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Le spire del dire

Creato il 28 ottobre 2010 da Lucas
Andante palazzeschiano Avere da dire, soffrire, non dire, ingoiare il non detto per non soffrire da reietto. Non sparire tra le spire; e tu mi volevi venire a dire che io avrei dovuto dire... Ma io, le ho detto, non posso - Come non posso? - ha risposto - Non vuole, è cosa diversa. Allora il mio dire ha fatto, per così dire, traversa. Il silenzio è comparso: mi sono dato indisposto, mi sono morso un orecchio, mi sono fatto sordo nel rifiuto di guardare lo specchio. Ho chiamato un garante per difendermi da me stesso che prendesse le veci di questo io ormai vecchio che non riesce a dire o a non dire. Alla debole luce di un Venere vicino, mi privo del caldo, della parola, la lascio stampata, qui, sola, beneducata ché detta diventa suono beffardo. Dottore, dottore mi aiuta a dire alla vita che passa davanti a dirle qualcosa, qualcosa che resta che si stampi come un'ombra che fissa i contorni del mio malcerto cammino? - Bravo è sulla strada giusta, ritorni giovedì prossimo, stessa ora stessi pensieri di scavo, di testa. Si sforzi durante la settimana. Dottore, ma porca puttana io mi sforzo, mi sforzo; ma nel dire sono bloccato, il dire mi sembra un reato; il mio corpo non dice, dottore, mi offra un microclisma per espellere questa anima compressa mai in pace con me, né con se stessa. - Si disgiunga, si sdoppi, si autocommissioni una parte in deroga, mandi avanti colui che le sembra nascosto, il suo io recitante, che interpreti quello che lei vorrebbe dire e ridire. Ma dottore! io mi sento morire se mi scambiano l'io per un altro, un io che non mi rappresenta un io ch'è solo una ripetuta assenza. - Si calmi, il suo tempo è finito. Ora vada: rimetta il soprabito, conosce la strada.

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