Il vino e le denominazioni
Oggi con il gran numero di denominazioni è necessario conoscere i significati e le legislazioni delle varie denominazioni, di cui abbiamo ampiamente parlato nei precedenti articoli di questa sezione.
Se da una parte queste denominazioni, DOC, DOCG, IGT e Vino da Tavola offrono una certa garanzia al consumatore e una difesa di un marchio ben identificato con il prodotto e il suo territorio, dall'altra, la nascita di molte nuove denominazioni e la gran mole di informazioni ormai reperibili non solo nelle bibliografie ma anche su internet, pone un problema di orientamento per il consumatore, che si vede da un lato bombardato di nomi e notizie, dall'altra privato di quella cultura tradizionale del passato che la società dei consumi ha fagocitato con la grande pubblicità televisiva e mediatica in generale.
Una parte del problema riguardante la perdita delle identità culturali locali è stata risolta dalle denominazioni, ma non del tutto. Questa eredità culturale infatti non è facilmente recuperabile perché tramandata dagli usi e dai costumi della vita quotidiana del passato, anche oralmente e nello stile di vita. Una volta automaticamente veniva tramandato uno stile di vita e una conoscenza locale sui propri prodotti e località che non dava adito a disorientamenti, e quando si indicava un prodotto, non vi era nemmeno la necessità di spiegarlo, anzi, spesso a livello locale si partecipava direttamente alla sua produzione.
Perché utilizzare le sottodenominazioni
Oggi, con la velocità della nostra società, molte di queste conoscenze si sono perse e anche il gran numero di denominazioni approvate negli ultimi 20 anni inizia a disorientare il consumatore, soprattutto in considerazione della vastità di alcune aree specialmente se non risiede e non ha la cultura della zona di provenienza del vino. Per questo vengono incluse sempre di più nei disciplinari delle sottodenominazioni, che aiutano il consumatore a orientarsi in una zona specifica piuttosto ampia in cui i risultati sono spesso differenti.
Come abbiamo avuto più volte modo di rimarcare, la qualità del vino dipende, oltre che dai processi antropologici di vinificazione, dalla varietà delle uve e dalle condizioni climatiche, geologiche e ambientali in cui l'uva viene coltivata. In questi casi in italiano si usa il termine micro-clima che però non rende giustizia, e nemmeno l'idea, alle specifiche zonali particolari di molti vini. In questo allora è meglio utilizzare il termine francese terroir che indica e racchiude ogni singolo aspetto legato al territorio da ogni punto di vista, fino alla singola parcella di terreno.
Infatti, come sottolineato piu volte, la stessa varietà può cambiare totalmente risultati anche in parcelle distanti poche centinaia di metri l'una dall'altra. Questo perché la natura geologica del territorio, molto frastagliata e discontinua, potrebbbe casualmente porre del calcare in una zona, e successivamente del granito in un altra come semplice confine di formazione geologica tra due aree.
Un altro fattore sono le condizioni micro-climatiche che influiscono sulle uve, come la presenza o meno, o più ravvicinata rispetto ad una zona nella stessa denominazione, di un fiume o un ruscello, che influirebbero sull'impatto dell'umidità assorbita dalle uve e sui sapori, magari salmastri o lagunari, che esse potrebbero assorbire dalla presenza di un corso d'acqua.
Una stessa denominazione a volte può occupare più valli ad esempio, dove ci sia o meno un corso d'acqua, o che siano semplicemente orientate su diversi assi geografici della rosa dei venti. Questo farebbe si che la ventilazione, e a volte il tipo di vento, possa differire in modo sostanziale da valle a valle, cambiando cosi sia l'aspetto organolettico delle uve, sia i processi di maturazione delle uve o i tempi di infiorescenza. Anche i processi di lavorazione riguardano queste differenziazioni.
Se dal punto di vista del profano, queste differenze sembrano esagerate, dal punto di vista dell'appassionato o di quello degli addetti ai lavori invece, queste differenze sono sostanziali, anche perché sugli scarti più o meno qualitativi dei vini, anche appartenenti alla stessa denominazione, si giocano spesso le sorti delle aziende e dei suoi lavoratori.
Cosa è una sottodenominazione
Una sottodenominazione può essere varietale, tipologica o zonale, per indicare peculiarità specifiche di una zona particolare.
Nel caso delle varietali, si intende usare la sottodenominazione per indicare delle differenziazioni precise, all'interno della medesima denominazione d'origine, riguardo all'assemblaggio utilizzato. Molti disciplinari infatti lasciano discreti margini nelle percentuali, e in alcuni casi, dove un determinato assemblaggio risulta più efficacie, può consentire una sottodenominazione che indichi il vitigno utilizzato. Questa sottodenominazione è molto usata in Italia, dove l'indicazione varietale è più sentita.
Anche la sottodenominazione tipologica è molto usata per indicare, nella stessa denominazione, differenze sostanziali nella vinificazione. Un esempio concreto è l'indicazione, sotto la stessa denominazione e magari varieta di uva, dell'indicazione Vin Santo per indicare un vino dolce, o passito per indicare un metodo di lavorazione delle uve. Questo fornisce un'indicazione essenziale al consumatore al momento dell'acquisto.
La sottodenominazione zonale invece è meno usata, anche grazie all'uso dei DOCG, ma in alcune denominazioni valgono autorizzate le sottodenominazioni indicate come sottozone, da apporre in etichetta, proprio per indicare specifiche aree ristrette con dei livelli qualitativi piu alti rispetto a quelli medi della stessa denominazione. Per un esempio si possono citare le varie sottozone dei Colli Bolognesi, o della Vernaccia di San Gimignano.