“Le rotte del caffè”: il caffè in ghiaccio

Da Cultura Salentina

di Roberto Pagliara

Una foto storica del “Caffè Quarta”

Tra le Rotte del Caffè non potevamo non indicarne una che in parte ha fatto la storia del nostro Salento. Il turismo internazionale ormai riconosce a pieno titolo l’associazione tra “italiano” e “cappuccino”, probabilmente il termine fa parte dei vocabolari di tutte le lingue anche perché la parola “cappuccino” è una delle prime che il turista in Italia impara.

Noi salentini siamo andati oltre, abbiamo fatto di più, abbiamo esteso il vocabolario ad un termine che non supera i confini regionali, quindi il turista straniero nel Salento ha un vocabolario arricchito di un termine in più: il caffè in ghiaccio.

Sembra banale ma se la preparazione avviene al di fuori delle “rotte del caffè”, si assiste spesso a veri e propri obbrobri che certo farebbero rivoltare nella tomba il legittimo inventore della preziosa preparazione: don Antonio Quarta da Lecce.

Scusandomi dell’acrobazia di parole: quale è la storia che ha fatto storia? Bene, la storia è questa.

Ci troviamo nell’immediato dopoguerra della seconda guerra mondiale quando don Antonio Quarta decide di dare una svolta alla propria vita, quindi acquista un tostino manuale con il quale prepara la prima miscela di caffè “Avio”, composta da chicchi provenienti da piante di caffè del Centro America. Introduce per primo anche, la macchina a leva per la preparazione del caffè e come luogo pubblico di distribuzione apre quello che allora chiamò “Bar Avio” e che tuttora, dopo 60 anni, conserva la stessa posizione al centro di Lecce. Il nome “Avio” fu deciso in onore dei tanti militari dell’aviazione militare che provenienti dall’aeroporto di Galatina, quotidianamente passavano per sorseggiare un caffè.

Don Antonio Quarta, che al tempo era anche produttore di ghiaccio in una piccola fabbrichetta di sua proprietà, ebbe un’idea geniale: inventare una bevanda tonificante come il caffè e contemporaneamente che fosse dissetante per i mesi estivi quindi, con il punteruolo ottenne delle scaglie di ghiaccio, tante da riempirne un bicchiere per poi versare sopra con gesto repentino, il caffè caldo appena fatto. Fu l’invenzione del “caffè in ghiaccio”. A differenza del caffè freddo che era in uso allora, questo conservava la piena fragranza del caffè, mentre il primo, nell’arco della giornata, perdeva le caratteristiche dell’aroma inoltreera necessario l’uso di ghiaccio duro e secco, cioè ottenuto a bassissime temperature, questo consentiva di ottenere un caffè non annacquato a causa dell’uso di ghiaccio non troppo freddo.

La macchina da caffè a leva (quella del bar), era l’ultima delle variabili che contribuiva ad ottenere sapore e fragranza difficilmente ottenibile con i vari modelli di moka casalinghi. In definitiva, seppur dalla denominazione banale di “caffè in ghiaccio”, questa è una preparazione piuttosto complessa che è bene degustare in ambito salentino.

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Rif. bibl.: A. MAGLIO, L’Oriente che è in noi, GLocal ed., Lecce 2011


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