Compatte, dalla massa simile a quella del Sole ma di gran lunga più piccole. Parliamo delle stelle di neutroni, corpi celesti la cui struttura è sostenuta dalla pressione di neutroni liberi e che da sempre affascinano gli astronomi. Si tratta di oggetti dotati di un’altissima densità e di un campo gravitazionale superficiale cento miliardi di volte più intenso di quello della Terra. Le stelle di neutroni vengono chiamate anche stelle degeneri, come anche altri corpi celesti estremamente compatti. Le stelle di neutroni, che si formano quando una stella massiccia collassa, sono note per avere i campi magnetici più intensi misurati nell’Universo.
Ciò che ha sempre interrogato gli esperti è perché alcune stelle di neutroni risultano essere più magnetizzate rispetto ad altre. A rispondere a questa domanda hanno pensato Konstantinos Gourgouliatos e Andrew Cumming, due fisici della McGill University, il cui studio è stato pubblicato su Physical Review Letters. I loro risultati potrebbero aiutare gli scienziati a misurare la massa e il raggio di questi corpi stellari e acquisire così conoscenze sulla fisica della materia a densità estreme.
Studi precedenti avevano già suggerito che il campo magnetico di una stella di neutroni potesse rompersi in anelli più piccoli e indebolirsi nel corso del tempo, con l’invecchiare della stella – un fenomeno fisico noto come cascata turbolenta. Ci sono comunque diverse stelle “di mezza età” (ciò vuol dire da un milione a pochi milioni di anni), che sono note per avere campi magnetici relativamente forti, e ciò ha per anni lasciato gli scienziati senza una soluzione, perché non riuscivano a far combaciare i modelli teorici con le osservazioni reali.

I due fisici hanno chiamato questo effetto “Hall attractor”, rifacendosi all’effetto Hall che gli astrofisici credono sia legato all’evoluzione del campo magnetico superficiale delle stelle di neutroni.
Per saperne di più:
Leggi qui lo studio: “Hall Attractor in Axially Symmetric Magnetic Fields in Neutron Star Crusts”, di Konstantinos N. Gourgouliatos e Andrew Cumming
Fonte: Media INAF | Scritto da Eleonora Ferroni
