Magazine Cultura
Heidi Hawthorne fa parte di un gruppo di dj di una radio privata di Salem, Stati Uniti, i "Big H Radio Team". La sua vita quotidiana, tra un mix e l'altro di vari gruppi musicali locali, procede tranquillamente fino al giorno in cui una misteriosa cassa di legno contenente un vinile le viene recapitata presso la radio in cui lavora. Il disco è una produzione dello sconosciuto gruppo dei "Lords", "I Signori". Quando Heidi comincerà ad ascoltare la musica cupa e sinistra che si propaga dal disco, per lei inizierà un vero e proprio "trip" infernale che trasformerà la sua vita in un incubo...
"Le Streghe di Salem", ultima fatica di Rob Zombie, è un film horror-dadaista, più dadaista che horror per la verità, cioè molto più orientato da un intento visionario che perturbante. Siamo lontanissimi dai climi e dalle sequenze de "La casa dei 1000 corpi" (2003), ma anche dai pur diversi e discutibili "Halloween-The Beginning" (2007) e "Halloween II" (2009). La vena dadaista di Zombie è tuttavia molto debole sul piano estetico e ricorda certi scivoloni pseudoartistici della nota corrente culturale dei primi del '900. Si vuole cioè produrre un pensiero avanguardistico (innestato sul genere horror), ma la montagna partorisce solo il famoso topolino. Un topolino per giunta vicino al grottesco se non al ridicolo, anche perché desidera chiaramente ispirarsi a grandi nomi del Cinema, senza tuttavia averne lo spessore stilistico e i numeri. Molti infatti sono i richiami a grandi Maestri quali Kubrick (vedi le sequenze degli interni sostuosi e dorati del prefinale, che tendono a ricordarci "Eyes Wide Shut", senza però mai avvicinarsi alla potenza visiva ed evocativa dell'originale), Polanski, ma anche un certo buon Dario Argento di una volta (si vedano le sequenze del Sabba delle Streghe). Tutti questi rimandi sono tuttavia sostenuti da uno script banalissimo se non scialbo che, come saggiamente mi ha fatto notare un caro amico che era con me al cinema, "non si sprigiona". In accordo completo con il mio amico cinefilo, credo sia questo il problema capitale di questo film, e cioè appunto il suo non "sprigionarsi" mai, ovvero la non volontà di sviluppare delle potenzialità insite nella storia, potenzialità che vengono uccise nel momento del loro nascere. Tutto rimane sospeso, troppo sospeso e inutilmente mostrato: ogni sequenza non si risolve mai in momenti di climax e successiva catarsi. Tutto risulta quindi lento, circolare e monocorde, aspetto ben rappresentato dalle pur ottime inquadrature dal basso del corridoio che dà sul pianerottolo dell'appartamento di Heidi, che potrebbero produrre momenti di pathos perturbante quant'altre mai, ma che Zombi congela supponendo che la sola colonna sonora possa renderle inquietanti. E' molto probabile, credo, che il regista si sia affidato alla moglie Sheri Moon come protagonista che potesse portar via la scena a qualsiasi altro elemento filmicamente significativo, surrogandolo potremmo dire, ma è evidente che Sheri Moon da sola non è certo in grado di sostenere tutto il peso di una storia che in sè non va da nessuna parte, se non nella direzione di raccontarci una scontatissima vicenda di streghe secentesche che trovano il modo di tornare nel 2013 per vendicarsi dei soprusi subiti. Un esprit narrativo di questo genere è troppo poca cosa per consentire ad un film di camminare speditamente con le sue gambe pensando di avere poi un impatto particolare sul pubblico che lo vede e sulle sue aspettative. Ma torniamo al "dadaismo" lisergico di Zombie che costruisce una catena di sequenza nelle quali domina l'elemento visionario, in alcuni punti anche ben congegnato (per esempio le sequenze blasfeme anticlericali sono piuttosto suggestive e fanno pensare ad una declinazione addirittura wharoliana e pop-artistica della texture visivo-filmica); tuttavia anche questo uso potremmo dire "pittorico" dello strumento cinematografico rimane totalmente fine a se stesso e non si integra affatto con gli elementi narrativi messi in gioco. A rendere tale integrazione ancor più ardua viene in aiuto per così dire la gestione dei personaggi, decisamente poco convincenti, a partire dalle tre donne di mezza età che abitano nell'edificio di Heidi, una delle quali è la portinaia dell'abitazione. Perché Zombie abbia optato per un casting di quel tipo solo Dio lo sa, facendolo poi muovere attraverso modalità così insipide e davvero grottesche. Climax finale di tali scelte disastrose di casting e conduzione è ben reso dalla sequenza in cui una delle tre donne uccide a padellate il povero vecchio Francis (un Bruce Davison che più scipito e vuoto non poteva mostrarsi). Ma, forse, il vero problema del film risiede nel fatto che non dà segni di movimento ansiogeno per tutto il corso del minutaggio: è un film che non spaventa affatto, tutto concentrato com'è sull'immagine allucinata, sul visivo-visionario, sulla fotografia dadaista. Uscendo dalla sala viene da pensare che Zombie proprio non volesse fare un film horror, che cioè non gli passasse neanche per l'anticamera del cervello di voler toccare le corde di qualsiasi tipo di inquietudine dello spettatore (e pensare che coi tempi che corrono, molte sono le inquietudini sociali e psicologiche che affliggono gli umani fruitori di cinema). Solo due parole prima di concludere, sul ruolo della protagonista, tanto fisicamente attraente, quanto invadente nella sua inconsistenza interpretativa sulla scena, al punto che il compagno Herman 'Whtey' (Jeff Daniel Phillips), pur comparendo molto meno di lei, certamente la surclassa in tema di spessore attoriale. Salviamo certo il sonoro, e ci mancherebbe, considerato il pedigree musicale del regista. "Le Streghe di Salem": film per nulla "perturbante", molto involuto e inutilmente visionario che si può fare tranquillamente a meno di vedere. Regia: Rob Zombie Soggetto e Sceneggiatura: Rob Zombie Fotografia: Brandon Trost Musiche: John 5, Griffin Boice Montaggio: Glenn Garland Cast: Sheri Moon Zombie, Ken Foree, Jeff Daniel Phillips, Torsten Voges, Bruce Davison, Dee Wallace, Patricia Quinn, Judie Geeson, Meh Foster, Maria Conchita Alonso Nazione: USA, UK, Canada Produzione: Notorius Pictures, Alliance Films, Automatik Entertainment, Blumhouse Productions Durata: 101 min.
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