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Le scritture collettive: queste sconosciute

Creato il 17 gennaio 2014 da Abattoir

Quando si pronuncia in pubblico l’espressione “scrittura collettiva” un misto di diffidenza e pietà si impossessa dell’uditorio. Una risata amara si disegna sul volto delle persone. Ascoltatori (e potenziali lettori) tendono a considerare la succitata pratica scrittoria solo come un bizzarro esperimento di simil-letteratura riproposto fuori tempo massimo dal pazzo-sessantottino-comunista di turno. La scrittura collettiva come un esperimento sovietico di collettivizzazione dell’arte, insomma. Ma, se la diffidenza lasciasse spazio al dubbio e alla curiosità, ci si renderebbe conto che le scritture collettive hanno una storia molto antica e degna di rispetto. Agli ascoltatori perplessi, ai lettori scettici, mi piacerebbe ricordare che l’Odissea, l’Iliade e anche la Bibbia sono state il frutto di un’elaborazione comunitaria. Mi piacerebbe ricordare che molto prima dei romanzi scritti a quattro mani da Fruttero e Lucentini esistevano le tenzoni dei poeti trovatori. Mi piacerebbe ricordare anche i dialoghi, i centoni, i canti popolari, i cadaveri squisiti surrealisti e tanto altro ancora. Dunque le scritture collettive non sono né casi rari ed eccezionali nella cultura europea, né sono strettamente legate alla cultura sovietica. Attualmente esse hanno ottenuto un certo successo commerciale e artistico soprattutto grazie agli scritti del collettivo Wu Ming, Kai Zen e dei Sic. Quest’ultimo gruppo, fondato nel 2007 da Gregorio Magini e Vanni Santoni, ha elaborato un metodo di scrittura per la stesura partecipata di opere narrative da parte di gruppi e masse. A questo proposito è giusto ricordare che non tutti i gruppi di scrittura sfruttano le stesse tecniche di composizione e che l’elaborazione artistica è anche un problema di metodo strettamente connesso agli scopi dello scrivere. Se ad esempio i Sic individuano tra i fini ultimi del loro operare i seguenti punti:

- far diventare la scrittura collettiva dei piccoli gruppi una prassi letteraria

- scrivere un grande Romanzo Aperto, un libro collettivo da centinaia di utenti, che sia innanzitutto un buon libro

- dare vita a una rete di lettori e scrittori attenti all’innovazione e sensibili al tema della condivisione del sapere1

c’è anche chi vede nella scrittura collettiva una pratica alternativa al “muro dell’individualismo esasperato”2 e che al di là dell’esito letterario punta ad ottenere risultati positivi dal punto di vista sociale. Insomma, c’è chi guarda alla scrittura collettiva non solo come prassi artistica ma anche come mezzo di integrazione e benessere. Ne sono un esempio i corsi di scrittura promossi da Leonardo De Sanctis insieme a Nadia Maialetti e Donatella Scotti a Roma.

In conclusione sarà possibile intuire che quando si usa l’espressione “scrittura collettiva” non ci si riferisce ad un referente unico (un bizzarro esperimento sovietico di simil-letteratura), ma ad un grande insieme di realtà che coprono un arco temporale molto vasto e che si sono avvalse di varie tecniche per perseguire scopi differenti. La scrittura come strumento per cristallizzare l’epos di un popolo o le sue credenze religiose, la scrittura come pratica corale, la scrittura come creazione artistica, la scrittura come mezzo collettivo per superare il disagio sociale, questo e molto altro ancora sono le scritture collettive.



1 http://www.scritturacollettiva.org/documentazione/metodo-sic#sic-comic

2  http://notizie.tiscali.it/regioni/lazio/feeds/14/01/14/t_16_02_ADN20140114141304.html?lazio&sub=ultimora


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