Magazine Diario personale

“Le solite cose”

Creato il 08 febbraio 2012 da Povna @povna

Dopo una giornata campale come quella che ha appena descritto, il mercoledì con Corto Maltese riconcilia con il significato profondo di parole come “relazione educativa”, “passione”, “intelligenza”, “curiosità”,”cultura”. La ‘povna era stata felice di trovare la telematica conferma della ripresa degli incontri, e l’aveva considerata una delle poche buone notizie dello svilente martedì.
Così oggi, dopo il panino al bar, il caffè e i necessari aggiornamenti si sono seduti, come da prassi, in aula informatica, pronti a lavorare.
“Che cosa facciamo, allora, Corto?”
“Prof., io avrei pensato a qualche idea per l’orale dell’esame, finalmente. Mi piacerebbe parlare un po’ della tesina”.
“Mi piacerebbe farla su questo, questo e questo“.
(E ti pareva: un argomento su cui la ‘povna ha lavorato – e pure un po’ – per l’altro mondo. E che segna il suo legame con una città che per lei è insieme idiosincratica e reale).
Si mettono lì, a cercare mappe, planimetrie, foto, citazioni e spunti. E la ‘povna tira fuori, per potergli passare i suoi articoli, anche la sua pennina.
“Ecco, guarda: potresti leggere questo e questo romanzo”.
Ma lo sguardo di Corto corre veloce sulla pagina:
“Prof., ma perché questo suo articolo è scritto mezzo italiano e mezzo inglese?”.
Corsi e ricorsi (e i giorni son gli stessi) e il 2006, e ricordi su ricordi. E una finale vissuta intensamente, e un aereo prenotato all’impronta, la Neverland di settembre, uno spazzolino [condiviso] da denti; l’amico mostro, Viola).
“Perché la parte in italiano è quella che è stata pubblicata in un volume miscellaneo, cui interessava quella; il resto sono appunti per un libro che dovevo pubblicare in Gran Bretagna, e non ho mai finito, perché sono tornata a scuola”.
Per cogliere lo spunto, basta poco, specie se lo sai cogliere.
“Ma lei ha mai pubblicato qualcosa?”.
“Sì, Corto, alcuni volumi di saggi: per esempio quello da cui forse puoi trovare qualche spunto, e che ti porterò domani”.
“Questo lo sapevo” – fa lui come a dire cosa ovvia, per poi proseguire, coraggioso e titubante – “io, lo sa, intendevo narrativa”.
La risposta è immediata (forse troppo).
“No Corto, io preferisco analizzare il letterario, come Calvin. Per quanto riguarda lo scrivere racconti sei tu quello che è bravo”.
Corto incassa, senza batter ciglio. Però tace, e non la guarda, scettico. Infine:
“Mai, mai, nemmeno niente?”.
“Sì, è vero, un raccontino, una volta, un premietto…”
Sguardo io-lo-sapevo-io-lo-avevo-detto. Ma, a tacitare l’aria interrogativa, tutto ciò non basta:
“E poi, chiaro, scribacchio, come tutti: ma non è mai stato, e questo è vero, più di un passatempo. Sai, come succede, quando ti infogni nelle belle lettere…”.
“Sì” – fa lui, veloce, cursorio, ancora una volta ovvio – “le solite cose“.
E la ‘povna sente ritornare al suo posto l’armonia del mondo. E mentre preparano insieme, veloci, la cartella, e nella corsa alla stazione, e nei saluti, e poi sola sul treno, si lascia prendere, infine, da una straordinaria calma. Perché – ogni volta che ha il privilegio di condividere l’ingegno di questo suo alunno originale, e massacrante – ritrova giorno dopo giorno (quello che sfugge a Max Gazzè, così come a molti altri) il senso vero del suo fare scuola.


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