Paul Grimault
Francia, 1980
Il regno di Takicardie è governato dall'arrogante re Charles V + III = VIII + VIII = XVI, appassionato cacciatore, dispotico e pronto a sbarazzarsi di chiunque non si mostri d'accordo con le sue bizze. L'unico oppositore al suo regime è un uccello che vive coi suoi piccoli proprio sul castello del re. Il sovrano è affascinato dalla pastorella ritratta in un quadro custodito nelle sue stanze, la quale però pare prediligere lo spazzacamino del dipinto a fianco.
Le roi et l'oiseau, diretto da Paul Grimault, sceneggiato da Jacques Prévert e tratto dalla favola La pastorella e lo spazzacamino di Hans Christian Andersen, ha alle spalle una storia travagliata: la lavorazione, infatti, iniziò nel 1948 ma, per mancanza di fondi e screzi tra regista e produttori, fu portato a termine nella forma attuale solo nel 1980.
La storia è adatta a un pubblico infantile, ma offre all'occhio adulto numerosi riferimenti e simbologie, rendendo la visione interessante a ogni età. L'abbondanza di elementi onirici e la forza delle scenografie, inoltre, è in grado di sorprendere a ogni scena: così inseguimenti lunghi e narrativamente superflui diventano un modo per scoprire la strabiliante struttura della residenza reale, vero gioiello visionario.
Il sogno fa irruzione nella realtà quando i personaggi dei dipinti escono dalle cornici e prendono vita, diventando protagonisti dell'azione. L'occhio sulla Storia rimane però spalancato: il re, il cui potere è fondato sul culto della personalità, pronuncia a un certo punto la frase "Le travail, c'est la liberté", allusione per nulla velata all'Arbeit macht frei dei campi di concentramento. La critica al nazismo e all'assolutismo in generale non sono le sole che si trovano nel film: a queste si aggiungono il disprezzo per il cieco servilismo e la smodata avidità, la diffidenza nei confronti dell'alientante lavoro in catena di montaggio, l'ingiustizia dell'allontanamento di invisibili e indesiderati, in breve si punta il dito contro molte delle piaghe della modernità incalzante, rendendo il messaggio di fondo ancora attuale e condivisibile.
Ci sarebbe molto altro da dire su un lungometraggio denso di significati, a tratti visivamente incredibile, traboccante di citazioni e rimandi, ancora in grado di stupire anche nell'epoca degli effetti speciali a profusione, ma non voglio rovinare la sorpresa: dovete vederlo e rimanere a bocca aperta voi stessi.
Se non vi bastasse il mio parere, vi dico anche che Le roi et l'oiseau ha influenzato l'opera di Hayao Miyazaki e Isao Takahata i quali, innamorati di questo film, lo distribuirono in Giappone. Vi ho convinti o no?
Voto: 8½