6 ottobre 2014 Lascia un commento
XIX secolo spaccato, 1801 per l’esattezza ma il racconto non appartiene a quel tempi li’ e forse non appartiene a nessun anno in particolare, piu’ vicino all’atemporalita’ delle favole e delle leggende. Cosi’ pero’ ci viene detto, nella tradizione di una oralita’ che e’ cultura, intrattenimento, spesso unica fonte di notizie per gente seppellita in un piccolo mondo che e’ abitazione da generazioni e che per ancora a lungo sara’ la sola realta’ per loro, i loro figli e i figli che ancora verranno. Ad ogni modo e’ il racconto di un vecchio vedovo e dei suoi quattro figli tagliati completamente fuori da ogni forma di civilta’. Vivono cosi’, un po’ selvaggi e un po’ bambini, sazi delle leggende arcane sospese tra una religione che e’ misticismo e mistero, in una realta’ molto piu’ allargata della nostra dove i santi si confondono coi demoni, le streghe e tutte le creature immaginarie che una fantasia abbandonata a se stessa puo’ inventare.
La loro vita sarebbe perfetta ma manca una donna in ogni accezione possibile, da madre ad amante, da balia ad amica fintanto che i loro sogni come per magia si avverano ed ecco arrivare una graziosa fanciulla diretta al palazzo del signore locale ma perduta dopo essersi avventurata per la strada sbagliata.
In un primo momento nei cinque c’e’ sorpresa, sconcerto, persino paura ma l’istinto e’ forte e il bisogno ancora di piu’. Lei lentamente s’inserira’ nella vita di ognuno, conquistandoli con la dolcezza, con la gioia e la forza della femminilita’, fino alla conclusione, tragica eppure dolcissima.
Per cio’ che mi riguarda, qui si traccia una linea tra l’Avati di prima e l’Avati di poi, una linea non cosi’ marcata certo ma ben riconoscibile. Troviamo gran parte delle tematiche per le quali si e’ distinto sino a quel momento e tutta la poesia con la quale abbiamo iniziato ad ammirarlo. C’e’ la storia antica anche se non antichissima, quella storia ancora viva nei racconti dei padri e dei nonni e c’e’ la terra, quella terra sul quale la stirpe e’ cresciuta e fortificata, quella terra nella forma piu’ pura e sincera che conquista e va conquistata, metro dopo metro, giorno dopo giorno. C’e’ il mistero e persino l’orrore dei primi film ma in costante via di affinamento. Manca la musica ma a quella aveva gia’ provveduto l’anno prima con "Jazz Band", per quanto in televisione e non al cinema e comunque resta la nenia di note e parole antiche che si sposano perfettamente con la fiaba e con l’antico.
Il solito Avati. Percio’ sublime.
La loro vita sarebbe perfetta ma manca una donna in ogni accezione possibile, da madre ad amante, da balia ad amica fintanto che i loro sogni come per magia si avverano ed ecco arrivare una graziosa fanciulla diretta al palazzo del signore locale ma perduta dopo essersi avventurata per la strada sbagliata.
In un primo momento nei cinque c’e’ sorpresa, sconcerto, persino paura ma l’istinto e’ forte e il bisogno ancora di piu’. Lei lentamente s’inserira’ nella vita di ognuno, conquistandoli con la dolcezza, con la gioia e la forza della femminilita’, fino alla conclusione, tragica eppure dolcissima.
Per cio’ che mi riguarda, qui si traccia una linea tra l’Avati di prima e l’Avati di poi, una linea non cosi’ marcata certo ma ben riconoscibile. Troviamo gran parte delle tematiche per le quali si e’ distinto sino a quel momento e tutta la poesia con la quale abbiamo iniziato ad ammirarlo. C’e’ la storia antica anche se non antichissima, quella storia ancora viva nei racconti dei padri e dei nonni e c’e’ la terra, quella terra sul quale la stirpe e’ cresciuta e fortificata, quella terra nella forma piu’ pura e sincera che conquista e va conquistata, metro dopo metro, giorno dopo giorno. C’e’ il mistero e persino l’orrore dei primi film ma in costante via di affinamento. Manca la musica ma a quella aveva gia’ provveduto l’anno prima con "Jazz Band", per quanto in televisione e non al cinema e comunque resta la nenia di note e parole antiche che si sposano perfettamente con la fiaba e con l’antico.
Il solito Avati. Percio’ sublime.