Quando pensiamo alla scultura la colleghiamo all’istante a qualcosa di pesante: materiali come marmo, legno, creta... così la definizione di Wikipedia: La scultura è l’arte di dare forma ad un oggetto partendo da un materiale grezzo o assemblando assieme diversi materiali. Secondo queste parole, quindi, anche le opere di Piazza, assemblate partendo dall’intreccio di uno o più fili di ferro o rame, si possono definire sculture. Il lavoro dell’artista, tuttavia, si basa su una linea grafica, e nello stesso tempo materica; quasi un disegno che esce dal foglio e diviene tridimensionale.
Osservando le sue opere non possono non venire alla mente le opere di Alexander Calder, l’artista nordamericano, poi trasferitosi a Parigi, che ha inventato l’arte cinetica. Lo stesso Piazza ha dichiarato: “Una grande mostra retrospettiva di Calder a Torino, ormai molti anni fa, è stata l’ispirazione iniziale della mia arte”. Un’arte che prende le distanze dalla scultura classica, piena, per lasciare il posto all’arte cinetica, ma soprattutto al volume reso con la leggerezza di materiali solo all’apparenza pesanti.
Rame, ferro, ottone, ridotti in fili sottili e fortemente malleabili grazie al calore delle mani, o con l’aiuto di una piccola fiamma, si piegano al volere dell’artista come fossero la linea che esce da una matita, disegnata su un foglio tridimensionale e trasparente; lui in questo spazio installa le sue sculture, appese in alto, sospese nel vuoto: le linee della matita diventano linee di metallo, che disegnano i confini di volumi senza peso.
Sembra quasi che i disegni sperimentali eseguiti senza staccare la matita dal foglio in un solo tratto, creati da molti artisti, alcuni dei quali grandissimi (Picasso e Modigliani), prendano forma materica nelle sculture di Piazza. D’altra parte, non si tratta solo di un esperimento grafico; c’è dietro la ricerca di una tecnica che esprima il pensiero dell’artista, secondo il quale:
“terra e aria si riflettono, materia e vuoto si compenetrano e lasciano a noi l’illusione della materia, della realtà”.
Tutto è pieno e vuoto, luce e ombra, caldo e freddo; il filo crea lo spazio che si vuole racchiudere come se l’aria stessa fosse componente fondamentale delle sculture.
E’ interessante notare come un attore, un artista di teatro, tanto legato all’effimero delle parole e dei gesti, abbia scelto e fatto propria una tecnica così “artigianale”, ideata da un uomo come Calder, pragmatico, interessato alla cinetica e all’arte come dimostrazione delle capacità di costruire e creare marchingegni di ogni sorta, che poco lasciano alla filosofia e all’interpretazione. Forse questo ci dimostra come l’arte nasca dal lavoro non solo mentale, ma anche fisico dell’artista, e come, a volte, non ci sia bisogno di troppi giri di parole per spiegare un’opera: la tecnica la spiega da sola; e se intuiamo perché l’artista abbia usato proprio quella lavorazione, spesso intuiamo anche il significato della sua arte.
Sculture aeree di Graziano Piazza. A cura di Giulia Ballerini e Monia Nannini. Spazio espositivo “L’Asterisco”, via Banchelli 63, Prato, dal 7 luglio al 31 agosto 2011. Orari mostra: dal lunedì al sabato dalle 16.30 alle 20, giovedì di luglio fino alle 23. Info: [email protected]