Le storie dell’Hotel Patria

Creato il 07 giugno 2011 da Ilsegnocheresta By Loretta Dalola

Il direttore della Stampa, Mario Calabresi  ha debuttato come conduttore, in prima serata su Rai 3 col programma dal titolo Hotel Patria. Tutte le volte che guardo un programma nuovo, oltre alla normale curiosità, mi auguro che sia buono, che non vada a rinverdire le solite critiche indirizzate contro l’informazione televisiva e ieri sera per fortuna, non appena è iniziato, ho capito che Mario Calabresi mi avrebbe tolto dall’imbarazzo, consegnando agli spettatori un buon prodotto, un prodotto serio e di qualità.

In questo hotel vi abitano persone non straordinarie ma che sono riuscite in qualche modo ad affrontare o superare i tanti problemi della vita, in questo hotel il direttore  ci conduce all’interno del coraggio, nella passione, nell’amore e nel talento che contraddistingue gli italiani.  Nella prima puntata dedicata alla  differenza razziale, il tema prende la via confidenziale e  assume toni narrativi equilibrati: “Voglio raccontarvi di una scuola di Milano che è il simbolo dell’integrazione, su 93 alunni, 80 sono stranieri. Secondo le previsioni, nel 2050 gli scolari stranieri saranno la maggioranza, allora siamo andati a guardare nel nostro presente per capire il nostro futuro”.

Ed effettivamemte entriamo in questa scuola particolare,  ascoltiamo le voci dei bambini della scuola elementare di Via Paravia a Milano (la stessa dove studiò Calabresi) con la più alta densità di allievi extracomunitari d’Italia. Una scuola che da sempre ha accolto le grandi ondate migratorie dal sud alla periferie del Cairo, passando dall’India, 16 nazionalità differenti, insomma il mondo in una scuola, una vera babele.  Invece questa scuola insegna a tutti coloro che temono la diversità e  il confronto, è un modello di integrazione vera, dove  i bambini si sentono italiani, con regole uguali per tutti, disciplinatissimi nei loro grembiulini senza fiocco ma con un senso molto alto del rispetto, dell’educazione. Bambini che hanno grandi aspirazioni, tanta voglia di apprendere, forza, determinazione, assorbono tutto con avidità e vogliono che l’Italia sia la loro Patria. Hanno capito che attraverso l’istruzione avranno un futuro.

A guardare dentro questa scuola sembra tutto facile, le lezioni sono altamente partecipative e coinvolgenti, quella di musica offre  la possibilità di conoscere sonorità diverse, percussione e ritmi africani, danze di altre nazioni e loro mano nella mano, con colori di pelle che si mescolano, giocano e imparano nel confronto, e sognano di fare, l’avvocato, il calciatore, l’attrice, la parrucchiera, la maestra. Alla domanda cosa è l’Italia rispondono: pace, bandiera, Roma, stivale e casa! Questa scuola gli ha regalato un’identità. Un piccolo miracolo, una scuola con le capacità di mettere insieme mondi diversi.

Ma anche le più belle favole cozzano contro l’attuale politica e quando le cose funzionano bene in Italia si deve provvedere e infatti l’anno prossimo non ci sarà più la prima classe, una circolare ministeriale impedisce l’apertura di classi con più del 30% di stranieri e allora alcuni di loro avranno il nucleo familiare sgretolato perché sorelle o fratelli frequentano la quarta o la quinta, dovranno fare un tragitto con cambio di tram e la scuola piano piano sarà cancellata. La legge ha messo un vincolo che penalizza un’intera zona di Milano dove la presenza di stranieri è massiccia, una scuola che va smontata perché sbagliata, perché un terzo dei bambini è straniero, allora va  chiusa  e il conto lo pagheranno i bambini. Nella scuola  di via Paravia l’integrazione è finita. Forse i nuovi ghetti a Milano nascono così, con la diffidenza e il pregiudizio che isolano le coraggiose maestre di frontiera, che ci mettono tutto il loro impegno,  qui che si sente più forte che altrove la voglia di resistere, di ritrovare un’ idea di quartiere e di comunità: attorno a una scuola che sembra Fort Alamo. Una scuola  che riesce a  mettere insieme gente e storie diverse di un quartiere smisurato.  Una scuola  stramba che rischia di affondare.  Ma è lì,  il nostro futuro, ed è multietnico. Se pensiamo al 2050 ci sembra una data lontanissima, invece quel futuro è già iniziato…e gli esempi di funzionalità ci sono e allora perché renderli vani?  Prendiamo spunto dai piccoli che sono capaci di fare quello che non sanno fare gli adulti: cercano di stare insieme.

E’ un hotel molto particolare quello che ci accoglierà ogni lunedi sotto il grande  lampadario a gocce che da volume alla scenografia dello studio, dove campeggia la scritta “Hotel Patria”  come l’insegna di un motel hollywoodiano, al centro del rotondo palco, panche e tavoli di legno e in mezzo alla gente con  grande garbatezza e buona arte affabulatoria il direttore   firmerà la sua conduzione, all’insegna della comprensione e della riflessione esibita per esempio nel confronto con Aldo, Giovanni e Giacomo, chiamati non per promuovere dischi o film ma come testimonianza di integrazione:  “Lui seduto – dice Giacomo, rivolto al conduttore,  – io in piedi, è più alto lui: questo è razzismo”. L’appuntamento è rinnovato!


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :