ciascuno dei 7 miliardi di abitanti del pianeta (ndr, in Italia sono 17kg a persona), ma di questa quantità, solamente il 15,5% viene smaltita con metodi sicuri ed efficienti per l’ambiente. I paesi maggiormente responsabili di questo accumulo di cellulari (la parte più consistente), frigoriferi, televisori, condizionatori e altro in disuso, sono gli Stati Uniti e la Cina, che insieme danno origine al 32% del totale dei rifiuti elettronici mondiali. A preoccupare è anche il fatto che altri paesi, conosciuti per l’attenzione alle questioni ecologiche, contribuiscono a fare aumentare la quantità: Norvegia, Svizzera, Islanda e Danimarca creano spazzatura tecnologica per un totale superiore a 24kg pro-capite/annui.
Situazione del recupero in Italia. La normativa di riferimento per i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche è il D.Lgs. 14 marzo 2014, n. 49. Attuazione della direttiva 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, che regolamenta il trattamento dei RAEE, che deve essere svolto in centri attrezzati, autorizzati alla gestione dei rifiuti ed adeguati al “Decreto RAEE”, sfruttando le migliori tecniche disponibili. Il sistema per il recupero dei RAEE in Italia, ha visto le proprie performance stabilizzarsi poco al di sotto dei 5 Kg/abitante, il che lascia spazio ad un ampio margine di miglioramento, soprattutto in merito alla imposizione di legge del Parlamento Europeo che impone un target di raccolta del 65%. A fronte dei 18 kg/abitante di prodotti tecnologici acquistati, il quantitativo di recupero in Italia, dovrebbe assestarsi attorno ai 12kg/abitante.
Tra gli scarti elettronici si nascondono delle risorse. Lo smaltimento non corretto o l’abbandono di questi rifiuti è dannoso per l’ambiente in quanto rilasciano sostanze inquinanti e impedisce il recupero di alcuni materiali che possono essere riutilizzati. Si eviterebbe così l’utilizzo di nuove risorse e si ridurrebbe notevolmente l’impatto sull’ambiente. Da alcuni dati delle Nazioni Unite, i rifiuti elettrici ed elettronici, oltre a materiali cancerogeni, contengono l’equivalente di 50 miliardi di euro in plastiche e metalli preziosi, tra cui 300 tonnellate di oro e argento per un valore di 580 milioni di euro. Insomma, una vera e propria risorsa che vale la pena riciclare nella migliore maniera possibile, tutelando l’ambiente e permettendo a questi materiali di essere rimessi sul mercato. Di questi quantitativi, però, secondo i dati Onu, viene recuperato soltanto il 15%: a dare l’allarme è l’Enea, secondo cui, passando dall’attuale 33% a un 80%, si otterrebbe un miliardo di euro di materiale di guadagno.