Le sabbie di Marte (Arthur C. Clarke)
Anonima Andrea Cabassi
Con Clarke sapevo di andare sul sicuro (ora che ci penso è un pezzo che non scelgo un libro seguendo l’istinto, dovrò ricordarmelo per l’anno prossimo) avendo letto non troppo tempo fa Incontro con Rama, e del resto dopo la lettura di un fantasy moderno un po’ di sana fantascienza hard era quello che ci voleva.
Le Sabbie di Marte narra del viaggio dal pianeta Terra a Marte dell’autore di romanzi fantascientifici Martin Gibson e del periodo iniziale della sua permanenza sul pianeta rosso. Il romanzo risale al 1951, quindi dieci anni avanti al primo uomo nello spazio e ben diciotto prima dello sbarco sulla Luna, ma riesce a essere molto attuale. Diciamocelo: il fatto che una società che ancora fa uso della macchina da scrivere e dei foglietti di carta per comunicare a distanza abbia colonizzato il sistema solare fa venire la rabbia, tuttavia non ci sono altri anacronismi, anzi: l’autore prende un po’ in giro la categoria (e mette le mani avanti?) facendo pronunciare queste parole a uno dei personaggi:
Questo è il guaio di tutte le vecchie favole del buon tempo andato… non c’è niente che sia più morto dei racconti avveniristici di ieri.
Ultima curiosità: Le Sabbie di Marte è il primo dei Romanzi di Urania e, come si vede dall’immagine della copertina, uscì in edicola il 10 ottobre 1952.
Ora, finalmente, vi lascio alla mia raccolta di citazioni del romanzo.
Citazioni da Le Sabbie di Marte
Pos. 30-31Si trovava nello spazio! Era una vera disdetta aver perduto il decollo, ma quando si sarebbe messo a scrivere avrebbe ritoccato abilmente quel punto con chiose e commenti opportuni.
Pos. 41
volendo attenuare la luce del sole avevano derubato le stelle del loro fulgore.
Pos. 109-13
Gibson non si era mai rassegnato al sacrificio delle aerodinamiche astronavi che erano state il miraggio dei primi anni del ventesimo secolo. Quello scintillante attrezzo ginnico, formato da due sfere unite da una sbarra, a forma di manubrio, non era il suo concetto di transatlantico spaziale, e anche se il mondo l’aveva accettato, lui ancora non ci si era abituato. Ne conosceva naturalmente le note giustificazioni: non occorreva una linea aerodinamica a un mezzo che non doveva entrare mai in nessuna atmosfera, e la forma quindi era suggerita da considerazioni di carattere puramente funzionale ed energetico.
Pos. 146-48
Anche quando ogni forza di gravità era scomparsa, ci si ostinava ugualmente a immaginare una direzione in basso, e sembrava naturale supporre che la superficie cui erano uniti tavolo e seggiole fosse il pavimento.
Pos. 150-51
A peggiorare le cose, la rapatura a zero dava a quegli uomini, di solito più che presentabili, una espressione vagamente sinistra, cosicché l’intero quadro offriva l’aspetto di una riunione di famiglia al Castello di Dracula.
Pos. 157-58
«Non siamo in molti, vero?» disse. «Ma non dimenticate che questa nave è pressoché automatica e d’altronde nello spazio non succede mai niente.
Pos. 159-60
non si fidava mai dei primi impulsi ma se li annotava con cura
Pos. 251-52
erano le luci delle prime città lunari, e dicevano alle stelle che dopo un miliardo di anni la vita era giunta finalmente alla Luna.
Pos. 255-56
Aveva completamente dimenticato la colazione… fenomeno senza precedenti.
Pos. 263-64
Il capitano Norden, apparentemente, si comportava come un arbitro non del tutto disinteressato, sostenendo ora l’uno ora l’altro nel tentativo d’impedire una vittoria decisiva.
Pos. 373-74
«A pagina tre hai scritto centrifuga mentre avresti dovuto dire centripeta.» «Dal momento che mi pagano a battuta non vedo che differenza faccia. Le due parole sono lunghe uguali, no?»
Pos. 418-19
Gibson avrebbe potuto benissimo comunicare con Mackay mediante il telefono interno, ma tutte le scuse per piantare il lavoro erano buone.
Pos. 570-72
E poiché, come saprai, la forza di campo H è inversamente proporzionale alla distanza, appare subito ovvio che dH/dr varia inversamente al quadrato di r, e perciò è troppo piccola per essere misurata, a meno che tu non ci sia vicinissimo.
Pos. 588-89
Questo è il guaio di tutte le vecchie favole del buon tempo andato… non c’è niente che sia più morto dei racconti avveniristici di ieri.»
Pos. 591-95
Guarda che cosa è successo fino al sessanta, diciamo anche fino al settanta. A quell’epoca si scrivevano ancora romanzi intorno al primo viaggio sulla Luna. Oggi però sono illeggibili. Una volta raggiunta la Luna, per qualche anno ancora si scrisse intorno a Venere e a Marte. Ma oggi anche quei romanzi non si leggono più, se non per farci sopra matte risate. Può darsi che i pianeti esterni forniscano ancora un discreto investimento per un’altra generazione: ma le frottole interplanetarie care ai nostri nonni hanno avuto la loro definitiva sepoltura alla fine del settanta.»
Pos. 617-18
Era meravigliosamente rassicurante il sospiro continuo, regolare delle pompe dell’aria che insufflavano gli alisei artificiali
Pos. 697-99
L’Ares si allontanava alle sue spalle con spaventosa ineluttabilità. Lui stava sprofondando nello spazio, nello spazio vero, finalmente, e il suo unico legame con la vita era quel tenue filo che si dipanava dal suo fianco.
Pos. 719-20
La nave era adesso troppo piccola e fragile per poter essere ancora considerata un rifugio sicuro. Gibson era finalmente solo con le stelle.
Pos. 766
una infarinatura su alcuni problemi, più tipica dei curiosi che dei competenti.
Pos. 785-86
«Finirai col diventare uno di quegli scienziati freddi e astrusi che sanno tutto senza sapere niente. Un altro uomo di valore, completamente sprecato.»
Pos. 846-47
Era una grave violazione alle leggi della probabilità… un caso che non si sarebbe mai verificato in un suo romanzo. Ma la vita è così poco artistica, e alla sua mancanza di stile non c’è assolutamente alcun rimedio da opporre.
Pos. 973-75
«Sono stufo di sorbire la mia birra da un recipiente a forma di bulbo» spiegò. «Voglio cercare di versarla come si conviene in un bicchiere vero, adesso che ne abbiamo di nuovo la possibilità.»
Pos. 1003-6
Naturalmente quella dei Marziani era la storiella che circolava tra gli abitanti della Terra sin dal tempo in cui erano tornate le prime astronavi con la deludente notizia che il pianeta gemello era completamente disabitato. Tuttavia parecchi erano ancora fermamente convinti, malgrado tutte le prove contrarie, che in qualche angolo dei monti ancora inesplorati del pianeta si annidasse qualche forma di vita intelligente.
Pos. 1093-94
Gli erano stati necessari due mesi di lenta acclimatazione sull’Ares, e tutte le risorse della scienza medica moderna per consentirgli di mettere piede sulla superficie di Marte con l’unica protezione di una maschera ad ossigeno.
Pos. 1125-27
Quella luce ferma, immobile, che brillava inaspettatamente nel cielo diurno, era adesso, e tale sarebbe rimasta per molte settimane, la stella mattutina di Marte. Ma era meglio nota col nome di Terra.
Pos. 1152-53
la sincerità era una delle principali virtù del Capo Supremo marziano, una qualità che non lo rendeva certo simpatico a molta gente.
Pos. 1163-64
Tutti, su Marte, sono specializzati in qualcosa, ma certo esistono più mestieri sulla Terra che abitanti su questo pianeta
Pos. 1176-78
Marte è molto lontano, costa un sacco di quattrini, e non offre niente in cambio. Il primo interesse per le esplorazioni interplanetarie si è calmato, e adesso la gente si chiede: “Noi cosa ci guadagniamo da tutto questo?”. Per ora la risposta è stata una sola: “Poco”.
Pos. 1179-80
Molto probabilmente l’uomo medio terrestre pensa che qui si stanno spendendo miliardi che potrebbero essere impiegati meglio a migliorare il pianeta d’origine
Pos. 1187-89
«Non vi sembra che ci sia qualche analogia tra Marte e le prime colonie americane?» «Il paragone non è molto calzante. Dopo tutto, quando arrivarono in America i lontani pionieri vi trovarono aria che potevano respirare e cibo che potevano mangiare!»
Pos. 1196-1200
«Marte è un mondo interessante, bello anche. Ma non potrà mai essere come la Terra.» «E perché dovrebbe esserlo? E poi che cosa intendete per Terra, prima di tutto? Intendete forse le pianure del Sud America, i vigneti di Francia, le isole coralline del Pacifico, o le steppe siberiane? Perché Terra è ciascuno di questi luoghi! Ovunque l’uomo riesca a trovare una possibilità di esistenza, là è la sua terra. Ebbene, presto o tardi gli uomini saranno in grado di vivere su Marte senza bisogno di tutta questa roba.» E con ampio gesto indicò la cupola che racchiudeva la città e le dava vita.
Pos. 1249-50
Quel pensiero, invece, sull’Ares non l’aveva tormentato mai. Lo spazio era privo di atmosfera ovunque, ma lì, quando sotto gli occhi si stendeva una pianura rigogliosa, sembrava che la mancanza d’aria non fosse una cosa giusta.
Pos. 1291-95
«Appunto. Non hanno bisogno di aria come le nostre piante, e tutto quello che serve lo prendono dal suolo. Infatti potrebbero benissimo crescere nel vuoto assoluto, come le piante della Luna, purché avessero un terreno adatto e luce solare a sufficienza.» Un vero trionfo dell’evoluzione, pensò Gibson. Ma a quale scopo?, si chiese. Perché la vita si era aggrappata con tanta tenacia a quel piccolo mondo, nonostante tutto il male causatole dalla natura? Forse il Capo Supremo marziano aveva tratto una parte del suo ottimismo dalla lezione impartita da quelle piantine ostinate e risolute.
Pos. 1313-15
L’Amministrativo, come lo chiamavano, non offriva in sé niente d’interessante: era identico ai tanti palazzi d’amministrazione che si costruiscono sulla Terra, pieno di file di scrivanie, di macchine da scrivere e di schedari d’archivio.
Pos. 1365-67
Era strano parlare a bambini che non avevano mai conosciuto la Terra, che erano nati e avevano trascorso la loro breve esistenza sempre ed esclusivamente al riparo delle grandi cupole. Gibson si chiedeva che significato avesse per loro la Terra. Era forse più reale, per loro, dei regni immaginari delle favole?
Pos. 1591-94
Una volta l’intero equipaggio dell’Ares andò ad assistere ai progressi compiuti dal dottor Scott e dai suoi colleghi nella lotta contro la febbre marziana. Era ancora troppo presto per trarre conclusioni positive, ma Scott sembrava alquanto ottimista. «Avremmo bisogno di una bella epidemia in grande stile» disse fregandosi le mani. «Solo così potremmo provare veramente l’efficacia di questa roba. Per il momento i casi di febbre sono troppo scarsi.»
Pos. 1632-33
Jimmy si fece coraggio ricordando una certa citazione che gli pareva facesse al caso suo e in cui si parlava di cuori teneri e di belle dame.
Pos. 1643-49
«Che cosa si indossa su Marte per i pranzi ufficiali?» domandò Jimmy. «Pantaloncini neri e cravatta bianca» rispose Gibson incerto. «O il contrario? Comunque ce lo diranno all’albergo. Spero che riescano a scovare qualcosa che si possa infilare senza scoppiarci dentro.» Ci riuscirono, giusto per un pelo. L’abito di società su Marte, dove per il calore e l’aria condizionata i vestiti erano ridotti al minimo, consisteva in una camicia di seta bianca con due file di bottoni di madreperla, una cravatta nera a farfalla, e un paio di pantaloncini di raso nero guarniti di una larga cintura a maglia, di alluminio, cucita su un sostegno elastico. L’effetto era tutt’altro che inelegante, ma quando fu vestito Gibson si sentì qualcosa a metà tra un boy-scout e il Piccolo Lord.
Pos. 1739-40
«No, maledetti loro! Questo è il guaio con gli uomini di scienza, non si riesce mai a cavargli di bocca una data precisa.»
Pos. 1749-50
Gibson aveva ormai raggiunta l’età in cui si capisce che la bellezza non è sempre essenziale, ma era giusto che a questo proposito Jimmy avesse opinioni diverse.
Pos. 1768-70
La ruota aveva finalmente compiuto il suo giro: lui era tornato a quella sua lontana ventunesima primavera. Comprendeva pienamente ciò che Jimmy sentiva in quel momento, e sapeva inoltre che qualsiasi cosa gli avesse riserbato l’avvenire, niente avrebbe uguagliato le emozioni che il ragazzo stava scoprendo ora, e che erano per lui nuove e fresche come lo erano state per il primo uomo nel primo mattino del mondo.
Pos. 1855-59
«Da quanto tempo siete su Marte?» gli chiese Gibson, che aveva finalmente smesso di fare fotografie attraverso i finestrini. «Da cinque anni.» «E volate continuamente?» «Più o meno.» «Non preferireste viaggiare sulle navi spaziali?» «Francamente no. Non c’è nessuna emozione a volare con quelle. In realtà non è nemmeno un volare ma un galleggiare nel vuoto per mesi e mesi.»
Pos. 1956-58
«Ma guarda tu che roba!» esplose infine Gibson, a mezzo tra il furioso e il divertito. «Sono venuto sano e salvo dalla Terra a Marte, ho percorso in santa pace cinquanta milioni di chilometri, e non appena metto piede su un modesto comune aereo, ecco che cosa succede! D’ora innanzi viaggerò esclusivamente su astronavi.»
Pos. 2189-93
Gibson camminava in testa, ma procedeva con una certa fatica e stava già meditando di sacrificare l’orgoglio e chiedere a Jimmy di sostituirlo, quando notò con sollievo di essere arrivato a un sentiero serpeggiante che portava più o meno nella direzione giusta. Per un eventuale osservatore quella sarebbe stata una interessante dimostrazione della lentezza di certi processi mentali. Gibson e Jimmy infatti percorsero un buon tratto, sei lunghi passi almeno, prima di rendersi conto della semplice ma strabiliante verità che i sentieri, di solito, non si tracciano da soli.
Pos. 2231-32
«Tra un’ora dovete essere di ritorno, e se ci mettete di più voglio che mi riportiate come minimo un’autentica principessa marziana da Mille e una notte.»
Pos. 2233-34
«Essendo in tre, dovremmo poterci difendere anche se incontrassimo qualcosa di spiacevole»
Pos. 2366-67
Le condizioni su Marte avevano però da tempo raggiunto la stabilità, e tale equilibrio sarebbe quindi durato per millenni, a meno che non ci pensasse l’Uomo a capovolgerlo!
Pos. 2418-19
È sempre fatale adattarsi all’ambiente sfavorevole che ci circonda. Bisogna invece cercare di trasformare l’ambiente forzandolo ad adattarsi a noi.»
Pos. 2575-78
Non aveva nessuna intenzione di posare a modello di perfezione per nessuno. Anche nei suoi momenti più sdolcinati era sempre rifuggito dal servirsi di quelle comode parabole vittoriane in cui si parla di uomini pigri ed egocentrici che si trasformano a un tratto in campioni di virtù e in esseri utilissimi, anzi indispensabili alla società. Ma aveva una paura tremenda che qualcosa di molto simile stesse succedendo a lui!
Pos. 2745-46
sono pochi i grandi uomini che rimangono tali quando li si conosce più a fondo.
Pos. 2853-54
«Sino a che punto a Irene piacerà avere un marito che trascorre metà della propria esistenza nello spazio è ancora da vedere… ma dopotutto, sono secoli che le mogli dei marinai hanno superato questo scoglio.»
Pos. 2956-57
siccome quelli che sapevano la verità se ne stavano muti come pesci, mentre quelli che non sapevano niente gracchiavano come cornacchie, quando scese la notte la città si trovava in uno stato di confusione estrema.
Pos. 2963-64
Porto Lowell aveva tutte le caratteristiche di un alveare nel quale fosse stato improvvisamente infilato un bastoncino.
Pos. 3014-15
Non poterono però impedire i numerosi assembramenti che si formarono in tutta la città, e nei quali ognuno affermava di aver sempre saputo sin dall’inizio cosa fosse in realtà il Progetto Aurora.
Pos. 3268-69
Tutte le bellezze della Terra, che sino a quel momento lui aveva, se non disprezzate, certo accettate come fatti acquisiti
Le Sabbie di Marte: giudizio finale
Ottimo lavoro del buon Clarke! Opera più acerba rispetto al suo sopracitato capolavoro, tuttavia godibilissima e molto rigorosa dal punto di vista fisico, aspetto cardine questo di tutta la fantascienza hard, i cui canoni Clarke stesso ha contribuito a delineare.
In definitiva la valutazione per Le Sabbie di Marte è di due HAL 9000, in pezzi da mezzo HAL (questo per ricordare che la mia classificazione è del tutto priva di significato ma non di buon gusto. Per chi se lo chiedesse, mezzo HAL 9000 non corrisponde a un HAL 4500):
Le sabbie di Marte (Arthur C. Clarke)
Anonima Andrea Cabassi