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Le streghe di Baceno. Una strage dimenticata.

Creato il 09 maggio 2014 da Il Viaggiatore Ignorante
Le streghe di Baceno. Una strage dimenticata.
"Noi vicario del vescovo e del giudice suddetto, prescriviamo e ordiniamo quanto segue: Si conti fino a circa dodici giorni a partire da oggi. Allo scadere di questi il giudice secolare manderà un ordine affinché ci venga rivelato se qualcuno abbia saputo, visto o sentito dell'esistenza di una persona eretica o di una strega, per diceria o sospetto, in particolare se si tratta di persona che pratichi cose tali da nuocere agli uomini, alle bestie o ai frutti della terra. Se costui non obbedirà ai nostri ordini e non testimonierà entro il termine stabilito sappia che sarà trafitto dalla spada della scomunica..."
Inizia il regime del terrore voluto dalla Chiesa.Inizia sempre così! Probabilmente anche a Baceno questo avviso venne affisso sul portone della chiesa, la bella chiesa di San Gaudenzio. Nelle ore seguenti cosa succede? sempre la stessa cosa. Le persone si guardano, si scrutano, controllano che nessuno possa dubitare. La Santa Inquisizione era capace di creare uno stato di terrore pari a quello delle grandi dittature moderne.
In quelle ore qualcuno decide di parlare, denunciare!
Una ragazza si presenta ai curati di Baceno. Si chiama Elisabetta del fu Antonio de Giuli, soprannominata "la bastarda". Denuncia 4 donne accusandole di averla indotta a partecipare ad un sabba cui diede il nome di "gioco dei monti di Devero". Senza indugio i curati arrestano le donne e le conducono presso le carceri di Crodo.
Non aspettavano altro! Gli avvisi erano chiari. Loro volevano le streghe! 
Che poi non esistessero è un dettaglio marginale....
Le donne vengono tradotto nel carcere vescovile di Novara. Tra le 4 arrestate vi è anche una donna chiamata "la Gianola", scampata ad una denuncia di stregoneria qualche anno prima. La Gianola denuncia altre due donne. In un crescendo di miseria umana e paura ancestrale si giunge all'arresto di 21 donne e 2 uomini. Tutti accusati di stregoneria.  
L'arresto era solo l'anticamera dell'inferno!
Era la fine dell'inizio e per molte donne l'inizio della fine!
Prima di essere interrogate le donne venivano denudate e rasate alla ricerca del marchio del diavolo, che spesso consisteva in un piccolo neo vicino all'iride dell'occhio. Se questo non veniva trovato si risaliva ad altri possibili "marchi del diavolo" come macchie sul corpo, nei posizionati in luoghi diversi dall'occhio e nei casi più cruenti si ricercava qualche zona del corpo insensibile al tatto. Questa era la prima tortura cui vennero sottoposte le nostre donne Ossolane (con molta probabilità). Il loro corpo veniva martoriato da spilloni appuntiti alla ricerca di queste zone considerate insensibili. 
Si procedeva al primo interrogatorio. L'inquisitore domandava alla donna che aveva di fronte se avesse partecipato al sabba, se si fosse accoppiata con il demonio o se avesse fatto del male ad altri uomini o donne. Le donne tendevano a non rispondere. In loro si sommava paura, stordimento ed anche incomprensione rispetto alla lingua utilizzata. I frati domenicani utilizzavano una lingua diversa dal dialetto in uso nelle valli. Per questo motivo spesso il cancelliere della santa inquisizione svolgeva anche le funzioni di interprete.
Gli interrogatori si susseguono in un crescendo di dolore e sadismo da parte dei frati.
Se non veniva ammesso il peccato per il quale la donna era stata arrestata di giungeva alla tortura.
"data est tormentis ad tempus, quartae partis horae circiter". La donna veniva torturata inizialmente per un periodo corrispondente ad un quarto d'ora, circa. Era l'inizio della dolorosa strada verso l'inferno! Ma la strada non è mai retta, non prevede una sola forma di depravazione. Le donne, prima di essere torturate, venivano spogliate e minuziosamente ispezionate: si guardava sotto la lingua e tra le natiche, dopodiché le si aprivano le gambe ed il frate stesso verificava con le dita che non venivano nascosti in quel luogo amuleti o filtri che potessero lenire le sofferenze della tortura.
Il procedimento appena descritto non veniva considerato tortura ma alla stregua di un controllo per verificare che i dolori impartiti dagli inquisitori avessero successo! 
Agli inizi del 1600 a Novara veniva utilizzato il curlo per estorcere le confessioni alle donne. Il curlo consisteva nella sospensione della donna ad una fune per provocare slogature alle braccia. 
La presunta strega a Novara, grazie all'astuzia degli inquisitori che si sono succeduti nella città piemontese, si ritrovava appesa per le braccia ma con le gambe divaricate sul tavolo della tortura! Le corde venivano issate e poi rilasciate per procurare maggior dolore possibile alla persona sotto inchiesta! A questo punto la donna aveva l'unica alternativa della confessione.
Quale poteva essere l'alternativa? continuare a subire torture che distruggevano il corpo e la mente? Nel caso delle streghe di Baceno arrivano le confessioni.
Il martedì o il giovedì le streghe che partecipano al sabba si riuniscono in una casa di Baceno o di Croveo, i loro corpi vengono  cosparsi dalle altre con uno speciale unguento ed attendono. Attendono l'arrivo del proprio demonio, che poteva presentarsi sotto diverse forme, tra cui quella di un cavallo nero. La strega veniva caricata dal proprio diavolo sulle spalle e portata al Sabba, che si svolgeva sulle pendici del Cervandone.....
I frati domenicani hanno fatto il loro dovere, hanno fatto confessare le donne!
Le donne non sono normali, sono streghe!
Devono essere condannate!
Alle donne di Baceno e di Croveo furono sfortunate in quanto non vennero arse vive.
No, nel nostro caso niente rogo purificatore!
Le Streghe di Baceno vennero fatte marcire nelle carceri vescovili novaresi, tra topi, zanzare ed ogni altro essere che poteva annidarsi in quelle luride celle!
Dieci di loro trovarono la morte per mano della Santa Inquisizione in questo orribile modo. 
Quelle che si salvarono non ebbero sconti dalla vita in quanto furono costrette a vivere come mendicanti e chiedere un tozzo di pane di casa in casa.....

Fabio Casalini

Fotografia

Incisione tratta dal Compendium Maleficarum di Guazzo. 1608 Milano.
Bibliografia:
- Sebastiano Vassalli: "La chimera". 1990 Giulio Einaudi editore.
- Natale Benazzi e Matteo D'Amico: "Il libro nero dell'inquisizione". 1998 Piemme editore.
- John Edwards: "Storia dell'inquisizone".2006 Arnoldo Mondadori editore.
- Quaderno dei sentieri del passato di Roberta Cavallino e Daniele Godio. Provincia di Novara, assessorato alla cultura.



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